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 2013  maggio 24 Venerdì calendario

LA PREMIER LESBICA CHE HA MESSO IN CRISI IL PROTOCOLLO CINESE


L’establishment cinese sta cercando in tutti i modi di rinnovarsi, contrastando visioni obsolete e cattive abitudini, ma negli ultimi tempi è stato messo duramente alla prova rispetto a una serie di pregiudizi: quelli nei confronti degli omosessuali e delle coppie di fatto.
Una grande «sfida» alla tradizione è stata senza dubbio la visita della premier islandese a Pechino, Johanna Sigurdardottir, la prima leader di governo apertamente gay che nel giugno 2010 ha sposato un’altra donna, la scrittrice Jónína Leósdóttir. Nell’organizzazione della sua visita di Stato nel Paese del dragone, si sono così posti non pochi problemi per il cerimoniale di Pechino e soprattutto per i media ufficiali. La «first lady» Leósdóttir alla fine è stata quasi sempre oscurata nelle immagini diffuse dalla televisione di Stato e finite sui giornali. Non solo, i telegiornali hanno cercato di non menzionarla mai e si sono concentrati a descrivere gli importanti accordi commerciali firmati fra la grande potenza economica cinese e la piccola isola del Nord che conta circa 320 mila abitanti.
Nel Paese asiatico, infatti, è ancora molto presente nella società e nella politica una forte chiusura nei confronti dell’omosessualità, che è stata depenalizzata solo nel 1997 e veniva comunemente considerata una forma di infermità mentale fino al 2001. La vita per le coppie gay in Cina è molto difficile, soprattutto nelle zone rurali, dove le persone dello stesso sesso sono costrette a matrimoni di copertura per non dare nell’occhio. Negli ultimi anni però qualcosa sta cambiando e perfino di fronte a questo pregiudizio radicato la Cina ha abbracciato, sebbene con una velocità non certo travolgente, il cambiamento. Secondo El País, infatti, la presenza della moglie della premier non è stata del tutto censurata, come sarebbe accaduto soltanto due o tre anni fa. Per esempio alcune immagini mandate in onda dalla tv pubblica mostrano il primo ministro islandese mentre ringrazia il suo omologo cinese, Li Keqiang, della «amabile accoglienza» riservata a lei e a sua moglie nel corso della visita. Ci sono anche diverse fotografie – molte delle quali pubblicate dai media occidentali – che ritraggono la «prima coppia» di Reykjavík e che hanno fatto esultare la comunità gay cinese. Questa, poi, non è stata l’unica sfida che il cerimoniale di Pechino ha dovuto affrontare. Anche la visita del presidente francese François Hollande, con la compagna Valérie Trierweiler, ha suscitato qualche imbarazzo. Imbarazzo risolto alla fine col pragmatismo cinese, che è riuscito a risolvere decorosamente anche il «problema» della convivenza al di fuori del matrimonio, altro tabù nazionale.