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 2013  maggio 22 Mercoledì calendario

GIAPPONE, IL LATO OSCURO DEL NUOVO MIRACOLO

Nel 2007, quando fu costretto a dimettersi per l’improvvisa riacutizzazione di una malattia infiammatoria a seguito di un alterco con il suo rivale Ichiro Ozawa, pochi avrebbero scommesso sul suo ritorno. E che ritorno. Considerato il meno intelligente di una stirpe che ha governato il Giappone per oltre un secolo, nipote di un criminale di guerra, Nobusuke Kishi, riabilitato dagli americani (si dice in cambio di documenti segreti sulle sperimentazioni batteriologiche compiute in Manciuria) fino a consentigli di diventare premier negli anni Sessanta, Shinzo Abe, 58 anni, è il nuovo idolo del Giappone.
Strategia a tre punte
La sua Abenomics è una strategia “a tre punte” verso la crescita economica attraverso l’espansione monetaria, l’aumento dell’inflazione e le riforme strutturali, fregandosene dell’aumento del debito e del deficit pubblico. Sta rivitalizzando il Giappone e stimolando il dibattito in Europa, dove sono in molti a maledire l’abbraccio mortale del fiscal compact, del pareggio di bilancio, del rigore monetario. Non vi è dubbio che in Giappone, dopo oltre 15 anni di stagnazione/recessione, sia scoppiata la primavera “nel cuore e nella Borsa”, come ha titolato il Nikkei, il quotidiano della Confindustria locale (Keidanren). L’indice Nikkei negli ultimi sei mesi ha fatto un balzo del 70 per cento mentre il Pil dovrebbe aumentare del 3,5 nel 2013. Ma da qui a dire che il Giappone è risorto, e che il paese con il più alto debito pubblico del mondo industrializzato (oltre il 240 per cento, il doppio dell’Italia) è lanciato al riacciuffo della Cina, ce ne vuole. “È troppo presto – spiega Tobias Harris, giovane analista – finora abbiamo visto a malapena la prima freccia, bisogna capire se e quando il governo lancerà le altre due. L’entusiasmo basta per far impennare la Borsa e arricchire gli speculatori. Ma far ripartire l’economia è altra cosa”. I critici dell’Abenomics, che l’Economist ha ribattezzato awanomics (da awa, bolla di sapone) sono tanti quanti i suoi sostenitori. I dubbi sono tanti, e non solo politici, come quando in Giappone imperava il “mago” Koizumi, anche lui amatissimo, prima che la sua folle politica di privatizzazioni provocasse la nascita di nuovi, famelici oligopoli e la precarizzazione di uno dei mercati del lavoro più stabili ed equi (per chi era contrattualizzato) del mondo. Anche per l’Abenomics restano interrogativi: siamo sicuri che l’equazione aumento della spesa pubblica/investimenti privati/aumento dei salari e dunque dei consumi funzioni? Il circolo virtuoso che è alla base del keynesismo – l’economista americano Koichi Hamada, docente di Yale, è il più fidato consigliere di Abe – riuscirà a perfezionarsi prima che “salti” qualche elemento oggi dato per scontato. Per esempio, quello della fedeltà e dell’ingenuità “nazionalista” dei risparmiatori giapponesi. Più del 90% del debito pubblico giapponese è in mano a investitori nazionali che si sono sempre accontentati di interessi irrisori. Ed è questo uno dei motivi per cui Abe ha potuto “ordinare” alla Banca del Giappone, dopo aver imposto al suo vertice un suo fidato sostenitore, Haruhiko Kuroda, di battere moneta. A seguito delle decisioni di Tokyo sono partite altre spinte di “svalutazione competitiva” (per ora la Corea, ma anche la Cina ci sta pensando). Gli investitori giapponesi resteranno fedeli all’Impero o andranno in cerca di migliori rendimenti? Fino a quanto si può spingere il deficit, già al 10 per cento del Pil? E che succederà se, in mancanza di un aumento dei salari, l’auspicata ripresa dei consumi non sarà forte come previsto, con conseguente ulteriore contrazione del gettito fiscale?
Sognando l’inflazione
Per non parlare delle riforme strutturali, terza ma forse più importante freccia dell’Abenomics. Il Giappone non ha solo bisogno di resuscitare l’economia. Deve modificarne struttura, regole, abitudini. Puntare sui vecchi settori, come industria pesante, elettronica ed esportazioni potrebbe non bastare. Con l’interscambio commerciale, un tempo in trionfante attivo, in rosso fisso (soprattutto a causa dell’aumento della bolletta petrolifera dopo la chiusura delle centrali nucleari) il Giappone deve affrontare la sfida più difficile: rilanciare la domanda interna, attraverso grandi opere infrastrutturali, investimenti produttivi nei nuovi settori (ad esempio le rinnovabili) e miglioramento della qualità della vita. Forse è ora che i giapponesi si godano un po’ la vita, invece che far arricchire, con i loro sacrifici, gli altri. É il modo migliore per garantire l’inflazione che oggi tutti invocano.