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 2013  maggio 23 Giovedì calendario

RAGAZZA AUTISTICA NELLA LISTA DEL PD: MA È GIUSTO?

È giusto candidare una disabile grave al Consiglio comunale? Chiara Ferraro ha 22 anni ed è affetta da autismo, oltre che da una grave forma di epilessia. Vive chiusa in un suo mondo, magari canticchia Domenico Modugno ma praticamente non parla, non saprà mai cos’è un emendamento o un regolamento, non potrà schierarsi a favore di una mozione o contro, non riuscirà a decidere da sola se il sindaco sta lavorando bene o no, non potrà mai rappresentare nel dibattito gli interessi dei cittadini. Non potrà mai fare il consigliere comunale, insomma. E dunque ripetiamo la domanda: è giusto candidarla a fare ciò che non potrà mai fare?
La domanda, per quanto dura, va posta seriamente: Chiara, infatti, è la prima malata psichica grave a scendere in politica in prima persona. Ma «in prima persona», nel suo caso, è solo un modo di dire: per ogni atto, infatti, dovrà essere accompagnata dal padre, che è il suo tutore. La giovane disabile è giuridicamente interdetta. Hanno chiesto al genitore perché in lista con Ignazio Marino, il candidato sindaco del Pd, non si sia presentato direttamente lui, perché abbia preferito questa sua partecipazione al Consiglio comunale per «interposta figlia (disabile)», e lui ha risposto che «non sarebbe stata la stessa cosa». Non v’è dubbio: se si fosse candidato lui, anziché la figlia, non sarebbe stata la stessa cosa. Bisogna però capire se sarebbe stata una cosa peggiore o migliore. Per lui, per la città di Roma. E soprattutto per Chiara.
Diciamolo: le polemiche sono già cominciate. C’è chi accusa il papà di Chiara di aver strumentalizzato la figlia per avere un posto in Consiglio che altrimenti non avrebbe mai ottenuto. C’è chi dice che usa la menomazione psichica della ragazza come una volta si usavano Gerry Scotti, Enrico Montesano e le altre star: come bandiera per ottenere più voti. C’è chi dice che fra i tanti modi di sfruttare la malattia quello per scopi politici sia il meno accettabile. Ma è fin troppo facile essere impietosi quando si guarda da fuori, con gli occhi di chi l’autismo non sa nemmeno cosa sia: un padre che dedica la sua vita ad una figlia malata, a mio parere, merita sempre rispetto. Anche quando sbaglia, come in questo caso.
Rispetto non significa silenzio, però. Anzi, l’opposto. E allora, date per buone tutte le migliori intenzioni, bisogna dire con chiarezza che sbattere un autistico in mezzo ad un’aula del Consiglio comunale è un errore, da qualunque parte la si guardi. Dalla parte di Chiara, che non potrà mai fare quello per cui è stata eletta e dunque si sentirà due volte disabile; dalle parte dei malati come lei che meritano di avere un rappresentante nelle istituzioni capaci di difenderli come si deve e non un rappresentante ombra dietro cui si nasconde qualcun altro; da parte del padre su cui graverà per sempre il sospetto di usare principi nobili per scopi meschini (la cadrega); e da parte delle istituzioni comunali che non sono luoghi di testimonianza o di ideologia, ma terreno pratico per la risoluzione dei problemi dei cittadini. E per risolvere i problemi dei cittadini è noto che bisogna produrre norme, regolamenti, emendamenti, tutte cose difficili già per chiunque sia a digiuno di pratica amministrativa. Figurarsi per una ragazza di 22 anni chiusa nel suo mondo con le canzoni di Modugno.
Dice il padre, per difendere la sua scelta, che la presenza di un autistico in Consiglio comunale è importante perché «impone di smorzare i toni nei dibattiti, di non urlare ma di confrontarsi in modo civile perché un rumore forte può provocare una crisi». Vi pare possibile? Ma si può trattare Chiara come se fosse una barriera fonoassorbente? Come un regolatore del traffico vocale? Un moderatore naturale di maleducati? Il semaforo anti-insulti? Sarà pure considerata, o «coccolata», si sentirà pure «al centro dell’attenzione», come spiegano ancora i familiari. Ma così si fa davvero il suo bene? Anche se si prende un nano e lo si butta su un campo da basket sicuramente quello finisce al centro dell’attenzione, magari qualcuno dei giganti gli dà pure una carezza, può essere che per un attimo il nano, nel suo piccolo, si senta perfino gratificato. Ma davvero il campo da basket è il suo posto? Può combinare qualcosa di buono lì? E, passato lo choc iniziale, a che serve quell’esposizione innaturale? A chi è utile?
«I politici devono toccare con mano la disabilità», dice ancora il padre. È vero. Ma per toccare con mano la disabilità, bisogna che un disabile venga eletto? Altrimenti - questo è il messaggio - se ne possono anche fregare? Se, per dire, Chiara non passa il quorum la battaglia per la disabilità finisce? E dunque per parlare di eutanasia in Parlamento dovremo far eleggere deputato un malato terminale? Per parlare di embrioni candidiamo un embrione? Per parlare di asili nido diamo diritto di voto a neonato? Altrimenti che succede: non se ne parla? «Questa candidatura può avere un effetto boomerang», ammette il presidente dell’associazione nazionale soggetti autistici, Carlo Hanau. E poi chiede che venga considerata per quello che al massimo può essere, e cioè «una provocazione». Ma per rispettare davvero Chiara, la sua storia e la sua malattia, ebbene, noi pensiamo che lei debba essere considerata assai più di una provocazione: pensiamo infatti che debba essere considerata una persona, naturalmente candidata a fare le infinite cose che sa fare. E che le riescono assai meglio, ne siamo sicuri, che il lavoro di consigliere comunale.