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 2013  maggio 21 Martedì calendario

COPPOLA, IL «FURBETTO» CHE VISSE DUE VOLTE, ORA CHIEDE 1,2 MILIARDI

A breve Danilo Coppola tor­nerà in tribunale a Roma. Lo stesso che sei anni fa lo aveva portato dritto a Rebibbia con una condanna per bancarotta fraudolenta della sua Micop, la società con cui l’immobiliari­sta r­omano faceva affari duran­te l’estate dei «furbetti del quar­tierino». Dopo due anni di de­tenzione -tra carcere, ospedale ed arresti domiciliari- Coppola è stato assolto in appello con for­mula piena in parallelo alla de­cisione della Cassazione di annullare il fallimento di Micop. I fasti sono lontani come i valori del mercato immobiliare, ma è lo stesso Coppola a precisare che ancora oggi il suo gruppo macina 80-100 milioni di ricavi e dà lavoro a 180-190 dipenden­ti, «assunti a tempo indetermi­nato» tra la capogruppo, una quarantina di controllate e le newco per i progetti specifici. La sua famiglia sta seguendo la realizzazione dell’area di Porta Vittoria a Milano. L’impegno previsto è pari a 230 milioni, sost­enuto tra mezzi propri e una li­nea di credito del Banco Popola­re, per costruire 150mila metri quadri tra residenze e uffici; la consegna è prevista nell’aprile del 2014. Il gruppo è poi impe­gnato nella ristrutturazione di alcuni centri commerciali ubi­cati sulle strade consolari che circondano Roma e dell’Hotel Cicerone, a due passi dal Vatica­no, oltre che sulla riorganizza­zione di alcuni rami aziendali. Ora Coppola deve rispondere del fallimento di altre nove so­cietà satellite di Micop sempre per debiti fiscali, malgrado que­ste «siano tutte in bonis», preci­sa l’imprenditore che ritiene di essere stato «vittima delle decisioni a tavolino» della Procura. All’apice dello sviluppo il gruppo aveva quasi 600 addet­ti: «Secondo il parere redatto da tecnici esterni, ho subito un danno pari a 1,2 miliardi solo per quanto riguarda la distru­zione di patrimonio», prose­gue Coppola: «I miei avvocati stanno studiando una causa di risarcimento, ed è probabile che destinerò parte del ricava­to in beneficenza».
La memoria torna a quando Coppola aveva comperato l’Ipi da Luigi Zunino, a sua volta fre­sco acquirente dalla famiglia Agnelli. Era l’epoca dei furbetti del quartierino, tra i due immobiliaristi gli scambi di asset so­no frequenti, come accadde per una porzione dell’area Fal­ck di Sesto San Giovanni e, sem­pre a Milano, per il palazzo di via Montenapoleone: vecchia proprietà Ras, Coppola versa 45 milioni in contanti per rileva­re l’edificio dalla famiglia Zunino, divenuta proprietaria del­l’immobile per 28 milioni finan­ziati dall’allora Banca Intesa. L’edificio è poi trasferito al valo­re nominale di 50mila euro a Chiaravalle e quindi venduto. Coppola, che ha una rete socie­ta­ria con avamposti in Lussem­burgo arriva a controllare il 5% di Mediobanca. «Il mio obietti­vo era diversificare», insiste ora, specificando che era entra­to nella merchant bank di Piaz­zetta Cuccia con un’ottica «di lungo termine» e per «cambia­re tante cose nei sistemi di pote­re». «Non sono uno speculato­re, ho sempre dato lavoro nella veste di imprenditore», precisa allontanando anche i dubbi sul frenetico passaggio di asset a va­lori sempre più pesanti. «A co­mandare è oggi come allora il mercato immobiliare».
L’altro fronte aperto è quello del gruppo “PerlaFinanza“, che a dicembre ha interrotto le pubblicazioni di tutte le sue te­state, spingendo i dipendenti verso la Cassa integrazione: «Il carcere mi ha impedito di dedi­carmi a fondo m­a dal 2005 ad og­gi la mia famiglia ha investito 30 milioni in questa iniziativa. Il giudice sta vagliando il piano, faremo il possibile».