varie, 22 maggio 2013
TASSE PER IL FOGLIO DEI FOGLI
(in lavorazione) -
«Pd, Pdl e Scelta civica non hanno sottoscritto alcun accordo, patto o programma sulle cose da fare, contrariamente a quanto si poteva sperare. Avrei preferito un governo che avesse chiesto la fiducia dicendo chiaramente che cosa intendeva fare in materia di tasse, quali fossero le sue priorità, e se intendeva oppure no restituire l’Imu versata nel 2012. E lo avrei preferito per una ragione semplicissima: l’incertezza danneggia l’economia» (Luca Ricolfi). [Luca Ricolfi, La Stampa 5/5].
«La prima domanda che il governo e il Parlamento devono onestamente porsi è se intendono rispettare l’impegno ad azzerare il deficit pubblico strutturale entro la fine del 2013, come a suo tempo concordato con la Banca Centrale Europea dal governo Berlusconi nell’agosto 2011 e accettato, nel novembre dello stesso anno, dal governo Monti; oppure se intendono mettere in dubbio questo limite gravoso nei prossimi consigli europei, in una partita che non si gioca tanto a Roma quanto in Europa» (Mario Deaglio). [Mario Deaglio, La Stampa 7/5]
«Tutti i tributi in un modo o nell’altro distorcono il funzionamento dell’economia, ma alcuni di più, altri meno; l’Imu meno. L’imposizione sugli immobili in Italia resta ancora inferiore a tutti gli altri grandi Paesi, salvo la Germania. Un’abolizione totale dell’Imu sulla prima casa concentrerebbe il 40% del vantaggio sul 30% più ricco dei contribuenti. Un terzo del gettito Imu sulla prima casa proviene da sole quattro grandi città: Roma, Genova, Torino e Napoli. D’altra parte circa mille Comuni sono riusciti ad azzerarla. Perché non lasciare ai sindaci la scelta?» (Stefano Lepri). [Stefano Lepri, La Stampa 8/5]
«Mi sembra che i difensori dell’Imu abbiano sottovalutato l’ampiezza di tre effetti che il passaggio dall’Ici all’Imu ha comportato: la perdita di posti di lavoro in edilizia, la riduzione della ricchezza patrimoniale degli italiani, il calo della domanda di consumi conseguente a tale riduzione (il livello dei consumi non dipende solo dal reddito, ma anche dal patrimonio). Dopo un anno di cura-Monti, propendo a pensare che, almeno per un paese come l’Italia, molto dipendente dall’edilizia e pieno di proprietari di casa, la posizione drammatizzante sugli effetti dell’Imu fosse più ragionevole della mia posizione tranquillizzante» (Luca Ricolfi). [Luca Ricolfi, La Stampa 5/5].
«L’Imu è un’imposta che colpisce un settore, quello edilizio-immobiliare, mal governato, spesso gonfiato dalla speculazione e distorto dalla corruzione: perciò un settore fragile anche quando prospera, facile a deprimersi per un subitaneo mutamento del trattamento fiscale. L’idea di sospendere la rata di giugno è dunque buona per poter riflettere, studiare e deliberare bene; ma accanto alla riforma dell’Imu, ci vuole almeno l’impostazione di una politica industriale dell’edilizia, che sia di riferimento per i progetti degli operatori del settore e degli investimenti immobiliari ma che garantisca anche la difesa dell’integrità del territorio» (Franco Bruni). [Franco Bruni, La Stampa 6/5]
«Se il problema è quello di far ripartire la crescita, allora dovremmo avere il coraggio – in materia di Imu – di dare priorità assoluta all’alleggerimento delle aliquote sui fabbricati connessi alla produzione: stabilimenti, capannoni, terreni agricoli. Dimezzare l’imposizione su questo genere di beni costerebbe più o meno come abolire l’Imu sulla prima casa ma, verosimilmente, avrebbe un effetto sulla crescita più significativo» (Luca Ricolfi). [Luca Ricolfi, La Stampa 17/5]
«Si dovrebbe parlare piuttosto di come sarà finanziato il taglio dell’Imu. Ad oggi, i partiti sembrano determinati a pareggiare la perdita di gettito alzando le tasse sul gioco d’azzardo (senza contemplare l’ipotesi che i giocatori reagiscano giocando di meno, o giocando di frodo). Alcuni hanno sostenuto invece che i soldi dovrebbero arrivarci “dall’Europa” (come, non è chiaro). Nessuno ricorda che, al di là dei vincoli europei, dal gennaio 2014 entra in vigore il nuovo articolo 81 della Costituzione, che dovrebbe indurci all’equilibrio fra entrate ed uscite» (Alberto Mingardi). [Alberto Mingardi, La Stampa 9/5]
«L’Imu è un falso problema: il vero problema è il recupero a tassazione di redditi e di capitali che oggi vi sfuggono. Occorre impostare un sistema fiscale che stimoli la crescita invece di penalizzarla. Parallelamente al sistema fiscale va riprogettata l’intera struttura dell’amministrazione pubblica, dalla quale è legittimo richiedere prestazioni più efficienti. Se non si predispone un sistema in grado riportare alla luce redditi e capitali, i possibili miglioramenti fiscali non potranno mai considerarsi risolutivi e non contribuiranno molto alla crescita del Paese» (Mario Deaglio). [Mario Deaglio, La Stampa 7/5]
«L’articolo 1 della Costituzione italiana recita che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro. Eppure chi è colpito maggiormente è proprio chi dipende dal posto di lavoro per la propria sussistenza e che, anche se ha un reddito davvero molto basso, paga imposte in base ad una ritenuta alla fonte. Un contesto come questo, dove gran parte dell’eccesso di diseguaglianza dipende solo dalla rendita, dovrebbe essere attentamente considerato nell’ottica di una revisione del sistema fiscale, per spostare quanto più possibile la tassazione dal lavoro e dalle imprese alla rendita» (Luca Antonini). [Luca Antonini, La Stampa 13/5].
Confindustria ha elaborato sue proposte nel “Progetto per l’Italia”. 1. Una riduzione Irap, aumentando le deduzioni che spettano per ogni dipendente assunto, fino a eliminare completamente il costo del lavoro dalla base imponibile Irap. Questo consentirebbe di dare una spinta competitiva alle imprese italiane, e al tempo stesso di sostenere l’occupazione. 2. Una riduzione Irpef, rafforzando la detassazione del salario di produttività e rendendola strutturale, e ridisegnando il prelievo Irpef sui redditi più bassi da lavoro dipendente, così da favorire occupazione e produttività, aumentando il reddito disponibile dei lavoratori con effetti positivi su domanda e consumi» (Andrea Bolla). [Andrea Bolla, La Stampa 14/5]
«Cerchiamo di intervenire dove lo svantaggio rispetto agli altri Paesi è più marcato: i redditi da lavoro dipendente più bassi, le imprese. Qui si viene al problema ben posto da Mario Deaglio: occorre riportare alla luce i redditi evasi. Basterebbe attingere al rapporto del Gruppo di lavoro presieduto nel 2011 da Enrico Giovannini, ora entrato a far parte del governo. Ma è possibile?» (Stefano Lepri). [Stefano Lepri, La Stampa 8/5]
Se infine, come si sente spesso affermare, il problema numero uno è l’occupazione, è possibile che le tasse su cui agire prioritariamente siano altre ancora. Alcune, come l’Ires, non si possono nemmeno nominare, perché sanno di aiuto ai «padroni», ancor oggi da molti percepiti più come sfruttatori che come creatori di posti di lavoro. (Luca Ricolfi). [Luca Ricolfi, La Stampa 17/5]
«Colpisce l’enfasi dei media sull’Iva, e la contemporanea modesta attenzione dell’opinione pubblica al Ttr (Total tax rate), ossia all’imposizione complessiva sul profitto commerciale, che in nessuno dei 34 paesi Ocse raggiunge il livello stratosferico che ha in Italia (68,3%). Eppure, a pressione fiscale costante, un aumento dell’Iva compensato da una riduzione equivalente del Ttr avrebbe effetti positivi su crescita, occupazione e bilancia dei pagamenti (l’Iva grava sulle importazioni, ma non sulle esportazioni)». (Luca Ricolfi). [Luca Ricolfi, La Stampa 5/5].
«Anche se contabilmente l’Iva finisce sui prezzi al consumo, in un periodo di bassa domanda ha meno probabilità di avere effetti inflattivi a carico della larga massa dei consumatori finali, mentre potrebbe incidere su uno o più degli anelli, a volte superflui, della catena distributiva. Ridurre i costi dei produttori con fondi provenienti dall’imposizione indiretta sui consumi, dalla quale sono esenti le esportazioni, ha un nome anche nei libri di testo: si chiama svalutazione interna e favorisce la bilancia dei pagamenti». (Franco Bruni). [Franco Bruni, La Stampa 6/5]
«E poi, provate a toccare pensioni d’oro e costi della politica (si potrebbero risparmiare 3-4 miliardi di euro). Provate a combattere davvero le false pensioni di invalidità (8-10 miliardi di euro). Provate a portare l’Iva al 25% (come i lodatissimi Paesi scandinavi). Provate a cancellare sussidi e agevolazioni a imprese e settori. E vi accorgerete che la forza dell’esistente è enorme, mentre quella del cambiamento è molto modesta» (Luca Ricolfi). [Luca Ricolfi, La Stampa 17/5].