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 2013  maggio 24 Venerdì calendario

RETATA CALABRO-ROMANA, MA LE COSCHE SI SPARTISCONO ANCORA LA CITTÀ ETERNA

I bar gestiti in zona Prati e Borgo Pio, il Ritrovo la Dolce Vita e lo Sweet and Food. I contatti con la politica e con Giulio Violati, marito di Maria Grazia Cucinotta, imprenditore cinematografico, perquisito ieri dai finanzieri del Gico. Anche la cosca Tripodi di Vibo Valentia – decimata dai 24 arresti e dai sequestri disposti ieri, in totale 42 indagati – aveva messo le mani su Roma. E sulla politica regionale: “Al fine di procurare voti (…) a candidati compiacenti che si sono presentati alle elezioni del 2010, per il rinnovo del Consiglio del Lazio, regione in cui l’associazione intendeva espandere la propria attività imprenditoriale”. Le indagini della Dda di Catanzaro – condotte dal procuratore Giuseppe Borrelli e dai pm Pierpaolo Bruni e Simona Rossi – confermano quanto rivelato da il Fatto Quotidiano nell’ottobre scorso: “Nel corso delle investigazioni –si legge negli atti– è emerso come Vincenzo Maruccio (Idv, ex assessore ai lavori pubblici del Lazio con la giunta Marrazzo e all’opposizione con la Polverini, ndr) abbia ottenuto, grazie all’aiuto di Francesco Comerci, voti per la candidatura alle consultazioni elettorali del Lazio del 2010, in cambio della promessa di “aiuti” in favore delle società vicine o designate dalla cosca Tripodi per ottenere lavori pubblici”. Le indagini precisano, però, che i contatti con l’ex assessore “non sono mai stati diretti” e gli interessati hanno sempre negato d’essersi mai conosciuti. Non risulta che Maruccio, come l’ex consigliere Udc Raffaele d’Ambrosio, sia indagato. Francesco Comerci invece è stato arrestato ieri, insieme con i vertici della cosca Tripodi ed è lui, in un interrogatorio, a raccontare di aver “partecipato a una cena elettorale (…) a favore di D’Ambrosio”.
GLI AMICI influenti del faccendiere Comerci, a Roma, sembrano parecchi. L’uomo legato alla cosca è in ottimi rapporti con Giulio Violati, marito di Maria Grazia Cucinotta, che oltre ad avere grossi interessi nel ramo cinematografico, ha buoni agganci nel mondo della politica e degli affari. Guido Della Giacoma – imprenditore della Medialink, estorto dal clan Tripodi – racconta ai pm come la cosca tenta di afferrare un bando, dell’Associazione Industriali di Roma, che vale 600 milioni di euro per realizzare videocamere e fibre ottiche in tutta la Capitale: attraverso Violati provano a contattare – e secondo le testimonianze ci riescono – il presidente degli industriali di Roma, Aurelio Regina, per favorire l’aggancio dell’appalto. L’incontro con Regina non avverrà mai, ma Della Giacoma racconta una sorta di “sistema Festa”: la Medialink, per accedere al giro degli appalti romani, doveva entrare in un “club”, stipulando un contratto di consulenza da 50mila euro. La cosca guidata da Nicola Tripodi provava a fare il salto di qualità ma, nel frattempo, aveva messo le mani su alcuni bar, come il “Ritrovo la Dolce Vita”, dopo gli investimenti nell’edilizia: nel lungo elenco di sequestri, figura un appartamento in via Trionfale, dove aveva sede una società edile (poi fallita). E ancora: la società con sede a Roma “Sweet and food srl”, terreni e appartamenti in provincia, imprese edili e di demolizione, molte delle quali al nord, tra Milano e il Veneto, dove la cosca aveva investito gran parte delle sue risorse. Ma è Roma il vero obiettivo del clanTripodi. Che non è l’unico a spartirsi gli affari capitolini. Il flusso di droga spacciata al dettaglio, l’investimento in alberghi e ristorazione, il riciclaggio di soldi sporchi: la ’ndrangheta a Roma ha impiantato un sistema criminale in ogni settore. La città è divisa in aree dove la pax mafiosa consente ai clan – circa 20 famiglie criminali – di spartirsi gli affari. I Gallico di Palmi e gli Alvaro di Cosoleto riciclano nella capitale comprando bar e ristoranti. Per ripulire i soldi s’investe nel mattone e in mutui. I sequestri della magistratura vanno dai bar alle catene di discount. Ad un Alvaro, Vincenzo, era riconducibile il Café De Paris in via Veneto, culla della dolce vita, finito sotto controllo giudiziario. L’antico Café Chigi, riconducibile ai Gallico, a due passi dalla Camera dei Deputati, è stato confiscato lo scorso anno. I Bellocco di Rosarno a Roma erano di stanza: due rampolli del clan arrestati nella capitale, lo scorso anno, in zona Casalotti. E ancora: i Pelle di San Luca. All’imprenditore Federico Marcaccini, vicino al clan, è stato sequestrato l’immobile che ospitava il teatro Ghione, appartamenti in via di Ripetta, due ville sul litorale laziale, un albergo, 32 società. A Roma, però, non si lava solo il denaro: s’intrecciano relazioni che contano. Non solo Maruccio o D’Ambrosio. Anche Gianni Alemanno: nel 2008, proprio al Café de Paris, l’allora ministro delle Politiche Agricole – estraneo totalmente all’inchiesta e inconsapevole del profilo degli astanti– partecipò a un incontro organizzato da Giulio Lampada, presunto boss condannato, in primo grado, a 16 anni di carcere. Lampada raccontò la serata al telefono: “Tu immagina il ministro con il microfono in mano, seguimi: ringrazio il gruppo Lampada, noto industriale calabrese a Milano”. Poi chiosò: “Eravamo i vip diciamo, la Reggio bene, Bellezza!”. La Reggio bene, a cui era contiguo Francesco Morelli, poi condannato a 8 anni e 4 mesi di carcere. Morelli – appoggiato alle regionali da Alemanno, che andò in Calabria per sostenerne la candidatura – ottenne un ruolo nella partecipata comunale Tecnopolo Spa. Sul narcotraffico c’è l’egemonia delle cosche calabresi: le ’ndrine intrecciano gli interessi dei gruppi locali, come i Casamonica, i De Rosa e i Di Silvio, attivi anche nel settore dell’usura. Alleanze e convivenza anche con la camorra, presente, con i Mallardo e i Casalesi, anche nel settore ristorazione e immobiliare. Origini partenopee anche per Michele Senese, detto ’o pazzo, il suo clan spadroneggia a Roma.

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FILOSOFIA BETTINI: SENZA I COSTRUTTORI DOVE VAI? -
La pancia di Goffredo Bettini contiene tutta la sinistra romana. È il depositario di ogni accordo che su Roma, ai suoi lati (potremmo dire ai suoi fianchi) negli ultimi vent’anni si sono conclusi. È un uomo di potere intelligente, ama i libri, ha amato il Pci fino a patirne fisicamente la scomparsa (“mi venne la depressione e durò tre anni”). Ama la classe operaia ma gli ispira tanto stare al fianco dei costruttori. Discepolo di Berlinguer, amico di tutti i Caltagirone della capitale, ha fatto e disfatto sindaci e giunte e ha dato la spinta necessaria a Ignazio Marino, l’ultimo prescelto. Ritrovarlo con la maglietta della salute e la barba di qualche giorno nel salottino della casa “che divido con una famiglia marocchina in difficoltà”, e l’aria dell’osservatore partecipe ma sfaccendato è insieme utile e singolare. “Ignazio sarà un ottimo sindaco. Ha dato prova di grande spessore etico, è un Argan della scienza, un bel tipo”.
GALOPPA in solitaria, corre da un giardinetto all’altro, un po’ alla rinfusa. “Sta facendo una campagna elettorale guascona” (ride). Non è romano e si vede, e sembra che patisca l’assenza di una qualche connessione sentimentale con la città: “È un irregolare, vero”. Lui irregolare, il partito defunto. Non è che l’ha invece mandato contro un muro? “Andiamo per ordine: Nicola Zingaretti, il più bravo di tutti, ha scelto la Regione Lazio. Paolo Gentiloni ha la competenza e la conoscenza, ma gli faceva difetto una capacità di coinvolgere tutta Roma nel suo progetto. David Sassoli, idem. Ignazio Marino è il meglio. Gli manca quel po’ di ansia che fece dire a Francesco Rutelli, quando gli comunicai che sarebbe stato lui il nostro candidato: se faccio il sindaco di Roma andrò a piedi fino a Milano. Non ci è andato, ma ha scarpinato in città per l’equivalente dei chilometri promessi come atto di gratitudine”. Con i costruttori ha costruito le vittorie di Rutelli, ha gestito il potere con Veltroni, con Gianni Letta ha pianificato le opere-simbolo della capitale, una su tutte: l’Auditorium della Musica. Un concentrato di amicizie affluenti che adesso sembra svanito nel nulla. “Roma è una città di destra. E se la sinistra voleva governarla doveva allargare il proprio campo. Era e resta il mio pensiero. Posso convenire con lei su un punto: ho esercitato un’influenza morale su questa città, mi hanno riconosciuto come rappresentante di un potere politico forte, limpido, identificabile. Ho sempre parlato con loro sentendomi alla pari. La nostra visione, le nostre suggestioni e anche la qualità del ceto politico che con me è cresciuto e si è affermato ha prodotto rispetto nei nostri interlocutori”. Ora zero. “Mi pare che si sian messi di traverso”. Il Pd non esiste. “Un partito personale che genera tanti partitini personali. Una matrioska che contiene micro potentati, con uno sviluppo autarchico, disordinato. Non c’è nessuno che domanda, nessuno che risponda, nessuno che renda conto. Per questo ho deciso di promuovere una mozione congressuale”.
E UN GOVERNO da tenere in vita: “Mi sembra che Letta nella sua pancia abbia un ordigno di autodistruzione. Le caratteristiche dell’esecutivo sono note e la sua eccezionalità conosciuta a tutti”. Bettini è fuori la politica ma è dentro. “Ancora sono nel coordinamento nazionale del partito, ammesso che valga”. Non più parlamentare. “Dimessomi con onore”. Con la testa un po’ in Thailandia: “Vivo lì almeno sei mesi all’anno. Organizzo il festival Movie Mov, una grande rassegna cinematografica sui talenti italiani tra Manila, Bangkok e la Birmania. Sa, devo pur vivere”. Tre legislature se le è fatte: “La pensione è di sei mila euro al mese. Che divido con la mia mamma novantaduenne”. Ma Roma resiste nel cuor: “Al mio sessantesimo compleanno ho voluto invitare anche personalità distanti dal nostro mondo, ma che a mio avviso hanno segnato la crescita di Roma”. Puntuale si è presentato Caltagirone. “E con lui Toti e Parnasi. E basta”. Basta? “Le ripeto: legami instaurati alla luce del sole, rapporti alla pari, potenze che si riconoscono”. Riporto la denuncia di un architetto: Bettini è stato il regista delle nefandezze urbanistiche di Roma. “Quel tizio è stato querelato”. Marino ce la fa? “Alemanno è partito male, al secondo turno non vedo gara”.

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VOGLIA DI CAMPIDOGLIO DA SANDRO ER PIRATA A CICCIOLINA E MARRA -
Messi in fila su carta assieme ai quattro big, valgono una scheda elettorale lunga un metro e venti. Grosso modo, l’altezza di un bimbo di sette anni. Dai centimetri si passa a nomi e cognomi, e il conto fa 19 candidati sindaco al Comune di Roma. Perché la corsa al Campidoglio non è affare solo di Alemanno, Marino, Marchini e De Vito, quelli che finiscono sempre sui giornali e se la giocano per arrivare al ballottaggio. Ci sono altri 15 concorrenti: tutti uomini, spesso di destra, talvolta curiosi. Di certo, speranzosi di rimediare uno spicchio di strapuntino, nel Palazzo senatorio e dintorni. O almeno qualche foto e citazione. Certo, non sono tutti uguali. Ad occhio, Sandro Medici pesa più degli altri. Ex consigliere comunale per Rifondazione Comunista, dal 2001 presidente del X Municipio (periferia sud, comprende Cinecittà), Medici conta su sostenitori di peso (gli attori Elio Germano e Valerio Mastrandrea) e sigle varie in appoggio: dalla sua lista, Repubblica romana, a Rifondazione, sino al Partitodei pirati. L’appoggio “corsaro” gli è valso un soprannome, “Sandro er pirata”. La sua campagna ha come parole d’ordine il lavoro, “la lotta ai palazzinari che hanno reso schiava Roma” (da minisindaco ha dato case sfitte ai senzatetto), l’ambiente. Potrebbe togliere voti ai 5Stelle e soprattutto a Marino, che ha attaccato per il suo elogio della marcia per la vita antiabortista (“il candidato del Pd è stato culturalmente devastante”). Rimanendo a sinistra, spunta Alessandro Bianchi, ministro ai Trasporti del secondo governo Prodi, transitato poi dai Comunisti italiani al Pd.
DOVEVA CORRERE alle primarie del centrosinistra. Ma alla vigilia si è tirato fuori, “perché il Pd ha sbarrato la strada della partecipazione, resa possibile solo a chi aveva rendite interne”. Bianchi è sostenuto dalla sua associazione Progetto Roma. Il suo programma punta a “una città sostenibile”, dal traffico al risparmio energetico. L’elenco di candidati prosegue, e si arriva ai primi effetti speciali. Edoardo de Blasio corre per Pli LiberiAmo Roma. Ha 37 anni e sul profilo Facebook si dice fidanzato ufficialmente con LiberaLitalia, associazione di riferimento. Soprattutto, nella sua lista spicca Cicciolina, al secolo Ilona Staller: l’ex pornostar che nel 1987 venne eletta deputata per i Radicali con venti mila preferenze. De Blasio, da buon liberale, non ha guardato alle trasparenze. Tra le sue proposte, un ufficio dedicato “all’economia degli sprechi”. Della partita è anche l’avvocato Alfonso Luigi Marra, celeberrimo per i suoi libri sostenuti da costosi spot autofinanziati (memorabile quello con volto e favella di Manuela Arcuri). Marra, già parlamentare europeo per Forza Italia, invita i cittadini a organizzarsi “per rompere la cosca mediatica che fa di tutto per oscurarci”. La sua eterna battaglia è contro le banche e il signoraggio. Può contare su un bel po’ di liste, con nomi d’impatto: “Dimezziamo lo stipendio ai politici”, “No alla chiusura degli ospedali”, sino alla sempreverde Forza Roma. Più minimalista Giovanni Palladino, l’uomo dei Popolari liberi e forti. Il nume tutelare è Luigi Sturzo, una delle idee è “far tornare agli imprenditori la voglia di fare gli imprenditori”.
Ci si sposta verso destra, e il panorama si fa affollato. CasaPound, l’associazione dei “fascisti del terzo millennio”, è nata proprio a Roma, dove si è conquistata fama con le occupazioni. Il suo candidato è Simone Di Stefano, già in gara per la Regione Lazio. Giorni fa è stato aggredito mentre era in auto, nel quartiere Statuario, da un gruppo armato di caschi e manici di piccone. “Gli hanno distrutto l’auto e lo hanno colpito al volto”, ha denunciato CasaPound. Poche ore dopo, una trentina di persone ha fatto irruzione in un centro sociale e ha colpito con delle catene due ragazzi. “Erano di CasaPound” accusa Gianluca Peciola (Sel). L’associazione smentisce, annunciando querela. I camerati del nuovo millennio potrebbero togliere consensi ad Alemanno, in particolare tra i giovani. Per inciso: il figlio del sindaco è attivista di Blocco Studentesco, la giovanile di CasaPound. In ambito “nero” è derby con Forza Nuova, che presenta Gianguido Saletnich.
NEL CONFRONTO sul Tgr Rai ha attaccato Alemanno “per non aver mantenuto gli impegni nella lotta ai campi nomadi”. Saletnich ha chiesto le dimissioni del ministro Kyenge, per la sua posizione sullo ius soli, ma anche “per le sue aperture velate alla poligamia”. Tanti i candidati di ispirazione cristiana. La lista civica di Militia Christi punta su Armando Mantuano. Sul proprio sito ammonisce: “Cattolici aprite gli occhi, Alemanno sostiene il Gay pride”. Fabrizio Verduchi (Italia cristiana) ha un profilo Facebook disseminato di messaggi contro l’aborto. Sullo sfondo, con la sua nostalgia, Angelo Novellino di Italia Reale: dottore commercialista e monarchico. “Né a destra, né al centro, né a sinistra” informa. I monarchici vorrebbero stare altrove: vicino al trono.