Antonio Pascale, Il Messaggero 23/5/2013, 23 maggio 2013
COM’È CAMBIATA L’ANIMA DI ROMA
Ci sono città con particolari conformazioni urbanistiche, belle e accoglienti, ma che a uno sguardo più attento risultano noiose, troppo inscatolate in castrum e impianti simmetrici, cornicioni che scorrono paralleli per metri e metri, grandi corsi principali e insomma: grandeur da esibire. Alla lunga mettono ansia, perché spesso la tanto decantata bellezza è ansiogena, sia per lo spettatore che deve corrispondere sia per il portatore di bellezza che deve mantenerla. E ci sono città diverse, come Roma, difficili da raccontare.
Con piazze e vicoli, fontane a getto, a cascata, giardini raffinati, con ghiaia e siepi, e luoghi abbandonati, coperti dai quei fiori tipici, da scarpata ferroviaria. Roma è così, una città rumorosa caotica, ingombrante, con lunghi viali alberati a platani o frassini, e vicoletti ombrosi e umidi e pieni di muffa. Un fiume che per gran parte dell’anno scorre lento e placido, meravigliosi palazzi sconosciuti ai più, con marmi e statue antiche, bellissime in certi chiaroscuri. Si passa dall’acciottolato, all’asfalto ai sampietrini, alle buche. O si percorrono epoche, come in una macchina del tempo, dalle rovine di vecchi imperi poi sventrati, al Cinquecento e al Barocco, Bramante, Michelangelo, Rainaldi, Bernini, Borromini. Da un’architettura con finalità persuasive, tutta concentrata a promuovere la controriforma, a una inquieta - e basta osservare la tensione degli spazi a San Carlino alle quattro fontane o la cupola di Sant’Ivo.
Per non parlare della luce che cambia spesso tonalità. Avvolgente, calda, o accesa. A volte devi socchiudere gli occhi per guardare il panorama da un colle, altre volte li apri per bene, soprattutto in certi tramonti o nelle albe, quando la luce o sfuma o acquista concretezza e in entrambi i casi ti sembra di osservare la città per la prima volta e noti dettagli che non conoscevi.
IL SET IDEALE
Una città così è un set ideale per raccontare il caos e l’inquietudine e la distrazione, insomma: la condizione moderna. Roma è come Napoli, una città che ti addormenta o ti ferisce a morte, dove le cose hanno fine ma per eccesso, di energia, di sogni, di prospettive, di ambizione, e infine di distrazione costante. Roma è la coprotagonista de’ “La grande bellezza”, l’ultimo (bello e struggente) film di Sorrentino. Il luogo dove uno scrittore (e giornalista) sessantacinquenne - che da anni non scrive più - ha casa. Il luogo che per conformazione urbanistica e luce e varietà di stili è appunto un palcoscenico ideale per chiedersi: ma chi sono io?
Io in questo caos, io tutto io niente: mondano che frequento feste e circoli, che passo dai trenini danzanti sugli attici alle passeggiate silenziose sui Lungotevere, che incontro una variopinta fauna, artisti che vibrano di energia ma non sanno spiegare cosa sia una vibrazione, attori che mai reciteranno, giornalisti impegnati e indignati, ricchi militanti di partiti di sinistra con cuochi, babysitter e tate al seguito, e poi cardinali gourmet, camorristi, cafoni e tante brave persone che fanno cose normali e il cui sguardo ogni tanto, con sorpresa, incrociamo.
LA RICERCA
Chi sono io? Chi siamo noi, che ci affacciamo su questa terra per qualche anno e siamo distratti, deboli, caotici, e in ultima analisi stupidi. Lo siamo doppiamente perché abbiamo visto sprazzi di sovrumana e incantevole bellezza, proprio qui a Roma, in alcune ore, con il sole al tramonto, un attimo di silenzio, quando tutto fa rima con tutto e anche le luci delle ambulanze si intonano con il colore del cielo. È quella la grande bellezza che cerchiamo? E siamo appunto così stupidi perché pensiamo che tutto questo sia eterno, trionfo e pago di sé.
Ci siamo cascati, in questo istante di perfezione e siamo stupidi perché pensiamo che possa durare per sempre. Non può durare. Allora se non possiamo volare in alto restiamo in basso, a occuparci di pettegolezzi, amenità e dicerie, tra vanti e propositi di santità.
Roma è la città che ti ha deluso, o comunque ha deluso il protagonista, ma è anche vero che il protagonista è parte in causa nel processo.
Film moderno perché si svolge in una città variopinta, con tematiche profonde, da adulto - alcune domande non hanno risposta, siamo troppo distratti per concentrarci seriamente sulla questione. Non è vero che essere saggi significa godere di ogni momento (ogni momento è quello giusto per la grande bellezza) no, al contrario, essere saggi significa imparare a sopportare il fardello che la disillusione porta con sé. Tanto, è tutto un trucco, a volte riuscito a volte meno, e Roma illustrata da Sorrentino racconta tutto questo e (meravigliosamente) molto altro ancora.