Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 23 Giovedì calendario

Notizie tratte da: Hans Tuzzi, Morte di un magnate americano, Skira 2013, pp. 172, 15 euro.Guru John Pierpont Morgan, banchiere, imprenditore, mecenate, collezionista

Notizie tratte da: Hans Tuzzi, Morte di un magnate americano, Skira 2013, pp. 172, 15 euro.

Guru John Pierpont Morgan, banchiere, imprenditore, mecenate, collezionista. Primo guru di Wall Street, artefice di grandi fusioni tra banche, JPM nasce ad Hartford, il 17 aprile 1837, figlio di un finanziere che lavora a Londra. Nel 1871 torna negli Stati Uniti dove, attraverso fusioni bancarie, operazioni finanziarie e la creazione della General Electric diventa uno degli uomini più ricchi di tutti i tempi.

Collezione 1 Straordinario collezionista d’arte e di pietre preziose, bibliofilo, la sua casa divenne la più celebre casa-museo americana, ed è ora la Pierpont Morgan Library di New York, recentemente ampliata da Renzo Piano. Qui sono custoditi libri rari, opere d’arte, manoscritti antichi e disegni comprati in asta.

Collezione 2 La sua collezione d’arte (Leonardo e Michelangelo, Picasso, Rembrandt e Rubens) era valutata 60 milioni di dollari. Preziosissimi gli incunaboli e libri antichi: è la sola a detenere tre delle 49 Bibbie di Gutenberg superstiti, il primo volume a caratteri mobili del mondo.

Codici miniati. L’Evangeliario di Lindau, acquistato nel 1899 per 10.000 sterline dal conte di Ashburnham, fu il primo dei 630 antichi codici miniati raccolti da JPM nell’arco di quattordici anni.

Sigari «JPM è nell’arte come nel cibo: vorace a tratti, ma raffinato. Anche nei sigari, del resto: i Pedro Murias prodotti all’Avana apposta per lui, non li fuma, li massacra».

Invidia «Tutta l’America ammirava JPM: una vignetta del “Puck” lo rappresentò, tra le mani una gran calamita uguale al simbolo del dollaro, che dal Vecchio Mondo attrae in America attraverso l’Atlantico i capolavori di tutte le arti. Ma all’ammirazione si mescola sempre una goccia di invidia. Quando nel 1903 il presidente Theodore Roosevelt stabilì di far affluire tutti i documenti storici riguardanti i padri fondatori, tutti i testi a stampa e gli autografi del tempo, nella neonata Biblioteca del Congresso, be’, io credo che in tale decisione vi fosse tantissimo amor di patria e un pizzico, giusto un pizzico di rivalità e di invidia nei confronti della imponente collezione messa insieme sull’argomento da JPM».

Titanic JPM possedeva la maggior compagnia di navigazione, la White Star (quindi, anche il Titanic).

Bancarotta. Due volte salvò gli Usa dalla bancarotta.

Vignette «Maresciallo di Campo dell’Industria, lo nominò un vignettista,
disegnandolo col mondo fra le braccia. E mai come nel pieno della grande crisi del 1907 quella definizione si dimostrò un esatto vaticinio. Chi infatti salvò l’economia della Nazione? Roosevelt? No, Morgan. Come riconobbero tutti i vignettisti dei giornali, vera vox populi del nostro grande Paese. Ricordo bene la vignetta – forse invero un po’ bizzarra – di JPM in forma di cicogna che depone alla Borsa di Wall Street un neonato
avvolto in uno scialle con la scritta: fiducia ristabilita».

Bub «Pare che “Bub” – così i genitori chiamavano JPM da piccolo – abbia avuto, oltre a tutte le temibili malattie tipiche dell’infanzia, giorni di febbri e malori sino all’adolescenza: malesseri dalla vaga casistica, senza più un nome, se mai l’ebbero, o comunque mai ben identificati. Queste ombre, le ansie dei genitori, provocarono in lui un turbamento di fondo, un’apprensione che presto degenerò in vere e proprie crisi d’angoscia».

Naso La malformazione fisica che più lo angosciava era il naso. «Vuole la tradizione di famiglia che iniziasse a crescere e deformarsi nella piena
adolescenza, come se lì, in quella protuberanza carnosa, si concentrassero tutti i maligni miasmi del corpo. Secondo i medici questo turgore interno si sarebbe potuto rimuovere con relativa facilità, si trattava, in
fondo, di un piccolo intervento chirurgico. Ma, pur soffrendo moltissimo ancor oggi per questa deformità, JPM rifiutò sempre, ostinatamente, ogni intervento: temeva [...] che tutti i malesseri, scacciati dal naso, rifluissero in un corpo che [...] era ormai invece sanissimo».

Crisi depressive Soffriva di «devastanti crisi depressive» che lo lasciavano prostrato e inattivo per settimane: «Questo spiega la sua notoria
affermazione di poter fare il lavoro di un anno in nove mesi, ma non in dodici [...] D’altra parte, quando gli interessi economici di un uomo sono così vasti e articolati che, da come egli affronta il naufragio del “Titanic”, la commissione Steel e la crisi della Northern Pacific Railway può dipendere di riflesso il crollo dell’economia mondiale, la vita per lui non deve essere facile».

Crisi nevrasteniche «Sua madre soffriva di crisi nevrasteniche, sua moglie ne soffre. Questo, se non giustifica, può spiegare un matrimonio perfetto nelle apparenze, e una vita costellata di amanti».

Moglie La prima amata moglie, morta dopo soli quattro mesi di matrimonio quando JPM non aveva che ventiquattro anni.

Zio James Pierpont, suo zio, nel 1857 scrisse Jingle Bells.

Sostanza «Tra le molte cose che ammiro, in JPM, vi è la sua indifferenza a tutto ciò che non sia la sostanza di un individuo: nazionalità, censo, colore della pelle non hanno accesso al tribunale del suo giudizio. Le persone, per lui, valgono per quello che sono. Un giorno, a proposito di non ricordo più quale aristocratico, commentò: “Le razze troppo pure degenerano; del resto, con gli animali, non se ne selezionano sempre di nuove?”».

Dispepsia psichica A inizio 1913 va in Egitto: la solita crociera sul Nilo, sul suo panfilo con moglie, quattro suoi amici, il fido cane pechinese Schun. Dopo due settimane, si accorge di star male, lascia il Paese musulmano e arriva a Roma, il 10 marzo. Fino alla morte, il 31, il suo quartier generale è la suite reale, otto stanze da letto e 500 dollari al giorno, del Grande Albergo (l’attuale Grand Hotel Plaza). Al suo capezzale, «una figlia, un genero, numerosi dottori e, in subordine, cameriere e camerieri, il personale dell’albergo e i regi carabinieri che si davano il turno per tenere a bada membri del corpo diplomatico, giornalisti, antiquari e curiosi». Il certificato di morte stilato dal medico romano attribuisce la causa del decesso a «dispepsia psichica».

Morte Alla notizia della sua morte, la borsa di New York chiude per due ore in segno di rispetto e la famiglia riceve 4.000 lettere di condoglianze.
Il ritorno, degno di un re: la funzione nella hall del Plaza; un picchetto militare; in treno a Parigi, poi a Le Havre; altri onori armati (scrive il Figaro: «Nessun americano ha ricevuto dall’Europa altrettanti segni di rispetto, nessuno avrebbe meritato simile omaggio»); il rimpatrio sul France, transatlantico peraltro suo. Un tappeto di cinquemila rose scarlatte nella Biblioteca alla 36esima strada: lo attende Belle Da Costa Greene, sua collaboratrice (e forse più) da quando aveva 22 anni (dirigerà la Library fino al 1948).

Federal Reserve Bureau Alla sua morte gli Stati Uniti si dotarono per la prima volta di una banca centrale, il Federal Reserve Bureau, perché nessun privato sarebbe stato più in grado di salvare l’economia del Paese come lui aveva fatto nel 1907.

Amore «L’amore cos’è? [...] Di una persona che sino a ieri guardavi come guardavi le altre, ora gli aromi ti restano attaccati alla pelle, le labbra modulano una lingua che ti fa levare la testa, invaghito d’una voce che sussurra parole già sentite eppure mai così nuove. Ecco: questo è amore» (John Pierpont Morgan).