Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 27 Lunedì calendario

“CHIUSA LA PROCEDURA D’INFRAZIONE POTREMO SPENDERE FINO A 12 MILIARDI”

«Dietro questo risultato ci sono un lavoro e una serie di sacrifici che vengono da lontano e l’azione del premier è stata efficace». Graziano Delrio, titolare degli Affari regionali, è soddisfatto della «buona notizia» in arrivo dall’Europa, dovuta anche al fatto che «il governo ha dato dimostrazione che siamo seri e affidabili».

Quale tesoretto si sbloccherà ora?

«Solo la chiusura della procedura ci permette un margine di spesa tra i 7 e i 10 miliardi, 12 nelle previsioni più ottimistiche: significa che nel 2014 avremmo un deficit dello 0,5% in più, rispetto all’1,8% nominale».

E come verrà speso?

«Abbiamo detto che la priorità è il lavoro ai giovani, l’altra è la casa: ad esempio gli oneri per spalmare in 10 anni il bonus energia e il 55% dello sconto per le ristrutturazioni edilizie valgono circa 2 miliardi. Sul tema casa c’è la ridiscussione della fiscalità, cioé la riforma dell’Imu per dare maggiore autonomia agli enti locali. E per il lavoro, ci muoveremo soprattutto sugli investimenti: si possono mobilitare risorse molto superiori ai 7 miliardi di cui si parla, fino a 10-12 miliardi. Quindi è una buona notizia che deve essere accompagnata da un lavoro molto serio di revisione del patto di stabilità, per fare in modo che gli investimenti produttivi non vengano conteggiati. Molti Paesi chiedono che gli investimenti per la crescita siano esclusi dal calcolo del deficit con quella che viene chiamata golden rule».

E sarà possibile ottenere questo, visto che il fiscal compact ci costringe, almeno in teoria, a ridurre di 50 miliardi l’anno il nostro debito?

«E’ la classica domanda da mille punti. Ora dobbiamo ottenere un embrione di golden rule: tantissimi comuni hanno denari in cassa e sono pronti a fare la loro parte. Ma auspicherei che il patto di stabilità per i piccoli comuni si possa annullare del tutto e per gli altri ridiscutere completamente nel 2014. Alla fine di giugno nel consiglio Europeo si farà un punto rilevante su questo. Ci sono 2-3 miliardi di euro nelle casse delle città metropolitane dove gli investimenti producono crescita e che sarebbero facilmente smobilizzabili».

Nelle raccomandazioni che accompagnano la chiusura della procedura di infrazione la Commissione chiede di rendere più efficiente la pubblica amministrazione e insiste sul bisogno di introdurre una maggiore flessibilità del mercato del lavoro. Concorda?

«Sul primo punto, abbiamo già obbligato i piccoli comuni alla gestione associata dei servizi; e le Province, dove siederanno solo i sindaci, assieme alle città metropolitane, sono due esempi di riforme in tal senso. Su questo c’è ancora molto da fare, ma va fatto prima dell’anno prossimo per portare a termine il percorso. Sul mercato del lavoro, a livello personale sono favorevole ad una maggiore contrattazione a livello territoriale che renda più efficace la creazione di lavoro e ricchezza. Ma di questo, nel governo non abbiamo ancora parlato».

E’ d’accordo con Epifani che va evitato l’aumento dell’Iva piuttosto che destinare tutte le risorse al rimborso dell’Imu?

«Il problema è che sarà difficile trovare le risorse per tutto: oltre a quelle di cui si parla è ancora più prioritario trovare le risorse per sbloccare gli investimenti del patto di stabilità. Poi ci sono emergenze importanti sui tagli della spending review che non colpisce davvero gli sprechi e che creano grandi problemi per Comuni e Regioni. Quindi dobbiamo far ripartire una mole di investimenti in periferia, il modo migliore per creare lavoro subito. Ci sono tanti cantieri pronti, come la messa in sicurezza delle scuole. E quindi se ci sono margini di manovra, usiamoli per produrre crescita e lavoro e non per fare sconti ai ricchi sull’Imu».

Forse il Pdl non sarà di questo avviso.

«Alla fine saremmo tutti d’accordo che se ci sarà qualche soldo in più per far ripartire le opere pubbliche, questa è la priorità assoluta per il Paese e le imprese. Si deve partire da lì. E sull’Imu, la prima cosa è trovare il modo per semplificare le tasse a livello locale, garantendo piena autonomia ai comuni, semplificando il quadro istituzionale con la riforma delle province già in cantiere. Ma soprattutto vanno anche corrette le storture dell’Imu: a Roma si paga spesso meno in centro che in periferia e si può correggere utilizzando gli osservatori immobiliari dell’Agenzia del demanio che danno i valori di mercato delle case. La riforma deve partire dal concetto di equità, non ci si può discostare dal principio che chi più ha più deve contribuire».