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 2013  maggio 22 Mercoledì calendario

QUELLO SCANDALO DELLA PAGHETTA AL QUARANTENNE

Secondo i dati Istat, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero quello nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni, è del 38-40%. Ora, a questo dato, già di per sé pesante da digerire, dobbiamo aggiungerne un altro. Secondo l’analisi Coldiretti/Swg più di un quarantenne su quattro si mantiene grazie alla “paghetta” dei genitori. È un fenomeno accentuato dalla crisi. Ed è una ragione in più per cercare al più presto rimedi efficaci, per non vedere questi numeri aumentare drammaticamente. Un quarantenne mantenuto dai genitori deve essere un triste accidente ma non una vocazione. Mi è capitato di conoscere rappresentanti di questa categoria e in loro è evidente sia la rassegnazione sia la pigrizia. Una parte di questo umore cupo è fisiologico, una conseguenza delle difficoltà economiche. Vivere in città costa. Gli affitti sono alti e spesso i contratti a tempo determinato, con tutto il cotè di ansie e preoccupazioni che producono, non riescono a garantire una minima fiducia nel futuro. Dunque quasi una scelta obbligata: perché affittare una casa, magari malmessa, piccola e in periferia, se si ha la sensazione di non riuscire a pagarla? Meglio tenersi stretta la vecchia stanzetta di un tempo. Con i soldi risparmiati si va in vacanza, a mangiare una pizza, ci si pagano gli sfizi. Se la contingenza economica giustifica questo aspetto, si deve tuttavia ammettere che rischiare di vivere con i genitori a 40 anni è davvero anomalo e insomma in alcuni casi è chiaro: si rischia di cedere alla pigrizia culturale. È vero che la famiglia svolge funzioni di welfare (e per fortuna) però, appunto, dovrebbe costituire una fase transitoria, perché a forza di insistere su quest’aspetto, finisce che il quarantenne si comporta da quindicenne. Ne acquista le abitudini. Consegna i vestiti sporchi alla mamma, mangia al desco familiare, porta l’eterna fidanzata sul divano di casa. Insomma se il peso di alcune responsabilità gravano sempre sulle spalle dei genitori, se all’innovazione e alla ricerca (due qualità giovanili) si preferisce l’abitudine e la tradizione familiare, si comincia a guardare il mondo con occhi stanchi e con animo appagato.
Poi con questo modus vivendi finisce che i disoccupati aumentano. Senza contare che il welfare familiare si basa su fortunati ma costosi privilegi del passato. Le famiglie che verranno non potranno svolgere la funzione di stato sociale. La crisi è soprattutto un fattore culturale e il clima culturale del nostro Paese è stanco. Ad accentuare questa sensazione, non c’è dubbio, ci sono anche alcune abitudini, diciamo così, da quarantenni rassegnati. Se siamo pigri, se amiamo le belle parole (ma vuote) e se siamo poco propensi a prenderci delle responsabilità, insomma, se cediamo su questi punti non sarà perché abbiamo sempre qualcuno che ci protegge? Senza considerare che a questi dati bisogna aggiungerne ancora un altro: quello demografico. Fra pochi anni, l’età media degli italiani sarà di 48 anni. Giusto per fornire un metro di confronto, gli indiani si attesteranno sui 22 anni. Già a 48 anni si pecca di nostalgia e si tende a tirare i remi in barca; se poi ci abituiamo troppo alla paghetta, allora rischiamo davvero di invecchiare precocemente, tipi da divano di famiglia, senza voglia di innovare e migliorare (metaforicamente parlando) la propria casa. E quindi la propria vita.