Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 18 Sabato calendario

DALLA CINA ALLA LUNA

Recentemente mi sono regalata un iPhone, ma quando sono tornata a casa i bambini mi hanno sgridata: c’era proprio bisogno di comprare un gadget così costoso? I miei figli mi aiutano a stare con i piedi per terra, dice Zhang Xin, imprenditrice cinese, sette volte più ricca della regina Elisabetta e secondo una classifica di Forbes tra le prime 10 miliardarie selfmade. Se l’episodio è vero, è un caso più unico che raro di understatement. In un paese dove la ricchezza è un fenomeno relativamente recente, le persone sono ben felici di mostrare quello che hanno. Come diceva Deng Xiaoping: arricchirsi è glorioso.
Ma la signora Zhang Xin, 48 anni, appartiene a quella élite di “tartarughe di ritorno” che ha studiato all’estero, e può permettersi di passare lunghi periodi a New York, dove, tra varie proprietà, ha un lussuosissimo appartamento vicino a Central Park. In un Paese in cui le donne occupano posti di secondo piano, Xin è considerata una sorta di Sheryl Sandberg cinese. Prolifica blogger su Weibo, il Twitter cinese, è coinvolta in una trattativa per comprare il 40 percento di uno dei gioielli della corona di Manhattan: lo storico palazzo della General Motors, 50 piani, valore 3,4 miliardi di dollari, il più costoso degli Stati Uniti. Lei però fa la modesta. «La mia è solo un’incredibile storia della Cina moderna, ho semplicemente iniziato a lavorare in un momento storico unico».
Nata a Pechino nel 1965, giusto qualche anno prima della Rivoluzione Culturale, condivide il passato poverissimo della maggioranza della popolazione. «Vengo da un ambiente dove non c’erano né soldi, né amicizie o contatti importanti”, racconta. Nell’80, quando Deng Xiaoping decise di riaprire l’economia nazionale al resto del mondo, la vita di Zhang Xin prende una strada diversa: la mamma si trasferisce a Hong Kong, lei ha 14 anni, inizia a studiare inglese e lavora in una fabbrica fino a risparmiare abbastanza soldi per trasferirsi in Inghilterra. Lì si laurea in Economia alla University of Sussex, ci aggiunge un master a Cambridge e rientra a Hong Kong con un lavoro per una banca di investimenti legata alla Goldman Sachs. L’inizio della sua ascesa personale e professionale coincide poi con la scelta di rientrare in Cina, nel ’94, quando la politica di Deng Xiaoping si allontana dal marxismo ortodosso, sdoganando l’aspirazione al successo economico. Conosce Pan Shiyi, che dopo quattro giorni le chiede di sposarlo, e lei accetta. Da quel momento nasce un’unione molto solida, che si concretizza con la nascita di due pargoli e la creazione di SOHO China, società immobiliare ed edile che in diciotto anni ha letteralmente trasformato la skyline di Pechino e Shanghai con la costruzione di alcuni tra i palazzi più innovativi, premiati e discussi della capitale. «Bastava avere idee e metterle in pratica, tutto sembrava possibile, perché non c’era niente”, dice.
In un ambiente così possibilista e creativo, la signora Zhang, pur non vantando nel curriculum nessuna formazione come architetto o interior designer, è arrivata nel 2002 a vincere un premio alla Biennale di Venezia con il progetto “Commune by the Great Wall”, un concept hotel di lusso formato da 42 ville disegnate da dodici architetti asiatici. Se ha un merito, è quello di aver portato un po’ di colore nella incolore Pechino: «Nel 1996, quando dovevamo costruire la New Town, mi sono guardata in giro e ho realizzato che la città era completamente grigia. Così ho preso la decisione di usare tinte forti. La mia idea è sempre stata quella di costruire palazzi che contribuiscano a rendere una città più interessante. I nostri clienti sono persone che vogliono comprare una casa, un ufficio, un negozio, obiettivo che alla SOHO abbiamo ben chiaro, però abbiamo sempre deciso anche di osare, per creare qualcosa che abbia una sua identità culturale. La stessa Muraglia Cinese, costruita come mezzo di difesa, è diventata un simbolo della nostra storia, della nostra cultura». Paragone altisonante ma pertinente, visto che uno dei loro progetti più noti, la Galaxy Soho, 47mila metri quadrati affidati all’architetto anglo-irachena Zaha Hadid, si inspira proprio alla Muraglia. La signora Zhang comunque si è guadagnata la nomea di designer più innovativa della Cina introducendo il concetto di “small office-home office”, piccoli appartamenti dal lusso raffinato e minimal, con funzione mista casa/ufficio. L’idea è piaciuta molto ai nuovi ricchi, e le abitazioni “conchiglia” di Sanlitun SOHO e Shangdu firmate dai coniugi Zhang/ Pan sono andate a ruba, diventando uno status symbol come il Rolex, la Ferrari, lo yacht.
Il crescendo ha visto il suo apice nel 2008, anno olimpico a Pechino, quando, impersonando un lifestyle cui molti aspiravano, Zhang Xin e Pan Shiyi diventano la coppia più hit della capitale, famosa per le feste stravaganti frequentate da celebrities come Rupert Murdoch e moglie. Il talento di Zhang per la socialità si riflette sul business: lo dimostra il blog su Weibo, che aggiorna regolarmente dall’iPad. «All’inizio scrivevo solo di design, volevo iniziare con qualcosa che conoscevo. Poi ho capito che gli utenti (si parla di 60/80 milioni di persone e 5 milioni di followers) sono diversissimi, e ho allargato i miei post a famiglia, spiritualità, iniziative benefiche, problemi della città».
Membro del World Economic Forum di Davos, Zhang, pur definendosi apolitica, scrive di riforme, della necessità di politiche ambientaliste e di spingere le donne ad acquisire posti di responsabilità. Poco prima dell’International Women’s Day, ha postato: «Se guardo allo status delle donne in Cina capisco che ci sono ancora pregiudizi a favore dei ragazzi nelle campagne, mentre le bambine sono spesso abbandonate. Abbiamo poche ministre, eppure le donne sono più brave a scuola e nei giochi olimpici, e ci sono sempre più donne imprenditrici». In un’intervista a una rete americana ha anche dichiarato che i cinesi hanno voglia non di cibo e case, ma di democrazia. E che la democrazia arriverà prima di vent’anni.
Al momento, l’imprenditrice è però anche impegnata a difendere la propria immagine e quella della sua società dal sospetto di essere coinvolta in riciclaggio di denaro sporco. Tra gli investitori e clienti della SOHO ci sarebbe tale Gong Aiai, pezzo grosso della Rural Commercial Bank, arrestato per affari illeciti lo scorso febbraio. Il link tra il finanziere e la SOHO China è ancora motivo di accesa discussione sul web. «Non abbiamo modo di sapere da dove viene il capitale dei nostri clienti, ma se il governo farà delle indagini noi ci metteremo a disposizione», si difende Zhang Xin su Weibo. Resta da vedere come uscirà da questo scandalo. In Cina c’è chi la ammira, chi la bolla come una furba opportunista e chi non l’ha mai sentita nominare. I rumors, comunque, sostengono che abbia già da tempo spostato all’estero gran parte del suo patrimonio, e che la stessa mossa dell’assalto al palazzo General Motors sia una sorta di neanche tanto velato avviso alla madrepatria: se mi rendete impossibile lavorare, ho già pronte le valigie.