Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 24/05/2013, 24 maggio 2013
CERIMONIE E COMMEMORAZIONI DUE PESI E DUE MISURE
Non capisco per quale motivo in casi come quello del porto di Genova vengano allestite camere ardenti. Si tratta di persone morte purtroppo sul posto di lavoro così come ne muoiono a centinaia durante l’anno, circondate poi solo dal cordoglio dei propri cari. Un cerimoniale come quello allestito a Genova dovrebbe essere riservato solo a chi muore sacrificando generosamente la propria vita per salvare altre persone. Qual è il suo pensiero?
Ermanno Padovan
erpader@gmail.com
Caro Padovan, quando il problema da risolvere era quello di una fusione o acquisizione, Enrico Cuccia, presidente di Mediobanca, ricordava che «le azioni non si contano, ma si pesano». Intendeva dire che un piccolo pacchetto azionario nelle mani di una persona influente o di un gruppo importante può essere, in alcune situazioni, molto più decisivo di un pacchetto consistente. Temo che le stesse considerazioni valgano per le vittime di un incidente o di un reato. Anche il loro peso può contare più del loro numero. Esistono circostanze in cui le statistiche perdono qualsiasi rilevanza e tutto dipende dai sentimenti che certi eventi funesti suscitano nelle pubblica opinione. Un fatto è tanto più grave quanto più ciascuno di noi può immaginare se stesso minacciato e coinvolto. Il caso di Genova avrebbe potuto provocare un numero molto più elevato di vittime, ma l’aspetto drammaticamente spettacolare della vicenda ha fortemente colpito le immaginazioni.
Esistono altri esempi. Vi fu un momento, qualche anno fa, in cui ogni morte sul lavoro provocava reazioni molto forti. Sembrava che i casi fossero sempre più frequenti e che il fenomeno fosse indice della colpevole negligenza degli imprenditori e delle insufficienti misure di sicurezza. In molti casi la negligenza era evidente e le misure di sicurezza effettivamente insufficienti. Ma Luca Ricolfi, sociologo dell’Università di Torino e autore di libri particolarmente acuti, dimostrò che il numero degli incidenti sul lavoro stava gradualmente calando.
Potrei citare parecchi casi in cui il contesto influisce sulle dimostrazioni di cordoglio. Lo stupro è sempre un grave reato, ma diventa particolarmente tale se cade in un momento in cui le donne si battono per affermare i loro diritti. La furia omicida di un immigrato, come a Milano negli scorsi giorni, suscita rabbia e orrore. Ma diventa ancora più drammatica se coincide con la nomina di una donna africana alla guida del ministero dell’Integrazione. La morte di un soldato in Afghanistan è sempre un lutto, ma assume proporzioni maggiori se coincide con una fase in cui una parte della società è contraria alla presenza militare italiana nella regione. I governi misurano l’intensità delle emozioni e si adeguano ai sentimenti della pubblica opinione. Sanno che il morto da onorare non è meno vittima di altri scomparsi in circostanze analoghe. Ma preferiscono stare al passo con i sentimenti della gente, anche quando contribuiscono, in questo modo, a distorcere il reale significato dell’evento. In altre parole, caro Padovan, nessuna celebrazione o commemorazione è interamente neutra e disinteressata. Gli onori resi ai morti contengono sempre un messaggio per i vivi.
Sergio Romano