Roberta Amoruso, Il Messaggero 23/5/2013, 23 maggio 2013
L’ORO FRENA MA CONTINUA A BRILLARE
Negli ultimi 12 anni la sua corsa non si è mai arrestata: non era mai accaduto negli ultimi 90 anni. Non a caso c’è chi pensa che la festa sia finita, almeno per il 2013. I segnali ci sono tutti, dicono sul mercato, dalla frenata della domanda nel 2012 (-3,9% secondo il World Gold Council), confermata nel primo trimestre dell’anno, al recente scivolone delle quotazioni. Eppure l’oro non sembra aver perso l’appeal di bene rifugio per eccellenza. «In effetti i forti flussi in uscita dall’oro, sono per lo più di natura istituzionale», spiega Loris Centola, co-responsabile Ricerca Wealth Management Ubs, «i privati continuano invece a mantenere il metallo fisico in portafoglio come forma di protezione da venti inaspettati».
Del resto, si sa, l’oro rappresenta storicamente un salvagente contro inflazione e svalutazione monetaria, ma più di recente è più alla caratteristica di paracadute in caso di crisi finanziarie che si deve il suo successo. Dalla crisi della new economy a quella dei mutui subprime, dalla valanga Lehman del 2008 allo choc greco sino ad arrivare alla crisi del debito dei paesi mediterranei dell’Eurozona. Ecco perchè molti investitori non mollano: mantenere posizioni in oro, o addirittura acquisirne di nuove, resta ancora una buona opzione. Anche alla luce dei prezzi più ragionevoli toccati negli ultimi giorni(1.320 dollari l’oncia contro il massimi a 1.900 dollari dello scorso anno). Ma in Italia è meglio puntare sull’oro fisico o sul titolo di carta? Sono principalmente quattro, spiega Centola, i sistemi per comprare oro, a seconda del profilo rischio/rendimento. I primi due, molto simili tra loro, sono gli Etf (Exchange traded fund) e la custodia di lingotti, due strumenti flessibili, facilmente liquidabili con bassi costi di gestione. Per esempio gli Etf - che rappresentano una particolare tipologia di fondo a gestione passiva, negoziato in Borsa come un comune titolo azionario, che ha come sottostante un deposito in oro - tratta in un mercato molto liquido con una commissione pari allo 0,2%, a fronte di un fondo equity Usa che può costare intorno all’1,4-1,5% (nel caso delle materie prime può arrivare al 2,5%). Da parte sua, il conto metalli, oltre ad avere una flessibilità massima dà anche la possibilità di mettere in campo strategie più aggressive di investimento tramite opzioni, spiega ancora l’esperto di Ubs. A patto che «si abbia una certa accortezza a dosare l’esposizione nei confronti della banca», avverte lo stesso Centola. La custody solution è molto pratica, soprattutto per grandi quantità (un chilo o più). Inoltre, in caso di fallimento della banca non rientra nel patrimonio fallimentare (rischio che corre il metal account). Per investitori più sofisticati esistono poi i cosiddetti Docu, prodotti strutturati che arrivano a garantire un premio annuo del 5%. Infine, un’ultima possibilità per cavalcare la febbre dell’oro è puntare direttamente sulle azioni di società che estraggono e distribuiscono il metallo giallo. In questo caso, però, non si può non considerare l’esposizione delle società al rischio sistemico. E chi vuole investire in mini-lingotti o monete? In realtà la vendita di sterline (che oggi valgono circa 330 euro), krugerrand africani e marenghi italiani ha perso molto appeal negli ultimi anni. Un capitolo a parte è il lingotto da investimento, che inserito nei portafogli in quote contenute (fra il 3% e il 7%) consente di stabilizzare i rendimenti. Il primo passo è assicurarsi il marchio London good delivery; il lingotto va poi custodito e il costo varia tra lo 0,35% e lo 0,50% del controvalore (1 Kg costa 34.000 euro). Il regime fiscale, infine, non è punitivo (plusvalenze tassate al 20%), considerando che l’esenzione da Iva fa dell’oro il metallo prezioso da investimento per eccellenza.