Guido Olimpio, Corriere della Sera 23/05/2013, 23 maggio 2013
QUEI KIT DELL’ORRORE PRESI NELLA CUCINA DI CASA —
Una volta i terroristi avevano bisogno dell’armiere. Colui che gli procurava il Kalashnikov, le munizioni, magari l’esplosivo. Operazione logistica complicata che li esponeva a dei rischi.
Oggi, invece, vanno in cucina. Se sono in gamba mescolano ingredienti vari — dall’acetone allo zucchero passando per il fertilizzante — e mettono a punto una bomba. Così fecero gli attentatori di Londra nel 2005 costruendo gli ordigni nei lavelli. Tutti casa e Jihad. Se sono scarsi e l’unica cosa che posseggono è l’odio aprono il cassetto della credenza, pescano un coltellaccio, partono per la missione omicida. Poi salgono sulla loro vettura, pronti a usarla come un ariete per falciare persone a una fermata del bus o il loro bersaglio che sta attraversando in quel momento. Un terrorismo fai-da-te che costa zero a chi lo anima, ma può avere effetti devastanti perché porta la paura in qualsiasi città.
L’agguato al soldato britannico, anche se mancano ancora molti elementi, è la sintesi assoluta di un jihadismo individuale che però punta ad avere risultati tanto macabri quanto «spettacolari». Ideologi piccoli e grandi del movimento qaedista (prendete questo termine in modo molto generico) hanno suggerito da anni di colpire con quello che si trova. Fosse anche dell’olio buttato sul manto stradale nel tentativo di provocare un incidente. Un esempio non scelto a caso, bensì spiegato su Inspire, la rivista degli affiliati a Osama in Yemen. Anche l’uso della vettura come arma non è nuova. Gruppi radicali palestinesi l’hanno impiegata in Israele e quando pensavano fosse troppo poco sono ricorsi alle ruspe. Tanto gli obiettivi — questo è un vantaggio per gli autori — sono sempre «morbidi», indifesi e mentalmente non preparati a tramutarsi in bersagli.
La dinamica, poi, ricorda la ferocia dei militanti di Al Zarkawi che decapitavano gli ostaggi filmandone l’esecuzione brutale. Il video non è solo prova dell’attacco, ma diventa anche strumento di propaganda. Un filmato visto e rivisto. Le immagini da film dell’orrore del killer con le mani insanguinate sono usate come modello da altri. Per caricarsi mentalmente o imitarlo in futuro. Considerazioni che valgono anche per il messaggio mediatico all’insegna del «voi dovete soffrire come noi». Un concetto gridato da Bin Laden e da Al Zawahiri dai loro pulpiti virtuali sul web, poi rilanciato dai «maestri» che li hanno seguiti e bevuto dai militanti auto-indottrinatisi sulla Rete. I terroristi di Boston hanno spiegato la strage «come una risposta alle guerre in Iraq e Afghanistan». Il criminale di Londra era più o meno sulla stessa linea: «Non sarete mai al sicuro». Nella logica jihadista questi sono atti di difesa e non di attacco. Tagliano le teste, però non ci stanno a essere chiamati barbari. Un po’ come i narcos messicani che compiono nefandezze orribili però le presentano come azioni contro «ladri e stupratori». Quanto avvenuto a Londra o in modo più sofisticato a Tolosa con i raid di Mohamed Merah inquietano perché sono come delle bombe a orologeria nascoste. Nessuno può sapere dove sono oppure immaginare quando esploderanno. A volte esistono dei segnali premonitori — come a Tolosa e a Boston — che diventano però convincenti soltanto «dopo» l’attacco. La minaccia arriva sotto il radar, nessuno è in grado di sapere quale volto abbia. Dobbiamo abituarci, purtroppo, a episodi come quello di Londra. Ormai sono una tendenza. E, quando l’assassino afferma che «non smetteremo mai di attaccarvi», dice la verità. Immagina che vi siano altre reclute pronte a ripetere i gesti di violenza.
Il guaio è che la minaccia talvolta non ha nulla a che vedere con la politica. Lo sparatore folle, l’uomo che fa saltare un ordigno davanti a una scuola per una vendetta personale, il picconatore di Milano non hanno motivazioni ideologiche però si comportano come i terroristi fai-da-te. Alla fine aumenta il senso di insicurezza, la percezione del pericolo diventa sensibile e fatichiamo a individuare il nemico.
Guido Olimpio