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 2013  maggio 24 Venerdì calendario

IL GOVERNO «FA SPOGLIATOIO» ANCHE SE IN CAMPO LA PASSIONE NON C’È PIÙ


«Con me lo spogliatoio deve essere come una chiesa», ci disse al suo arrivo l’allenatore col quale vinsi giovanissimo il mio primo campionato di calcio da dilettante. Quella frase, lontanissima per spirito da ogni suggestione jovanottiana futura, rimase scolpita nel nostro immaginario di creature come citazione utile da usare in ogni contesto nel quale ci sarebbe stato bisogno di silenzio, unità, omertà, inaccessibilità e mistero (tutte doti che, benché avulso dal contesto di riferimento, attribuivo alla vita di Chiesa).
Eravamo plasmabili e pieni di entusiasmo, il monito funzionò; forti, allineati e compatti verso l’obiettivo comune, vincemmo il campionato divertendoci al punto che ancora oggi alcuni dei miei migliori amici sono i miei compagni di allora.
Ripenso alla sacralità dello spogliatoio nel momento in cui Enrico Letta, per giustificare la prima uscita ufficiale e di gruppo del suo giovane governo Frankenstein, evoca per i neoministri l’esigenza di «fare spogliatoio», conoscersi meglio, compattarsi e serrare le fila per meglio individuare l’obiettivo comune e poi magari essere un domani migliori amici, in ricordo dei bei tempi. Che accidentalmente, però, sarebbero questi. Tempi in cui comunque, al netto di ogni retorica anticasta, presentarsi al pulmino che ti sta per portare in ritiro monastico a bordo di un’auto blu non aiuta ad avere i tifosi dalla propria parte. Tempi in cui, benché ministro, il trolley a bordo potresti pure portartelo da solo invece di regalare al circo mediatico in agguato la foto del commesso di Palazzo Chigi che ti fa da facchino. Tempi in cui, per qualche strana ragione, financo gli eredi dell’autorevolezza democristiana finiscono per emulare le discutibili iniziative di situazionismo a cinque stelle (la gita di gruppo, il silenzio stampa), salvo partire separati verso la destinazione, generare figli e figliastri, seminare zizzanie e isolare allenatori e prime donne che inevitabilmente finiscono per litigare su questioni di merito, tattica, strategia, visione del mondo e della vita. Lo spogliatoio rischia così di spaccarsi alla prima amichevole, la panchina del giovane allenatore balla, l’esonero è lì, nelle condizioni dell’ingaggio.
Che poi, a ben pensarci, «fare spogliatoio» era proprio l’ultima delle cose che i tifosi, ormai stremati dalle troppe delusioni, avevano chiesto ai giocatori rimasti in campo. Non vi mischiate, non fate comunella, restate diversi, o almeno date la sensazione di esserlo. E invece niente. Avanti così, verso la prossima partita, senza fede né passione, senza neanche più la forza di provare a contestare.