Giovanni N. Ciullo, D Repubblica 18/5/2013, 18 maggio 2013
VENDESI ISOLA GRECA
Dimenticatevi i naufraghi romantici alla Robinson Crusoe, perché sulle isole (più o meno deserte) di cui parliamo, al limite rischiereste di imbattervi in uno dei 24 figli dell’emiro del Qatar Bin Khalifa al-Thani. O nell’ereditiera di un oligarca milionario come la russa Ekaterina Rybolovleva. Oppure in una celebrity a caccia di pace, un principe in cerca di privacy, un Ceo che prova a capitalizzare una liquidazione a molti zeri.
Investimento è la parola chiave. Crisi è la premessa. Le isole greche il business. Un “Paese in svendita” potrebbe essere invece il titolo a effetto, volendo dar credito alle voci, diventate in alcuni casi già certezze, sulla dismissione delle perle - dallo Ionio all’Egeo - per risanare il debito pubblico ellenico insostenibile (in uno Stato che ha chiuso il 2012 con una contrazione del Pil del -6,4% e che è entrato ufficialmente nel suo sesto anno consecutivo di recessione).
«Cari greci, se non ce la fate vendeteci le vostre isole», aveva suggerito già più di due anni fa il liberale tedesco Frank Schäffler. Seguito dal deputato della Cdu (il partito della Cancelliera Merkel, per capirci) Marco Wanderwitz: “Unione Europea e Germania aiutano finanziariamente la Grecia? Allora Atene ci dia in cambio solide garanzie. Qualcuna delle sue isole, per esempio». Falchi (avvoltoi per qualcuno) che svolazzano su un Paese in difficoltà. «Non siamo in vendita e mi dispiace per coloro che alimentano questa guerra», dice Katerina Giannaki, membro del Consiglio dei Greci nel mondo. «Nei momenti più difficili noi greci non abbiamo mai umiliato nessuno, ci serve un aiuto non una svendita. Dovremmo forse chiedere alla Germania un risarcimento per i danni della seconda guerra mondiale?».
Polemiche geopolitiche a parte, di che numeri stiamo parlando? Ufficialmente le isole greche sono tremila, quelle abitate neanche 200, molti gli isolotti e gli scogli (magnifici ma inospitali) per una superficie totale pari a quella della Sicilia. Il Governo Samaras, attraverso Andreas Taprantzis (direttore dell’Ente Ellenico per la privatizzazione) già nel settembre scorso aveva stilato una prima lista di 40 isole medie e piccole, da concedere in affitto per un periodo fra i 30 e i 50 anni.
Fin qui lo Stato. Poi però ci sono i privati. E il discorso cambia, come cambiano i numeri. Perché molte “dinastie” greche hanno in effetti deciso di mettere in vendita i propri gioielli di famiglia a Paperon de’ Paperoni arabi, russi, cinesi. In attesa di liquidare Modi (dalle parti di Corinto), Tokmakia (a largo di Lesbo), Nafsika o Kardiotissa, ecco gli affari già conclusi. Sarebbero 153 i milioni di dollari su cui Athina Onassis e Ekaterina Rybolovleva si sarebbero strette reciprocamente la mano, siglando il passaggio della mitica Skorpios dalla nipote di Aristotele Onassis (che l’aveva comprata per 15mila dollari nel 1962 e che sull’isola sposò nel 1968 Jackie Kennedy) alla cavallerizza russa figlia di un semisconosciuto oligarca. Per molto meno invece l’emiro del Qatar avrebbe comprato prima Oxia (500 ettari) dagli Stamoulis e poi altre cinque o sei isolette satelliti dai Grivas («Felicissimi di essercene liberati: non ce la facevamo più a pagare le tasse», avrebbe detto il capofamiglia Denis). Tutto per 8,5 milioni di euro. «Il vero ricco oggi è quello che alla domanda: “Quant’è grande la tua isola” può rispondere: “Io ho un arcipelago», svela fra il serio e il faceto Chris Krolow, fondatore di Private Islands, società e portale web specializzato in compravendite di isole in giro per il mondo. E l’arcipelago appena comprato dall’emiro in Grecia potrebbe rappresentare un modello di business per il futuro, visto che oltre a ospitare la sua numerosa famiglia prevede anche superdimore e residenze private destinate a clienti eccellenti (i boatos ellenici dicono che Madonna, Nicole Kidman e il principe Carlo d’Inghilterra siano stati i primi a mettere un’opzione). Nel frattempo Roman Abramovich, in attesa della sua isola, avrebbe già comprato vari ettari di terreno a Corfù. E mentre persino a Rodi e Mykonos alcuni grossi lotti sarebbero pronti a passare di mano, per chi non può ambire a un’isola è boom anche di case-vacanza, multiproprietà o villette nella Grecia in crisi (ma da affari immobiliari).
Ma davvero si tratta di un mercato vivace anche in tempi di recessione? Lo abbiamo chiesto al leader mondiale del settore, il broker tedesco-canadese Farhad Vladi (non per niente conosciuto come l’“uomo delle isole”). Mister Vladi inventò da zero questo business quasi 40 anni fa, vendendo Arros - nell’Oceano Indiano - alla famiglia Bettencourt (quelli de L’Oréal). Oggi la sua Vladi Private Islands ha in catalogo centinaia di offerte, con prezzi che vanno da 20mila a svariati milioni di euro. «Io divido le isole in due categorie: quelle di “alta qualità” e le “avventurose”. Le prime sono sempre vendibili, i clienti non mancano mai e non sentono alcuna turbolenza del mercato. Le seconde, difficili in quanto prive di infrastrutture, lontane dalla terraferma o da un ospedale, con vincoli nell’edificabilità, sentono invece la crisi». Certo, l’evoluzione delle case prefabbricate e lo sviluppo dell’energia solare (come lo sfruttamento eolico) hanno risolto problemi di «isolamento» che fino a 20 anni parevano insuperabili.
«Attenzione però: oggi si possono fare grandi affari, ma anche letteralmente naufragare in investimenti disastrosi», avverte Farhad Vladi. E la situazione ellenica com’è? «Le isole greche sono quasi tutte di qualità. Ma c’è un “ma”: la burocrazia. Sa quanti permessi bisogna ottenere per comprarne una? Ben 32. Uno per ogni ministero: dell’agricoltura, del commercio, delle foreste, ecc. Un incubo che solo alcuni greci milionari emigrati riescono a superare. O magari un emiro, grazie a qualche percorso privilegiato». Cosa consiglia allora ai suoi clienti? «Wait and see: aspettiamo e vediamo che succede. Nel frattempo però il desiderio di avere la propria isola può essere soddisfatto prendendola in affitto. In Grecia o altrove ci sono sogni-chiavi-in-mano a partire da 3mila euro al giorno. Perché aspettare di comprare la propria Itaca?».