Luigi Ferrarella-Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 23/05/2013, 23 maggio 2013
IL SEQUESTRO RECORD AI PADRONI DELL’ILVA —
Lo scudo fiscale, «anche in ragione delle forti garanzie di tutela dell’anonimato per espressa scelta del legislatore», e «non prevedendo l’obbligo per il contribuente di dimostrare l’origine» dei patrimoni, contiene «un elevato rischio di riciclaggio»: teoria buona solo per convegni stanchi e salotti pensosi? No, esercitazione pratica da 1 miliardo e 200 milioni di euro (non è un refuso: 2.400 miliardi di lire). Sono i soldi che i padroni dell’«Ilva» di Taranto, gli imprenditori dell’acciao Emilio e Adriano Riva, sono ora accusati di aver prima drenato dal gruppo attraverso «un articolato sistema di cessioni di partecipazioni infragruppo»; poi convogliato in 8 trust (vedi la scheda a fianco) nel paradiso fiscale di Jersey come «mero espediente per creare un diaframma» che eludesse «le ragioni creditorie di terzi, comprese quelle dell’Erario»; e infine scudato nel 2009 ma con il trucco («sotto la consulenza dei professionisti Franco Pozzi e Emilio Gnech dello "studio Biscozzi Nobili"») di «due dichiarazioni false» sui trust.
Perciò ieri il gip Fabrizio D’Arcangelo, su richiesta del pm Stefano Civardi, ha ordinato alla Guardia di Finanza di Milano di sequestrare in via preventiva ai Riva (indagati per truffa allo Stato e trasferimento fraudolento di valori) 1 miliardo e 200 milioni di euro, frutto di maxi-appropriazioni indebite ai danni dell’Ilva e oggetto del riciclaggio contestato dal pool del procuratore aggiunto Francesco Greco ai due fiscalisti.
Tre gli snodi nelle carte. In principio c’è la formazione e il dirottamento all’estero del tesoro di 1 miliardo e 200 milioni creato nel 1995, 1997 e 2003-2006 con tre operazioni di cessione — da società dei Riva a società estere di fatto sempre dei Riva — di partecipazioni derivanti dall’acquisizione dell’Ilva dall’Iri.
Il secondo passo è fare confluire queste plusvalenze in 8 trusts a Jersey (isole del Canale) fatti amministrare a «Ubs Fiduciaria» (Orion, Sirirus, Antares e Venus) e «Carini spa» (Lucam, Minerva, Paella e Felgam): trust come «mero espediente giuridico al fine precipuo di occultare la titolarità».
La terza mossa è approfittare nel 2009 dello scudo fiscale varato dal governo Berlusconi per il rimpatrio giuridico dei soldi (rimasti fisicamente gestiti tra Zurigo e Jersey) anche se le norme prevedevano che nei trust stranieri il disponente fosse fiscalmente residente in Italia, cosa che Adriano Riva appunto non era, essendo cittadino canadese residente a Montecarlo. Ecco allora che, «per mantenere opachi i beneficiari e in realtà non conoscibile neppure il reale disponente, Emilio e Adriano Riva hanno sottoscritto il 30 novembre 2011 due dichiarazioni riservate congiunte, predisposte e ideate dai consulenti fiscali Pozzi e Gnech, autenticate dal notaio svizzero Fabrizio Ottaviani, nelle quali si rappresentava che il disponente dei trust era unicamente Emilio Riva». Dichiarazioni «indirizzate a Ubs Trustee Jersey e utilizzate da Ubs Fiduciaria al fine di verificare la provenienza dei beni da sottoporre a rimpatrio giuridico».
Il bello, infatti, è che «nel parere pro veritate richiesto da Ubs Fiduciaria ai propri legali» già si evidenziava che l’operazione presentava «certamente in linea teorica svariati indici di anomalia» e comportava «possibile illiceità tributaria». I legali, però, ritenevano potesse rientrare sotto l’ombrello dello scudo, nella convinzione che «l’ingente patrimonio oggetto di rimpatrio fosse stato creato in maniera del tutto legittima a seguito di fisiologiche cessioni di quote azionarie (tutte verificate nella congruità dei valori di scambio)».
Ma così non è per i magistrati, per i quali dagli atti «emerge che Pozzi e Gnech, membri del collegio sindacale di diverse società del gruppo Riva», sarebbero stati «consapevoli della provenienza delittuosa dei capitali da rimpatriare», avrebbero oltrepassato «il perimetro del mero consiglio tecnico del professionista», e si sarebbero «inseriti scientemente nella realizzazione concorsuale dell’attività delittuosa, curando tutta la procedura di rimpatrio giuridico dei fondi illeciti nonché dei mandati fiduciari inerenti i trust riconducibili ai Riva».
Luigi Ferrarella
Giuseppe Guastella