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 2013  maggio 22 Mercoledì calendario

QUANDO SI PROVO’ A «CANCELLARE» MSI E PCI —

Alberto Asor Rosa, classe 1933, critico letterario ma per la politica militante soprattutto ex direttore di «Rinascita», conosce come pochi la storia del Pci e della sinistra italiana. E sospira, a proposito della proposta Finocchiaro-Zanda ormai ribattezzata anti-movimenti: «Non so davvero cosa stia passando per la testa dei nostri ex politici... L’attuazione della Costituzione è cosa storicamente e politicamente nobile, quindi anche per quanto riguarda l’articolo 49. Ma c’è bisogno di tempi giusti e modalità giuste. Ora sono tutti legittimati a pensare che quella esigenza di attuare adesso l’articolo 49 suona come un tentativo, magari preterintenzionale, di mettere il Movimento 5 Stelle alle corde. In quanto tale, mi pare di una inopportunità senza pari. E’ un maroso che sbatte contro la diga alzata davanti al porto, torna indietro e affonda le barche che lo hanno provocato...»
C’entra molto la Storia, nei giudizi espressi su questa discussa proposta. Semplicemente perché richiama alla mente numerosi e importanti capitoli della nostra vicenda repubblicana. Primo tra tutti il famoso «disegno di legge polivalente» (la definizione è di Alcide De Gasperi ma l’impianto appartiene al ministro dell’Interno Mario Scelba) del 1952, poi mai approvato, che prevedeva l’estensione del reato di vilipendio, l’occupazione di terre o delle fabbriche visti come atti di sabotaggio, la condanna di atteggiamenti valutati come sovversivi o disfattisti: strumento perfetto per un possibile scioglimento parallelo del Msi e del Pci. Ma rimasto lettera morta.
Lo ricordava ieri in un commento su «L’unità» Michele Prospero, professore di Filosofia del diritto a «La Sapienza» ricostruendo gli sforzi del Pci, negli anni della Costituente, per arrivare «al pieno riconoscimento del ruolo dei partiti nel nuovo Stato costituzionale» ma anche l’opposizione di Togliatti «alla ventilata applicazione dei principi del metodo democratico sin dentro le vicende delle organizzazioni dei partiti». E ancora Michele Prospero riportava i sospetti del latinista Concetto Marchesi, membro del Comitato centrale del Pci, proprio su questo ultimo punto: cioè che «la richiesta di uno statuto tipo, vigilato dai pubblici poteri, avrebbe potuto consentire gli abusi delle forze di governo. La tentazione di mettere fuori legge il Pci, in nome della sua dottrina rivoluzionaria ritenuta poco compatibile con la regola democratica, non era certo da sottovalutare».
E poi ci fu naturalmente un altro tentativo di scioglimento, quello del solo Msi. Lo ricorda Gennaro Malgieri, giornalista e autore di numerosi saggi storici sulla Destra italiana: «Era il 1972 e ci fu la richiesta di autorizzazione a procedere contro Giorgio Almirante del procuratore generale di Milano, Luigi Bianchi D’Espinosa, per ricostituzione del partito fascista. Almirante, lo si ricorderà, voto a favore, quindi per essere processato, proprio per porre la questione di principio. E ci fu, a sinistra, in quel periodo chi chiese lo scioglimento proprio per ragioni legate alla XII disposizione transitoria della Costituzione. Ma nessuno contestò, dal punto di vista giuridico, il diritto del Msi a considerarsi un autentico partito politico. Fu proprio il Msi che per anni chiese, in Parlamento, la piena attuazione dell’articolo 49 della Costituzione per riconoscere e determinare il ruolo dei partiti. Devo constatare che il Pd ora ha riesumato quella che fu una insistente e ripetuta richiesta del Msi per anni mai esaminata da nessuna commissione parlamentare... personalmente resto di un’opinione identica. Cioè che o si applica l’articolo 46 della Costituzione o è meglio abolirlo».
Ma in quanto alla Storia, stavolta quella più recente, c’è chi ripensa al 1977 e al Pci di quegli anni. Si tratta di Luciano Lanna, anche lui giornalista e saggista della destra («Fascisti immaginari», scritto con Filippo Rossi): «Recentemente mi è capitato di ristudiare i rapporti, nel famoso 1977, tra il Pci e l’area movimentista alla propria sinistra. Erano i tempi dell’accordo con la Dc. E il Pci prese a demonizzare e a condannare tutto ciò che era al suo esterno e lo circondava: dagli Indiani Metropolitani a tutto il resto. Finì che il Pci disperse un potenziale enorme per accordi di potere con la Dc. Cedendo consensi al Psi, all’Autonomia operaia, addirittura alla destra. Oggi si riproduce lo stesso fenomeno col Pd nel nome dell’accordo sul governo Letta. Un grande soggetto politico come il Pd dovrebbe trasformare le istanze movimentiste in un’energia da condurre al governo, interpretandole e disinnescandole nel loro potenziale di pericolo. Invece avviene il contrario. La storica cecità della sinistra italiana si perpetua anche col Movimento 5 Stelle, come vediamo...»
Paolo Conti