Valentino Tamburro, Il Sole 24 Ore 22/5/2013, 22 maggio 2013
DOVE VA LA LIQUIDITÀ MESSA IN CIRCOLO DALLE BANCHE CENTRALI
Tutta la liquidità pompata da Fed, Bce, Boe e Boj, dato
che inflazione non ne ha creata, e imprese, Stati e cittadini sono senza denaro, in mano a chi è finita?
Qualche corporation Usa, qualche Stato in via di sviluppo
o è in mano a qualcuno che specula?
La vera ricchezza è creata dalla produzione e adesso si sta distruggendo capacità produttiva nei Paesi sviluppati e si pensa che facendo gadget (tecnologici, lusso o cibo di qualità) si possa dare cibo e speranza a tutti.
È ignobile che non si possa trovare più un vestito per bambini Made in Italia. La ricchezza è creata da nuove produzioni e non da spostamenti di produzioni,
se non nelle tasche di poche, grandissime aziende, mostri prepotenti di un’economia che non crea ricchezza
ma uomini ricchissimi e nuovi poveri in Bangladesh (0,24 cents Usd/al giorno contro 15 euro/ora).
Ci vogliono consumatori consapevoli: una maglietta prodotta in Italia è migliore e più duratura di una fatta in Bangladesh. Un protezionismo culturale, una cultura del consumo e non del consumismo che spinge
a indebitare le persone.
Una società sana e senza forzature di credito avrà un futuro solido e crescita felice perché consumerà in maniera consapevole alla ricerca della qualità
e non della quantità. Mi sembra di entrare piano piano nella società di qualche film futuristico dove conteranno solo poche società e tutti gli altri a non avere di che vivere. Questo non è liberismo. Creiamo ricchezza, please.
Lorenzo Condotti
Caro Condotti,
cominciamo dalla liquidità. Quella che le Banche centrali creano può andare a finire nella domanda di beni e servizi, stimolando l’economia – è stato il caso in Usa e in Giappone – oppure può rimanere sotto il materasso: s’intende nei conti bancari e nei depositi delle banche presso la Banca centrale. Le banche sono restie a prestare per le note ragioni (sofferenze crescenti, rapporto più basso fra attivo e capitale...) e in molti casi le imprese domandano di meno perché non fanno investimenti.
Nella seconda parte della sua lettera lei tocca un problema grosso e condivido le sue insofferenze. Ma c’è un mercato nel mondo per le magliette fatte in Bangladesh e per quelle di qualità fatte
in Italia. Le nostre esportazioni hanno tenuto nella crisi e si sono spostate verso segmenti di più alto valore aggiunto. Quando i lavoratori del Bangladesh vedranno salire i loro salari, come è successo in Cina che partiva dagli stessi bassissimi livelli, compreranno anche
i nostri prodotti così come oggi noi compriamo i loro, dando a quei Paesi l’opportunità di crescere.
Non sono solo i profitti delle grandi imprese a guadagnare: ci guadagna anche il potere d’acquisto dei consumatori occidentali e ci guadagnano
i lavoratori dei Paesi poveri.