Gianfranco Morra, ItaliaOggi 23/5/2013, 23 maggio 2013
I PARTITI VANNO REGOLAMENTATI
Il Pd ha presentato un disegno di legge per regolamentare i partiti politici, attribuendo loro una personalità giuridica: registrazione, statuto, iscritti, dirigenti, bilanci debbono essere dichiarati e pubblici. Altrimenti non potranno partecipare alle elezioni, né fruire dei contributi statali. La proposta ha scatenato un tornado, molti l’hanno rifiutata, ma nessuno ha spiegato perché sarebbe ingiusta. Unici argomenti gli interessi dei partiti.
Il movimento Cinque Stelle, che non è e non vuole diventare un partito, si è visto come la vittima della legge: «Vogliono cancellarci»; e il Pd, proponente, viene descritto come un gruppo in profonda crisi, che sa di non poter vincere col voto, ma solo eliminando per legge gli avversari. Berlusconi ha detto: «Vogliono far fuori me e Grillo», ma sono due cose diverse. Per il Cavaliere, la legge di ineleggibilità già esiste, anche se viene tirata fuori 19 anni dopo. Lo stesso Renzi ha parlato di «regalo a Grillo».
Possibile che nessuno voglia ragionare? Sono convinto, che quella legge, ovviamente discussa e modificata, dovrebbe essere fatta. Da tutti, non da una parte contro l’altra. E lo dirò con dieci twitter di scienza politica.
1. Un solo articolo della Costituzione, di inammissibile reticenza, nomina i partiti, il 49, indicandone l’utilità per «determinare la politica nazionale». L’art 39 sui sindacati impone loro degli obblighi. Nessuno per i partiti. Il fascismo era caduto da poco e si temeva di esporre i partiti a indebite ingerenze ed ingiuste esclusioni. In tal modo da 65 anni abbiamo dei padroni fuorilegge e irresponsabili.
2. Grandi costituzionalisti e politici lo avevano capito. Costantino Mortati nel 1946 e Luigi Sturzo nel 1958 proposero una legge quasi identica a quella di Zanda-Finocchiaro.
3. Alcuni paesi europei hanno leggi in merito. Primo fra tutti la Germania, che salvò la sua democrazia dal comunismo e dal neonazismo in quanto la Legge fondamentale proibiva i partiti «estranei all’ordinamento democratico e liberale».
4. Personalità giuridica significa responsabilità di fronte alla legge. Il parlamento europeo, nel 2006, ha proposto per tutti i partiti di estenderla da nazionale in europea, per accedere ai finanziamenti dell’Unione.
5. Formalmente non è vero che la legge nasca dall’intenzione di cancellare il M5S. Era già stata presentata identica nel 2102, quando 5S non c’era ancora. Non è escluso che oggi ci sia anche questo motivo, ma la legge va giudicata in primo luogo per ciò che è, l’utilità o il danno per i singoli partiti vengono dopo.
6. I movimenti sono una ricchezza per la politica: più vicini alla società civile, oggi ricevono la fiducia dei cittadini assai più dei partiti. Il movimento 5S non va escluso, ma se sta in parlamento deve trasformarsi in istituzione, accettando regole e controlli, pur conservando lo spirito del movimento.
7. Se c’è un momento, in cui una regolamentazione dei partiti appare imprescindibile, è proprio il nostro, quando si pensi allo sperpero da loro fatto del danaro pubblico e agli episodi penalmente rilevanti (e disgustosi) di tante amministrazioni. Molti partiti italiani (o tutti?) sono fortemente degradati, tanto che l’opinione pubblica li disprezza.
8. Ma ciò non significa che i partiti debbano essere eliminati e sostituiti dai movimenti, ma solo che vanno regolamentati e controllati. I movimenti sono più emotivi che razionali, meno democratici che autoritari, più leaderistici che democratici. Senza partiti non c’è democrazia, essi sono il tramite tra popolo e governo, lo strumento con cui la società si fa Stato.
9. Queste considerazioni non intendono difendere nessuna forza politica. Una legge sui partiti è necessaria per dare una risposta al malessere dei cittadini. Il M5S ha basato la sua fortuna polemizzando contro la mancata trasparenza dei partiti. Perché ora rifiuta la proposta di introdurla per tutti?
10. Purtroppo non è difficile prevedere come finirà. Il proponente Zanda ha detto che rimetterà i sogni nel cassetto. Il disegno di legge «giacerà» in parlamento. Un altro paradosso del nostro Bel Paese: ha dato al mondo, nel solco di Machiavelli, la più grande scuola di sociologia dei partiti (Pareto, Mosca, Michels). Ma nessuno ne ha mai tratto le necessarie conseguenze.