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 2013  maggio 23 Giovedì calendario

IMPERIA, E’ UN REFERENDUM SU SCAJOLA —

Una volta qui era tutto Scajola. «Sono stato il primo ministro del Ponente nella storia d’Italia. Sono stato il personaggio politico ligure più significativo degli ultimi vent’anni. È evidente che ho lasciato un segno sulla mia città, dove ho amici e nemici. Quindi ci sta che questo voto venga considerato come un referendum sulla mia persona».
I verbi coniugati al passato rivelano molto dello stato d’animo. Da ogni parola di Claudio Scajola trapela voglia di rivincita. L’ultima partita non può che giocarsela dove tutto è cominciato, a Imperia. Queste elezioni amministrative sono una ordalia sul suo nome. È stato lui per prima a volere che fosse così. «Sono sparito dalla scena nazionale, non sono più ministro o parlamentare, ma non sono mica andato in pensione. Posso ancora dare molto alla mia terra, e non solo a lei».
Il Pdl, almeno quel che ne resta dopo innumerevoli scissioni e faide, è rappresentato dall’avvocato Erminio Annoni, ottimo velista, professionista stimato. Ma insomma, non proprio un candidato indipendente. «Io l’ho individuato» dice Scajola «e proposto come persona capace di fare il sindaco. Del resto, qui il centrodestra si identifica molto in me».
L’esilio volontario è finito. Nell’ultimo mese U ministru ha ricominciato a farsi vedere in città. Dice che il processo che riguarda la celebre casa romana a sua insaputa sta andando bene. «Ho pagato un prezzo enorme, comunque si guardi la vicenda». Le inchieste locali non lo preoccupano. Adesso o mai più, Scajola ne è consapevole. Questo è l’ultima scialuppa per il suo eterno ritorno. Appena salito sul palco di piazza Dante, ancora prima dei saluti, Beppe Grillo lo ha evocato. «Sono venuto per liberarvi da Scajola». Alle politiche il Movimento 5 Stelle ha fatto il botto, sfiorando il 30%.
Il candidato ha faccia e moderazione giuste per queste latitudini. Antonio Russo, coordinatore di un’azienda del multimediale, quattro figli. «Sono stanco di vedere questa città succube di padrini che ne condizionano la crescita economica e sociale». La strategia stellata non sembra però chiara a tutti. La lista elettorale schiera solo 23 persone invece delle 36 previste dalla legge. «Come se non ci credessimo fino in fondo» lamenta qualche militante.
Gli altri ci credono, questo è sicuro. Le avvisaglie di un cambio di stagione si vedono nel rimescolamento in atto, tripli salti mortali alla ricerca di nuovi ruoli e verginità nel timore che l’onda di Grillo travolga tutto. La complessa architettura delle liste del Partito democratico è una ulteriore prova della complessità della politica locale. L’aspirante sindaco proviene dalla mitica società civile ma risulta piuttosto vicino al governatore Claudio Burlando, l’altro Highlander della politica ligure. L’imprenditore Carlo Capacci ha fatto una campagna elettorale nonostante il Pd, che resta pur sempre il suo alleato principale. «Macché centrosinistra» ripete ad ogni occasione. «Il nostro è un progetto civico». Il progetto prevede anche la nutrita partecipazione dei transfughi Pdl guidati dall’ex sindaco Paolo Strescino.
Nelle intercettazioni dell’inchiesta sul porto turistico veniva definito come un «Paperino qualunque» messo da Scajola alla guida della città nel 2009. La definizione è ingenerosa. Strescino tentò l’emancipazione. Giubilò gli assessori coinvolti nello scandalo. Si affidò a tecnici che venivano da fuori. La sua giunta durò lo spazio di un respiro. Siluramento bipartisan.
Siamo arrivati alla fine senza neppure la possibilità di ribadire quanto è bella Imperia. Fa male vederla così. Svuotata, piena solo di opere incompiute. Il porto turistico e le strutture annesse prendono ruggine in attesa che magistratura e nuova amministrazione decidano la sua sorte. La stazione ferroviaria e il raddoppio del collegamento con Andora suggeriscono immagini metafisiche, con binari sopraelevati senza treni e passeggeri.
Tutto questo abbandono sembra non contare nulla. L’orizzonte è sempre dominato dalla figura del ministru. Se il Pdl torna a essere il primo partito, il merito sarà suo e non di altri. C’è tempo per parlare davvero della città, dicono tutti. Nell’attesa bisogna schierarsi. Anche la Chiesa, per bocca di un vice vescovo, si è premurata di far sapere che «abbiamo avuto vent’anni di benessere». Imperia non vede il futuro. Ma è condannata a un desolato presente dalla resa dei conti sul suo cittadino più famoso.
Marco Imarisio