Gianluca Calvosa, ItaliaOggi 21/5/2013, 21 maggio 2013
LE FORZE ARMATE USA PUNTANO SULLO SVILUPPO DI ENERGIE RINNOVABILI
Di Smart grid e rinnovabili in ambito militare si discute diffusamente da quando, nel 2010, il Dipartimento della difesa statunitense ha lanciato il programma «Net zero energy installation» (Nzei), ma solo oggi la Solar energy industries association (Seia), con un dettagliato rapporto dal titolo «Enlisting the Sun: Powering the Us Military with Solar Energy» («Arruolare il sole: alimentare l’esercito Usa con l’energia solare», ndr), ha quantificato gli effetti e le prospettive del massiccio programma di transizione alle rinnovabili messo in campo dal più grande consumatore di energia al mondo.
I conti del Pentagono.
Con una bolletta annuale di 20 miliardi di dollari (circa 15,5 miliardi di euro), il Pentagono è infatti il maggiore acquirente industriale di energia del pianeta. Ma la sua vulnerabilità nell’approvvigionamento energetico non risiede nell’entità del fabbisogno in sé, quanto nel fatto che, pur acquistando carburante a 26 centesimi di dollaro per litro, lo sforzo messo in campo per trasportarlo nelle oltre 500 installazioni militari in giro per il mondo impegna l’80% della logistica militare, facendo lievitare il costo di 400 volte fino a superare i 100 dollari. Casa Bianca rinnovabile. Utilizzando più rinnovabili, i vertici militari statunitensi non puntano però solo a risparmiare denaro, ma soprattutto a salvare vite umane. L’obiettivo è infatti limitare sensibilmente il numero dei convogli di carburante, e ridurre quindi gli attacchi che negli ultimi dieci anni hanno procurato oltre 3.300 vittime. Una su otto in Iraq.
Addio carburanti fossili. I carburanti fossili costituiscono quindi il principale fattore di vulnerabilità delle forze armate statunitensi. Da qui, l’obiettivo dell’Us Department of defence di soddisfare il 25% del proprio fabbisogno complessivo con fonti rinnovabili entro il 2025. Il che equivale a raggiungere all’incirca 3 GW di capacità produttiva da fotovoltaico, eolico, geotermico e biomasse. E a questo obiettivo sono indirizzati i piani aggressivi di investimento nella produzione da energie rinnovabili e nelle tecnologie a esse legate, come le batterie.
La nuova parola d’ordine della Difesa. La parola d’ordine della Defence logistic agency è «microgrid», le reti elettriche autosufficienti. Il Pentagono però non gestirà la produzione, ma comprerà energia verde per 7 miliardi di dollari da aziende private che realizzeranno a proprie spese gli impianti sui 6,5 milioni di ettari di terreni di proprietà militare allo scopo destinati. A questi investimenti vanno sommati quelli per le forniture dirette di tecnologie per rinnovabili e Smart grid destinate ai siti esteri e gli 1,5 miliardi destinati dal DoD per l’innovazione nelle rinnovabili. L’energia della sicurezza nazionale. Risulta evidente come il governo statunitense, facendo leva su un problema di sicurezza nazionale, stia utilizzando efficacemente la propria possente macchina militare come motore di sviluppo dell’industria domestica delle rinnovabili, riuscendo laddove non avevano avuto successo i 38 miliardi di dollari di stimolo iniettati al settore dell’energia da Obama con l’American Recovery and Reinvestment Act, e forzando di fatto la società americana a muoversi in direzione di un’economia più verde. E ora che le forze armate statunitensi hanno individuato nel petrolio il nuovo nemico, che piega prenderà la guerra in atto tra l’industria delle fonti energetiche fossili e quella delle rinnovabili?