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 2013  maggio 24 Venerdì calendario

CARO MONTANELLI ECCO DOVE HAI SBAGLIATO

Il titolo Il testimone, scelto per la raccolta di articoli di Indro Montanelli del periodo 19741992, è indovinato. Il decano del giornalismo nazionale ha infatti osservato le vicende italiane descrivendole con autonomia di giudizio, gusto toscanissimo di essere sempre (o almeno di apparire) controcorrente. Naturalmente sono andato subito a leggere i passi che mi riguardano, trovando 33 citazioni del mio nome.
E ho trovato giudizi positivi accanto a critiche durissime. A suo modo mi sostenne nel 1977 scrivendo che: «Tanto più la situazione è ambigua, tanto più l’uomo della situazione è Andreotti, maestro di navigazione in acque ingarbugliate». In un altro momento prese, non sollecitato, le mie difese. Fu per il caso P2 e Indro precorse ironicamente i tempi: «Va da sé che fra i tanti di cui si mormora, quello che fa premio è il nome di Andreotti. Andreotti ormai, nelle cronache di questi travagliatissimi tempi, occupa il posto che gli storici fideisti assegnano alla Provvidenza, e gli scettici al Caso. Oggi in Italia non c’è rubinetto che s’intasi o lampadina che si fulmini senza che venga evocata l’ombra di Andreotti. Curiosa sorte di un uomo che, avendo camminato tutta la vita in punta di piedi per non farsi sentire, ha lasciato il rimbombo dei suoi passi anche là dove probabilmente non è mai passato».
Fortemente polemico Montanelli fu invece agli inizi del mio lavoro agli Esteri credendo di individuare nella mia azione una tiepidezza per l’alleato americano e un’attenzione positiva verso il mondo arabo.
L’occasione iniziale fa il voto italiano all’Onu nella vicenda dello sbarco degli americani a Grenada, dopo l’assassinio del presidente Maurice Bishop. Ero in visita a Washington con Bettino Craxi: ci dissero che il successore era comunista come Bishop e quindi nulla mutava. Lo sbarco di pochi giorni dopo voleva dire che la valutazione politica dell’isoletta era mutata, e come; di qui un segnale che inducesse da allora innanzi gli alleati di Washington a trattarci con maggior riguardo.
Segnale che non fu inutile. Subito dopo fai tra i pochi europei invitati a una riunione di analisi prima di un vertice Usa-Urss. Lì ho avuto attestati di considerazione, culminati con una prefazione di Henry Kissinger eccessivamente lusinghiera all’edizione americana del mio libro, Gli Usa visti da vicino, e con l’invito da parte di George Shuitz a entrare nel board della Stanford University.
Nei rapporti con l’Oltreoceano non valgono solo quelli con il governo e con i parlamentari, ma contano anche le relazioni con ambienti extrapolitici.
A rimuovere le preoccupazioni montanelliane sono intervenute negli anni, mi si scusi l’apparente civetteria, alcune lauree ad honorem; tra le quali, quella della facoltà teologica ebraica di New York fa giustizia del sospetto che, per essere leale amico degli arabi, ci si debba porre in linea di collisione con Israele.
Anche nella vicenda del Golfo, Indro Montanelli non è benevolo verso le nostre decisioni, approvate dal Parlamento.
L’Italia mammona inviò infatti 38 aerei e le navi, ma non truppe di terra che nessuno aveva richiesto. Che potevamo fare di più? La gratitudine per l’Italia espressa più volte dal Kuwait e dalla coalizione creatasi in seno alle Nazioni Unite resta come l’unica interpretazione storicamente valida di una pagina di seria e responsabile politica estera italiana.
Ho indugiato su quello che si riferisce a me e non vorrei dare la falsa impressione che il libro non sia tutto interessante e che Montanelli non abbia correttamente interpretato ed esposto molti dei fatti intercorsi negli ultimi 18 anni.