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 2013  maggio 22 Mercoledì calendario

IL BIMBO CONTESO? NON LASCIATELO A DUE GENITORI COSI’

Quant’è difficile, quant’è ar­rogante, quant’è saccente dare giudizi sulla vita altrui, specie quando si tratta di affetti e di rap­porti che gli stessi interessati non riescono a capire. Eppure proprio quel loro non capire au­torizza i giudizi più radicali, più netti.
Parliamo dei due genitori che - fra Padova e Cittadella, ufficial­mente quieta provincia di buoni sentimenti - si contendono un figlio a colpi di sentenze giu­diziarie. Beninteso, Ombretta Giglione e l’ex marito condivi­dono la sorte di molti divorziati, di molti separati con figli picco­li, che usano i bambini come strumento di rivalsa o addirittura di vendetta verso l’altro. E, quel che è peggio, magari senza rendersene abbastanza conto, si autogiustificano con la men­zogna palese per cui lo fanno soltanto «per i bene del bambi­no».
Invece non occorre essere pe­dagogisti, pediatri, psicologi, né conoscere a memoria le Car­te dei diritti dell’uomo e del mi­nore per essere certi che «il be­ne del bambino» consiste soprattutto nel vivere serenamen­te con entrambi due genitori che si amino e lo amino. Ove i due non si amino più, anzi si odi­no al punto da rendere la vita fa­miliare un inferno quotidiano, è meglio che si separino. Ma se anche da separati l’odio recipro­co è tale da inficiare l’amore che entrambi dovrebbero avere per il loro figlio, è evidente che c’è qualcosa che non va in loro.
Può darsi che abbia ragione il padre del piccolo e sfortunato Leonardo, 10 anni, a sostenere che l’ex moglie provoca al bam­bino quella nuova malattia che di nuovo, in realtà, ha soltanto il nome: Pas, sindrome da aliena­zione parentale. In parole sem­plici, l’atteggiamento «possessi­vo» della madre e il suo modo di spiegare al piccolo il conflitto di coppia sarebbe stato tale da to­gliere serenità al bambino, inve­ce di aggiungerla. Ovvero, pro­vo a spiegare con un caso ipote­tico (che non si riferisce proprio a quella famiglia, per carità, evi­tiamo denunce e querele al direttore): la madre dice al bambi­no che suo padre è un poco di buono, che non vuole bene né a lei né a lui, e che meno lo vedo­no meglio è. Anche questo suc­cede spessissimo, come succe­de spessissimo che, invece, il genitore accusato sia una brava persona: il quale, dunque, ha il dovere di recuperare il figlio strappandolo a un ex partner talmente in malafede.
È in casi come questi che, ine­vitabilmente, deve intervenire la magistratura. Ma in modo deciso e accorto. Non sembra che, nel caso di Leonardo, i modi sia­no né decisi né accorti. Della tra­fila di decisioni e controdecisio­ni ci basta ricordare l’incredibi­le scena ­trasmessa dalle televi­sioni di tutto il mondo del bam­bino trascinato via a forza da scuola per portarlo dal padre; poi le interviste e le controinter­viste rilasciate soprattutto dalla madre: tanto che, se si fa una ricerca con Google su Ombretta Giglione, la terza voce che appa­re è «Ultimi interventi in video». Amore di mamma, certo, ma c’è da sperare di non averne un’altra raffica, ora, dopo le ulti­me notizie, dopo l’ultima sen­tenza: «Adesso mio figlio è di­ventato un pacco postale», ha dichiarato, dopo la sentenza che -salomonicamente?- deci­de c­he Leonardo passi circa me­tà giorni con il padre e metà con la madre, presumibilmente trasportando rancori, i propri e i lo­ro, dall’uno all’altro.
La parte migliore della sen­tenza, mi sembra, è quella per cui il bambino, con chiunque stia, è «affidato» al Servizio So­ciale di Padova, che ha anche il compito di aiutare il padre e la madre a essere buoni genitori. Sarà questo il lavoro più duro.