Umberto Mancini, Il Messaggero 23/5/2013, 23 maggio 2013
DEAGLIO: INVESTIMENTI PRODUTTIVI FUORI DAL PATTO
«Sarebbe opportuno stralciare gli investimenti produttivi dal Patto e varare gli eurobond per finanziare le grandi infrastrutture, progetti mirati in grado di creare occupazione, di dare un impulso all’economia. Ma per fare tutto ciò ci vuole tempo e, ovviamente, un forte consenso europeo». Mario Deaglio, docente di Economia Internazionale a Torino e autore del rapporto Centro Einaudi-UBI sull’economia globale e l’Italia, chiede una svolta ma è anche consapevole che convincere la Germania ad allentare la stretta sul rigore sarà tutt’altro che agevole.
Ora la crisi in cui si dibatte l’Europa può imprimere una svolta improvvisa?
«Senza la crisi non ci sarebbe stata la mossa della Francia che ha chiesto di accelerare i tempi sull’unione politica. Del resto la Spagna è sulla stessa linea e anche il presidente Letta ha ripetuto che c’è un rischio concreto d’implosione se l’emergenza lavoro non verrà affrontata in maniera determinata e con misure per certi versi innovative».
Ma il processo verrà avviato o resterà in qualche misura sospeso, legato cioè alle scelte della Germania?
«Una accelerazione sarebbe opportuna oltre che necessaria. Del resto l’iniziativa di Hollande va in questa direzione. La Francia è in grave difficoltà: hanno problemi a governare il deficit, non riescono a varare una riforma delle pensioni convincente, la situazione finanziaria è poco trasparente e il governo è dovuto intervenire per salvare la Peugeot, nazionalizzando di fatto la casa automobilistica. Insomma, rispetto ai tedeschi i problemi sono tanti. E poi la Francia rispetto all’Italia non ha quella rete di piccole e medie imprese che rappresenta la struttura portante del sistema industriale».
Si può immaginare un asse Roma-Parigi-Madrid per allentare la politica di austerity?
«Fino a poco tempo fa la Francia era contraria ad un allargamento delle prerogative europee. Ora ha cambiato idea. E chiede all’Europa d’intervenire. Quanto all’Italia credo sia giusto spingere verso l’unione politica e anche per quella bancaria. A patto però che Roma, Parigi e Madrid, i Paesi latini, riescano a portare dalla propria parte e a coinvolgere anche altri Paesi. Solo così, a mio parere, l’iniziativa può andare in porto. La Germania non credo si opporrebbe, sentono la crisi anche loro. Meno degli altri però perché sono pronti ad espandersi verso Est, verso la Cina»:
Quali Paesi dovrebbe coinvolgere l’Italia e la stessa Francia per avviare l’unione politica europea, con una cabina di regia unica per crescita e occupazione?
«Oltre alla Germania, anche Olanda e Belgio dovrebbero essere coinvolti e sensibilizzati. Solo con il loro appoggio si può andare in questa direzione. Dare più potere a Bruxelles significa liberare risorse in cambio di un controllo maggiore sulle leggi finanziarie dei vari Paesi».
Ma l’Italia deve prima uscire dalla procedura per deficit eccessivo?
«Certo, questo è il primo passo ed è la scommessa del nuovo governo che punta su una svolta a livello europeo».
Si parla di 10-15 miliardi che potrebbe essere svincolati, di risparmi sul fronte dei tassi d’interesse...
«Sulle cifre non mi avventuro. E’ innegabile che ci sia comunque una sorta di tesoretto da sfruttare. A cui si potrebbero aggiungere le risorse derivanti dall’accordo fiscale con la Svizzera e quelle, ben più consistenti, derivanti dai fondi che l’Italia ha dato per finanziare il meccanismo salva Stati e che quest’anno non saranno impiegati, visto che la crisi di Cipro è stata risolta».