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 2013  maggio 21 Martedì calendario

SENZA LA COMMISSIONE EUROPA MENO DEMOCRATICA

Mi spiace notare che alla domanda del Signor Paoletti non sia stata data risposta. Infatti, dopo un interessante riassunto sulle tappe della democrazia italiana dal 1848 in avanti, che occupa peraltro più di tre quarti dello scritto, si parla di supervisione della Commissione di Bruxelles come regola. Ma la domanda, inevasa, chiedeva proprio se la Commissione, ed altri organi europei, si possano definire democraticamente eletti.
Francesco Salmazo
francesco.salmazo@gmail.com
Caro Salmazo, la Commissione di Bruxelles nacque da una proposta di Jean Monnet, l’uomo che maggiormente contribuì a disegnare l’architettura delle istituzioni supernazionali europee sin dalla creazione della Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio). In La democrazia in Europa, un libro di Sylvie Goulard (deputata europea) e Mario Monti, apparso qualche mese fa presso Rizzoli, gli autori ricordano che la Commissione, in un sistema destinato a diventare progressivamente federale, avrebbe avuto una missione fondamentale: quella di proteggere i piccoli Paesi dall’eccessivo potere delle grandi potenze. Il suo presidente sarebbe stato nominato dai governi, ma la sua funzione, in mancanza di un corpo elettorale europeo, sarebbe stata quella di garantire che i Patti sottoscritti dai membri venissero applicati a tutti con lo stesso rigore. È un organo tecnocratico, dotato di una forte autonomia, perché soltanto così ha l’autorità necessaria per esercitare imparzialmente il suo compito.
Tutti i progressi della Comunità e, più tardi, dell’Ue sono stati concordati nel corso di Conferenze intergovernative e i trattati sono stati ratificati dai Parlamenti, talora dopo un referendum popolare. Ma la Commissione ha conservato l’iniziativa legislativa, vale a dire il diritto di proporre le leggi, e quello di trasformare le decisioni prese in altrettante direttive. Oggi, dopo l’adozione del Patto di stabilità, ha anche il compito di vigilare sui conti pubblici dei Paesi soggetti a una procedura d’infrazione. Toccherà alla Commissione, quindi, certificare, il 29 maggio, che l’Italia, grazie alle misure adottate negli ultimi sedici mesi, non è più un «sorvegliato speciale».
Nell’ultimo decennio i poteri della Commissione sono stati progressivamente ridotti dall’aumento di quelli del Parlamento di Strasburgo: una tendenza positiva di cui dovremmo rallegrarci. Ma la sua autorità è stata intaccata anche dalla pretesa dei governi nazionali di adattare gli accordi alle loro particolari esigenze. È accaduto dieci anni fa, per esempio, quando Francia e Germania presentarono bilanci in cui il deficit superava la soglia del 3%, ma riuscirono a evitare le multe previste dai Trattati. Se il concetto di democrazia contiene in sé quello di eguaglianza e di parità dei diritti e dei doveri, a me sembra che la Commissione garantisca, meglio di altre istituzioni, un’Europa degli eguali.
Sergio Romano