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 2013  maggio 23 Giovedì calendario

BERNANKE STAMPERA’ ALTRI DOLLARI

Il «tipografo» Ben Bernanke non ha intenzione di fermare la macchina stampa-dollari. Non per il momento, almeno. L’America ha ancora bisogno di aiuti,e un’affrettata rimozione degli stimoli «porterebbe il rischio di un rallentamento o una fine della ripresa economi­ca e farebbe scendere ulterior­mente l’inflazione». Dopo le in­discrezioni circolate nei giorni scorsi sul piano di exit strategy ormai pronto, il presidente della Federal Reserve ha chiarito ieri, davanti alla commissione economica congiunta del Congresso, che nei prossi­mi mesi il pilastro del quan­titative easing non sarà ab­battuto. Paro­le sufficienti a rassicurare le Borse (+0,68% Milano), anche se Wall Street ha ridotto i guada­gni nelle ultime battute della se­duta (+0,16% a un’ora dalla chiusura).
Da parte della Fed, non ci sa­rà insomma nessun brusco stop al programma con cui l’isti­tuto di Washington sta da tem­po iniettando nelle vene del­l’America 85 miliardi di dollari, ogni mese, attraverso l’acqui­sto di titoli del Tesoro e bond ipotecari. Il rubinetto da cui sgorga liquidità in abbondanza resterà aperto fino a quando non si sarà ridotto il numero dei troppi americani a spasso. Il mercato del lavoro, seppur in miglioramento, rimane debole e gravato da un tasso di disoccu­pazione al 7,5%, «straordinaria­mente costoso» non solo per le famiglie e i singoli individui, ma anche per il potenziale pro­duttivo dell’economia nel suo complesso, ha ricordato Ber­nanke.
La Fed intende riportare al 6,5% la percentuale di senza-lavoro prima di dare una stretta ai tassi, schiacciati tra 0 e 0,25%. E il miglioramento dalla scorsa estate delle condizioni finanziarie nell’eurozona «potrebbe aiutare a mitigare il rallenta­mento della nostra economia». Bernanke ha fatto capire come, non appena l’occupazione mo­strerà segni di ripresa tangibili, il primo giro di vite riguarderà proprio la riduzione graduale degli acquisti di bond. Con un’importante linea-guida: «Credo che una exit strategy sia possibile senza la vendita dei mortgage backed securities (i bond ipotecari, ndr)» che po­trebbero essere lasciati giunge­re a maturazione, dal momen­to c­he non c’è pericolo per la sta­bilità dei prezzi. Il successore di Greenspan mantiene comun­que coperte le carte sui tempi di attuazione dell’exit strategy. A chi gli chiedeva se le misure di politica quantitativa potrebbe­ro subire un rallentamento en­tro il Labor day, la festa dei lavo­ratori in calendario il prossimo 2 settembre, Bernanke ha rispo­sto in modo vago che «la ridu­zione del piano di acquisto di bond non sarà un processo meccanico, ma legato alla valutazione economica».
Il pericolo, tuttavia, è che un’eccessiva estensione temporale del programma di QE si riveli un boomerang. Il capo della Fed ne è, ovviamente, con­sapevole: «Un lungo periodo di bassi tassi di interesse ha costi e rischi». Fra questi - secondo gli osservatori - ci sono ritorni più bassi per gli investitori, ma an­che rischi per il sistema finan­ziario che, a caccia del rendimento, potrebbe essere spinto ad assumere rischi maggiori. Proprio nei giorni scorsi, Ber­nanke aveva non a caso stigma­tizzato l’euforia di Wall Street. Ma l’invito alla prudenza, fino­ra, è caduto nel vuoto.