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 2013  maggio 18 Sabato calendario

IL MIRACOLO DELLA MUSICA DIVINA NEL CENTRO DI NEW YORK

Abito al 31esimo piano. Quando il tempo è brutto e il cielo sopra Manhattan è coperto, a volte non vedo la città là sotto. Le nuvole s’incollano alle finestre, l’isolamento apparente potrebbe essere quello di un rifugio alpino, spifferi di venti s’infilano negli infissi. Detto così, uno s’immagina che una volta tornato a casa io abbia il privilegio della quiete. Neanche per idea. Anche lassù giunge una sorta di rombo sommesso, il brontolio costante della città, spezzato dall’immancabile sirena dell’ambulanza e dei pompieri, acuti perforanti che schizzano verso la stratosfera. Notte e giorno, traffico e cantieri fabbricano un rumore unico al mondo, la colonna sonora della metropoli che non dorme mai. I primi tempi mi svegliavo di soprassalto, in piena notte, col sospetto di aver lasciato acceso il televisore o il vecchio condizionatore d’aria, o che il frigo si fosse rotto e macinasse ghiaccio all’impazzata. Macché. Era la voce di New York, i suoi bassi amplificati a centomila megawatt, una vibrazione che ti entra nelle viscere, ti circonda, ti sommerge.
Eppure il silenzio esiste, quello vero, anche nel cuore di Manhattan. Io lo trovo ogni domenica sera. Su Central Park West all’incrocio con la 65esima Strada. Là c’è una chiesetta evangelica luterana, The Holy Trinity. Anche quando l’uragano Sandy fece scattare il coprifuoco e ai newyorchesi fu ordinato di chiudersi in casa, la domenica alle 17 il programma della Holy Trinity rimase invariato: i Vespri di Johann Sebastian Bach. Per un miracolo dell’acustica, quando si chiudono i portoni grandi della Holy Trinity, la chiesa piomba in un silenzio assoluto. Manhattan scompare all’istante, il suo ruggito di fondo tace, si ritira rispettosamente fuori da quelle mura.
La Holy Trinity conosce un solo tipo di musica, l’organo. Vanta il possesso di un organo identico a quelli che venivano costruiti in Germania dal Cinquecento al Settecento, e che usò Bach. Per costruire l’Opus 16 della Holy Trinity hanno lavorato otto artigiani di Tulsa, Oklahoma, dopo aver passato anni a esplorare le chiese gotiche dell’Olanda, della Germania e dell’Austria. A suonare l’Opus 16 si alternano cultori di Bach come William Porter che per trent’anni insegnò organo e clavicembalo in Italia, Svizzera, Germania e Svezia. È un pezzo di Europa nordica, quello che si ricostituisce magicamente quando si chiudono i portoni della Holy Trinity e le canne dell’organo iniziano a soffiare. Appare tra quelle mura una New York molto antica, quasi il fantasma di ciò che fu all’epoca dei primi coloni, che erano olandesi e la chiamarono Nuova Amsterdam. Gli evangelici luterani sono i primi ceppi del protestantesimo, venuti qui dai Paesi Bassi, dall’Inghilterra e dalla Scozia. Un’America molto bianca, molto puritana, nel bene e nel male: con la sua etica weberiana del lavoro, il rispetto maniacale delle regole, lo spirito civico, il dovere di redistribuire la propria fortuna a beneficio della comunità e dei più deboli. Una religiosità intima, discreta, pudica, coltivata leggendo la Bibbia in casa, in un rapporto a tu per tu con l’Autore. Li riconosci, i discendenti di quel ceppo, gente alta e magra, dalle rughe nobili, il portamento austero, gli occhi azzurri quasi trasparenti. Bach oggi attira un pubblico più variegato, insieme a un ateo come me alla Holy Trinity si incontra qualche afroamericano, qualche asiatico. Siamo frammenti penetrati dal mondo esterno, dalla nuova Manhattan cosmopolita e multietnica, decadente e post-moderna. Ma una volta in mezzo a quella navata, quando ci sorprende la magia del silenzio assoluto, e nell’attesa che il soffio potente dell’organo ci avvolga, tutti c’inchiniamo al fascino di un mondo antico e solenne, che mette soggezione.
Il regista Gabriele Lavia mi ha proposto di venire a discutere con il cardinale Ravasi sul tema del misticismo, al teatro Argentina di Roma. Non avrei mai accettato, per palese inadeguatezza, se non avessi scoperto ciò che Bach è capace di fare all’animo degli uomini, nel cuore di Manhattan, dopo aver generato attorno a sè il silenzio assoluto.