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 2013  maggio 23 Giovedì calendario

NO UE ALLE OLIERE AL RISTORANTE

Gli eurocrati continuano a impicciarsi di tutto, ossessionati dalla mania di omologare l’Europa, e decretare perfino il diametro della pizza ideale, da Copenaghen a Canicattì. Ora hanno vietato l’uso delle oliere al ristorante, siano pure in elegante maiolica, o in porcellana, o in argento cesellato da un Cellini.

L’olio dovrà essere portato in tavola nella bottiglia originale o nella lattina, con tanto di indicazione se sia extravergine oppure un oliaccio qualsiasi, il tasso di acidità, e il luogo dove sono state colte le olive, il luogo di produzione che non sempre coincide. Così si evitano manipolazioni, spiegano i signori di Bruxelles. Ne saranno avvantaggiati i paesi produttori, come l’Italia. È interesse loro difendere l’olio di qualità.

Ma il primo effetto sarà di far aumentare il prezzo. Oggi, un ristoratore può comprare l’olio superiore in una latta da 20 litri per poi riempire le sue oliere, tavolo per tavolo. Quel che influisce sul costo, come per il vino, è la bottiglia. Meno è il contenuto e in proporzione più viene a influire sul prezzo finale, è ovvio. Per obbedire a Bruxelles, i ristoratori dovranno adattarsi a comprare bottiglie da mezzo litro, o un litro al massimo, da distribuire in sala. È probabile che i produttori metteranno sul mercato oliere fabbricate in serie con il loro marchio, anche eleganti. Anzi qualcuno lo fa già per distinguersi, senza aver atteso l’ordine di Bruxelles. Ma il costo è sempre superiore, senza che la qualità migliori.

Una garanzia per i clienti? Gli eurocrati sono degli ingenui se ci credono. Per essere sicuri, ogni bottiglietta di olio dovrebbe essere sigillata e aperta di volta in volta, come avviene per il vino d’annata. Che cosa impedirà, un domani, agli osti truffaldini di comprare un olio qualsiasi in contenitori da 50 litri per riempire poi un po’ alla volta le bottiglie o le latte con etichette prestigiose? Un controllo in dispensa? Potranno sempre giustificarsi sostenendo che l’olio in damigiana serve per cucinare. Sarà necessaria una costosa analisi dell’olio offerto ai tavoli per dimostrare la frode.

E non è finita. Bruxelles vuol fare chiarezza anche sul vino della casa offerto in trattoria, quasi sempre in caraffa. Sarà vietata anche questa prassi. Basta con il rosso o il bianco sfuso, da pagare magari tanto al bicchiere. «Mi dia un quartino», come chiedono i clienti a Trastevere, sarà una frase destinata a sparire. «Bisogna essere sicuri di quel che si beve», spiegano sempre i burocrati della Comunità. È legittimo qualche dubbio. Sono sempre gli stessi che in passato volevano vietare l’indicazione «mozzarella di bufala», e hanno approvato che il prosciutto per le pizze fosse senza carne di maiale, semplicemente artificiale prodotto in laboratorio. C’è sempre il sospetto di una manovra commerciale: il vino sfuso di solito è quasi imbevibile nei ristoranti in Francia, come sanno i turisti, e spesso almeno passabile in Italia e in Spagna. Con l’obbligo di offrirlo in bottiglia il vantaggio per noi scomparirà. Colpa nostra. Gli altri mandano a Bruxelles esperti combattivi, noi gli scarti o i pensionati della politica. O la gente che dà fastidio, perfino bravi ma inesperti di questioni europee.

L’olio è il primo passo. Poi tocca all’aceto. Dovrà venire offerto in bottiglia. Anche l’aceto balsamico che dovrebbe costare come in profumeria ma che in Germania si trova anche per 4 euro al litro. E pure il sale, si minaccia, e il pepe, lo zucchero. Come si farà a spargerli sulle pietanze direttamente da una scatola, non è un problema degli eurocrati. Se passerà la loro riforma le tavole nei ristoranti, o nelle osterie, avranno l’aspetto di uno scaffale da supermercato.