L’Europeo 5/2013, 24 maggio 2013
SALVO LIMA? PER ME ERA DEL TUTTO INNOCENTE
Fino al 1968 conoscevo Salvo lima. solo di vista. Alla vigilia della quinta legislatura repubblicana, la direzione del nostro partito mi inviò a Palermo a presiedere la commissione per le candidature e rimasi impressionato dal modo sereno, diverso da molti altri partecipanti alla riunione, con cui esprimeva i suoi punti di vista il dottor Lima, che per la prima volta concorreva per il Parlamento nazionale. Non pensa vo a far proseliti per la mia piccola corrente interna che, come nelle ricette mediche, ho sempre desiderato si limitasse al “quanto basta”. Ma, forse anche per l’emulazione preferenziale con il suo amico Giovanni Gioia (che negli anni Cinquanta e Sessanta, fece parte dei cosiddetti “giovani turchi”, fedeli ad Amintore Fanfani a Palermo, ndr), poco dopo le elezioni, Lima si avvicinò al mio gruppo dando un forte contributo programmatico e organizzativo. Non è stato mai un democristiano di parte e ha in tante circostanze dimostrato di lavorare per la Dc intera, che nell’isola ha una sua forza, che deriva dal fatto che ha saputo far vivere qui il messaggio di don Luigi Sturzo. Questa preminenza ha urtato gli altri partiti, che hanno messo via via in campo le più varie strategie per minarla: dalla ibrida alleanza destra-sinistra nell’avventura milazziana alla cattura di altri esponenti democristiani che oggi militano sotto insegne diverse. Finora, però, la risposta dell’elettorato è stata compatta; e si accentuano, pertanto, le insinuazioni su propensioni verso di noi di famiglie mafiose. Sta di fatto che i democristiani, a differenza di altri, non si lasciarono suggestionare dalla propaganda indipendentista del Dopoguerra, all’ombra della quale si articolavano anche le spire del brigantaggio. E, successivamente, tra le vittime della malavita mafiosa, tanti furono i nostri amici di partito, anche se nei necrologi di comodo se ne dimenticano molti nomi. Vi è un’arma non meno ignobile della lupara: la calunnia, fatta di ripetute insinuazioni, di insulti, di ricorso alle lettere anonime. Quando Salvo scelse il Parlamento europeo, forse per sottrarsi parzialmente alla pesantezza della polemica interna, i nemici della De presentarono un libello accusatorio alla magistratura, diffondendolo con irresponsabilità a Strasburgo. La magistratura archiviò, nulla riscontrando di men che corretto. Ma la guerra continuava, anche su altri fronti, con confusione tra rinnovamento e lotta alla Dc.
Qualche assistente ecclesiastico lo si trovò anche in un cenacolo di gesuiti, ma sono posizioni individuali perché un centro culturale valido come quello di un altro gesuita (padre Giuseppe Noto) è su posizioni opposte e nutre per Lima stima e amicizia (ribadite nell’omelia per la cerimonia del 12 giugno 1992, ndr). Vi sono momenti nei quali si addicono meditazione e preghiera. L’angoscia e il dolore sono immensi, ma intatta è la volontà di lotta alla mafia, al circuito del narcotraffico, a una degenerazione politica che, sotto le spoglie del nuovo, veste i panni di un gattopardismo deteriore. Diranno i giudici se e in quanto l’assassinio di Lima (Palermo, 12 marzo 1992, ndr) sia stato consumato per ottenere da Roma una attenuazione nella lotta ovvero se rientri nei ciclici assalti alla presenza maggioritaria della De: due perfidi obiettivi, che potrebbero anche coesistere.