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 2013  maggio 21 Martedì calendario

ALZARE L’IVA AL 22%: UN SUICIDIO

Di stime ne girano tante: 100 euro in più secondo la Cgia di Mestre, 135 euro per Confcommercio e ben 207 euro stando ai conteggi di Adusbef e Federconsumatori. Altri calcoli si spingono fino a 338 euro. Stiamo parlando di quanto aumenterà la spesa media per le famiglie italiane dal 1 luglio. Da quando, cioè, salvo miracoli del governo di Enrico Letta e coperture finanziarie per ora improbabili, scatterà il rincaro Iva. Si tratta del secondo giro di vite dopo quello dell’anno scorso: l’imposta sui consumi salirà dunque dal 21 al 22%. E saranno dolori per tutti.
Dal vino alle scarpe, dagli elettrodomestici alla cura personale, dal pieno di benzina agli acquisti per la casa, il giro di vite fiscale è destinato a colpire una serie di voci del bilancio familiare. Prendete nota: vestiti e calzature; mobili, biancheria per la casa, servizi domestici; detersivi e lavanderia; auto, pezzi di ricambio e carburanti; giocattoli, radio, televisore, hi-fi, computer, cancelleria, piante e fiori; barbiere, parrucchiere, istituti di bellezza, gioielleria, bigiotteria.
Un aumento che non inciderà sulla spesa per i beni di prima necessità, come gli alimentari, la sanità, l’istruzione, l’abitazione, ai quali si applica l’Iva al 10% o al 4%, o non si applica affatto. Ma l’aumento al 22% dell’Iva ordinaria potrebbe avere effetti anche sul prezzo dei beni tassati con aliquote di favore sui quali influisce, a esempio, il costo del trasporto e del carburante. Fattore, questo, tenuto in considerazione dagli uffici studi di Adusbef e Federconsumatori. Le due associazioni dei consumatori - che prevedono una botta da 207 euro per un famiglia con 3 persone - hanno preso in considerazione, oltre alla spesa di beni anche quella per servizi e tariffe di professionisti e artigiani. E poi la voce «arrotondamenti» che in taluni casi può cagionare rincari dei listini con percentuali a doppia cifra.Un ragionamento complesso che porta a un innalzamento del costo della vita pari allo 0,6-0,7%. «Non si è ancora capito che il potere di acquisto delle famiglie, ormai ridotto ai minimi storici, sta determinando un mercato in continua contrazione e recessione, con gravi ripercussioni sia sul benessere delle famiglie stesse che sulle imprese» hanno detto Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef.
Ovviamente tutti questi calcoli non tengono in considerazione altri giri di vite in arrivo, come quello della Tares (il nuovo balzello dei comuni per i servizi). Sta di fatto che la Cgia di Mestre, limitandosi al caso «Iva al 22%» e ipotizzando che i comportamenti di consumo delle famiglie rimangano immutati, Cgia stima che per un nucleo di 3 persone l’aggravio medio annuo sarà di 88 euro. Nel caso di una famiglia di 4 persone, il rialzo sarà di 103 euro. Visto che per il 2013 l’aumento dell’Iva interesserà soltanto il secondo semestre, per l’anno in corso i rialzi di spesa saranno la metà: 44 euro per la famiglia da 3 persone; 51,5 euro per quella da 4.
Il che non vuol dire una boccata d’ossigeno. Anzi. Quello sull’Iva è un intervento che, come spiega Confcommercio, impatta sul 60-70% dei consumi complessivi e avrà anche effetti sul tessuto delle imprese. A fine anno il saldo finale per il commercio al dettaglio, alla luce del combinato Iva crisi, potrebbe vedere oltre 26mila imprese in meno, risultato negativo natalità-mortalità delle aziende del settore.
La ragione è legata a una ulteriore contrazione delle spese al dettaglio. L’allarme sul calo dei consumi registrato dalle famiglie è stato riproposto nei giorni scorsi dall’Istat. Nel 2012, rispetto al 2011, la flessione è stata del 4,3%, molto superiore a quella registrata nel biennio 2008-2009, quando, al culmine della recessione, i consumi avevano segnato una caduta del 2,6%. Un allarme rilanciato pure dalla Coldiretti, che ha ricorda il -3,8% dei primi due mesi del 2013.
Evitare il salasso non sarà facile. L’innalzamento è già fissato per legge e per sterilizzarlo è indispensabile individuare risorse alternative. Il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina (Pd), ha proposto di colpire le case di lusso, ma il muro del Pdl è scontato. La via di fuga appare sempre di più l’Europa e un’eventuale trattativa sui conti pubblici una volta incassata la chiusura della procedura per deficit eccessivo precedente. Ma i tempi non collimano visto che questo passaggio avverrebbe entro fine mese. E la mannaia scatta poco dopo. Così l’aumento Iva pensato dal Governo di Silvio Berlusconi e messo in atto da quello di Mario Monti corre il rischio di attivarsi nonostante le buone intenzioni espresse dall’esecutivo di Enrico Letta. A palazzo si palleggiano la patata bollente. E la responsabilità rimbalza come una trottola impazzita. A chiudere la questione, ieri sera, è stato il vicepremier Angelino Alfano (Pdl): «Bisogna evitare l’aumento e quindi trovare 2miliardi, ma non c’è Babbo Natale e bisogna fare un lavoro certosino, per individuare risorse e priorità». La stangata sui contribuenti, quindi, è alle porte.