Antonio Vanuzzo, Linkiesta 23/5/2013, 23 maggio 2013
SIENA, LA CITTA’ SPRECONA SALVATA DUE VOLTE DA MONTI
Siena deve ringraziare Mario Monti due volte. La prima per il prestito da 4 miliardi che, con il beneplacito di Bruxelles atteso per il prossimo 17 giugno, eviterà il collasso dell’istituto di credito. La seconda per l’Imu, le cui aliquote – così come l’addizionale Irpef – sono state alzate al massimo consentito per legge dall’ex sindaco Pd Franco Ceccuzzi prima e dal commissario Enrico Laudanna poi. Un provvedimento che ha consentito di coprire per 11,8 milioni i 12,3 milioni di scoperto nel conto di tesoreria, rimasto in rosso per 11 mesi «per effetto di vari fattori (squilibri 2010-2011, sostanziale soppressione dei trasferimenti statali, drastico calo di pagamenti da parte di FMPS, mancate cessioni di immobili)», come si legge nel Rendiconto di gestione 2012.
«Il dramma di Siena è che alla crisi della banca si è affiancata quella dei debiti sovrani», spiega chi conosce bene i bilanci della città. A dire: stop ai trasferimenti statali e della fondazione in una botta sola. Eppure, nonostante i 287 milioni di erogazioni in dieci anni da parte di Palazzo Sansedoni, l’amministrazione comunale è riuscita incredibilmente a essere bollata come sprecona dalla Corte dei Conti, che lo scorso marzo ha contestato un disavanzo di 6,47 milioni di euro sui conti 2011. Sottolineando l’ineffettività del piano di alienazioni immobiliari programmato per tornare in pari, l’elevato livello dei residui attivi (entrate accertate ma non riscosse, ndr) del 2010 e degli anni precedenti – pari al 68,87 per cento – e l’incidenza degli interessi sui prestiti sulle entrate, a quota 22,42 per cento. Traducendo, significa che su 100 euro di tasse accertate prima del 2010, Palazzo Pubblico ne ha incassate soltanto 30, mentre su 100 euro di tasse ben 22 se ne vanno per pagare le rate dei mutui. Ciò nonostante il rubinetto della Fondazione, che ora è chiuso e lo sarà per un bel po’.
Mauro Marzucchi della contrada dell’Istrice, è l’uomo che per anni ha amministrato i conti del Comune toscano. Ex vicesindaco fino alle dimissioni di Ceccuzzi, ex assessore al bilancio, ora è in corsa alle amministrative di domenica e lunedì con la lista Siena Futura. Gli altri candidati principali sono Bruno Valentini (Pd), legato a Ceccuzzi, e il Pdl Eugenio Neri. Per i grillini c’è Michele Pinassi. A Linkiesta Marzucchi dice: «Dal punto di vista giuridico i controlli della Corte dei Conti sono in un’ottica collaborativa, non certo di polizia giudiziaria». Sul rischio di incorrere in una procedura di dissesto nonostante le cospicue donazioni di Palazzo Sansedoni, l’ex vicesindaco risponde così: «Qualche anno fa la Corte dei Conti ci ha contestato dei debiti fuori bilancio. Si trattava di erogazioni che nel 2004 e 2006 la Fondazione aveva messo a disposizione del Comune attraverso un conto fruttifero senza impegno di spesa». In altre parole, la fondazione anticipava i fondi per interventi futuri – lasciando al sindaco carta bianca – attraverso un conto corrente di Mps dal quale il primo cittadino poteva prelevare a piacimento, e che dava pure degli interessi alle casse pubbliche. Una situazione per la quale i sindaci di mezza Italia avrebbero fatto carte false.
Il cordone ombelicale tra Comune e fondazione, che ha radici storiche, mostra i primi segnali di cedimento proprio in seguito alla scellerata operazione Antonveneta. A rivelarlo sono i verbali del consiglio comunale che ha licenziato il bilancio 2008, in cui alcuni consiglieri sollevano i loro timori per quel 60% del bilancio finanziato dall’ente, con cui Palazzo Pubblico aveva contratto debiti – i Boc, bond comunali – i cui interessi erano coperti dalla fondazione stessa attraverso contratti derivati. Una pratica vietata dal Testo unico degli enti locali, che prevede la possibilità d’indebitamento per Comune soltanto per spese d’investimento, e non per la gestione corrente. Un modus operandi che nessuno ha mai fermato.
La relazione di fine mandato del commissario Laudanna, pubblicata ieri sul sito del Comune non solo sottolinea come l’unico parametro strutturalmente deficitario (art. 242 Tuel) sia quello relativo ai residui passivi (i debiti non ancora saldati dal Comune ai creditori, ndr) – che superano il 40% degli impegni di spesa corrente – ma offre una panoramica proprio sulla rinegoziazione dei Boc. Nel settembre 2012 sono state allungate al 2020 le scadenze su un ammontare residuo di 33,8 milioni di euro, con un meccanismo che Laudanna descrive così: «Ogni Boc è in effetti stato sostenuto da successive contribuzioni annuali, iscritte al titolo 3° dell’entrata corrente (spese per investimento, ndr), che la FMPS ha finalizzato espressamente e puntualmente a coprire le singole rate semestrali di capitale e interessi dei Boc, al netto degli interessi attivi ricavati dalla giacenza fruttifera dei fondi».
Secondo quanto risulta a Linkiesta, è la rimodulazione a un tasso costante del 4% dei bond comunali ad aver consentito il margine per stanziare 4 milioni per coprire il disavanzo finito nel mirino della Corte dei Conti. Altri 2,5 milioni sono entrati dalla cessione, a fine 2012, dell’Ostello della gioventù “Guidoriccio” alla cooperativa sociale “Il nucleo” di Chiari, provincia di Brescia. Insomma, l’allarme per una procedura di dissesto che avrebbe legato le mani al nuovo sindaco sembra rientrata. Ciò non significa che splenda il sole nei conti di Siena: nel 2012 la percentuale di riscossione delle entrate correnti si è fermata al 68%, 67% per quelle in conto capitale. Il debito è a quota 105 milioni di euro – 2mila euro a senese – mentre il derivato “Irs plain vanilla” sottoscritto con Mps nel 2005 a servizio della rinegoziazione dei Boc, ha un nozionale di 15 milioni ma interessi non esplicitati chiaramente nella relazione. Per Siena da martedì inizia una fase nuova, e il prossimo sindaco dovrà essere abile a far quadrare i conti senza poter contare sulla fondazione, fin troppo generosa.