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 2013  maggio 24 Venerdì calendario

LE PAROLE PESANTI DELLA SUPREMA CORTE —

Una tesi «destituita di qualsiasi fondamento», del tutto «priva di una pur parcellare e seria dimostrazione», talmente «di modesto spessore persuasivo e fragilità argomentativa» da tracimare in «accusa infamante» condita da «superficiale dileggio»: sembrano le parole con le quali Silvio Berlusconi commenta le sentenze a lui sgradite, e invece sono la risposta della Cassazione proprio alle «convinzioni vittimistiche dell’imputato» sull’esistenza a Milano di un «clima persecutorio e ostile», di cui al contrario è «lampante l’infondatezza».
Ma il peggio, per Berlusconi, si annida tra le pieghe della motivazione della bocciatura della richiesta di trasferire da Milano a Brescia i processi, laddove la Cassazione raggela la speranza dell’ex premier di vedere automaticamente azzerata la sua condanna d’appello nel processo Mediaset nel caso in cui in giugno la Corte Costituzionale gli dovesse dare ragione nel conflitto di attribuzione, sollevato 18 mesi fa dal suo governo contro il Tribunale del processo Mediaset, su un legittimo impedimento negatogli dai giudici l’1 marzo 2010. Ieri, infatti, la Cassazione gli spiega non soltanto che, in attesa della Consulta, «il Tribunale e la Corte d’Appello non avevano alcun obbligo normativo di sospendere sine die il processo in corso»; ma soprattutto che, anche in caso di annullamento di quell’udienza del 2010 da parte della Consulta, l’idea che l’intero processo possa essere travolto «appare più una recondita aspettativa del sen. Berlusconi che un effettivo rischio di un simile esito», giacché comunque resterebbe al giudice di merito valutare le singole prove eventualmente inutilizzabili. E «l’impegno» messo dai giudici di primo grado D’Avossa-Lupo-Guadagnino, nel depositare la motivazione contestualmente al verdetto per evitare la prescrizione, «dovrebbe apprezzarsi come nota di merito per ogni giudice», anziché «sorprendentemente divenire fonte di sospetto di ostilità».
Drastica è poi la Cassazione quando liquida come «meramente labiale» la censura mossa da Berlusconi ai pm Ilda Boccassini e Fabio De Pasquale, che «in nessun modo esorbitano dal rispetto delle regole» e invece «fanno il loro "mestiere"»: l’una nel «contrastare richieste e contegni processuali degli interlocutori della difesa che ritiene o interpreta come dilatori», e l’altro «nel porre domande» su chi, come Berlusconi pur assolto in un altro procedimento, «non diviene per ciò solo innominabile». La Suprema Corte si duole poi che Berlusconi abbia «superficialmente dileggiato», nella sua causa di divorzio, quelle che ha definito «giudicesse femministe e comuniste». E rimarca «una palese caduta di stile dialogico» (di cui «va dato atto ai difensori del sen. Berlusconi di aver fatto ammenda in discussione») allorché sospetti di pregiudizio furono formulati sulla giudice Alessandra Galli per dichiarazioni di tre anni fa a una commemorazione del padre Guido, ucciso da Prima Linea nel 1980. Nessuna «vessazione» poi nei calendari, anzi le udienze al sabato sono fatte «proprio per venire incontro alle esigenze» dei parlamentari Berlusconi, Ghedini e Longo. E «non è dato comprendere quale vistosa anomalia o pervicace lesione dei diritti di difesa possano ravvisarsi nelle visite fiscali legittimamente ordinate dai giudici» sulla malattia agli occhi di Berlusconi, «nel corretto espletamento delle funzioni e al di fuori di qualsiasi preconcetta animosità».
Luigi Ferrarella