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 2013  maggio 21 Martedì calendario

LE LEGGI DELLA FISICA CHE AIUTANO GLI ATLETI A CORRERE IN CURVA

Vi siete mai chiesti se sia meglio trovarsi in una corsia interna o esterna in gare di atletica come i 200 m, dove bisogna fare una curva a tutta velocità? Gli atleti hanno spiccate preferenze. I velocisti alti fanno più fatica a superare la curva stretta della corsia interna che quella più larga delle corsie esterne. La maggior parte degli atleti non gradisce la corsia esterna, perché da lì non si riesce a vedere nessuno (a meno che non si venga superati) per la prima metà della gara e non si può regolare il proprio ritmo in base a quello degli altri. La linea interna della corsia più interna è delimitata da un cordone di metallo cui si tende a non avvicinarsi quanto ci si avvicinerebbe alla semplice linea dipinta che segna l’interno delle altre corsie.
In genere, gli atleti che hanno dato i risultati migliori nel precedente turno sono collocati nelle due o tre corsie centrali, e questo fa pensare chiaramente che esse siano le più vantaggiose. Anche il fisico del velocista è uno dei fattori in gioco. Se si è alti e con gli arti lunghi, si farà più fatica nelle corsie interne e forse si dovrà diminuire la falcata o spostarsi verso il lato esterno della propria corsia per correre liberamente. Un elemento potenzialmente ancora più importante è il vento. Se soffia perpendicolarmente alla linea del traguardo, in faccia ai velocisti quando escono dalla curva, è meglio trovarsi nella corsia esterna, in maniera da sprintare ancora in curva senza dover correre controvento per troppo tempo, mentre a quelli che si trovano nella corsia interna toccherà appunto una lotta più lunga con il vento contrario.
Infine, è facile dimostrare che fa più fatica chi corre nelle corsie interne. Le due curve di una pista di atletica leggera sono semicircolari. Il raggio del cerchio descritto dalla linea interna della corsia interna è 36,5 metri e ciascuna corsia è larga 1,22 metri. Perciò il raggio del cerchio in cui si corre diventa più grande e la forza in più che si deve esercitare per coprire il percorso circolare diventa inferiore e di fatto si percorre anche una parte più piccola di cerchio. Se due velocisti identici, uno collocato nella corsia uno e l’altro nella corsia otto, esercitano la stessa forza nei primi 100 metri di una gara dei 200, il velocista della corsia uno raggiungerà una velocità inferiore circa del 10% a quella raggiunta nella corsia otto e il velocista della corsia otto impiegherà il 10% del tempo in meno. È un fattore molto rilevante, che vale un intero secondo in meno nella prima metà della gara se si corrono i 200 m in 20 secondi. Nella pratica, correre nelle corsie esterne non rappresenta un tale vantaggio sistematico e per sprintare in curva il velocista deve fornire solo una frazione dell’intera forza che gli serve a correre in cerchio. Se questo semplice modello fosse completo, tutti i duecentometristi farebbero i loro tempi migliori nella corsia esterna, mentre in pratica la maggior parte dei record viene stabilita nelle corsie tre e quattro. anche questo dato non è del tutto asettico, visto che ai campioni più veloci che si sono qualificati per le finali di importanti campionati sono assegnate di solito proprio quelle corsie. probabilmente, i vantaggi psicologici e tattici derivanti dal fatto di poter vedere i propri avversari e giudicare la propria velocità rispetto alla loro da una corsia interna tendono ad avere maggior valore del vantaggio meccanico di percorrere una curva più ampia. Un buon confronto finale atto a illustrare l’effetto della curva nelle gare dei 200 m è quello tra i record mondiali stabiliti su un rettilineo e quelli stabiliti in curva. Ormai le piste di 200 metri rettilinee sono molto rare. Ce n’era una al vecchio campo di atletica leggera dell’università di Oxford di Iffley Road (dove, nel 1954, Roger Bannister percorse per la prima volta un miglio in meno di quattro minuti): esisteva ancora quando mi iscrissi a quell’università nel 1974, ma quando mi laureai, nel 1977, ormai era stata eliminata. Quando, nel 1968, Tommie Smith stabilì il record mondiale di 19,83 secondi nei 200 m in curva e all’altitudine elevata delle olimpiadi di città del Messico, aveva già registrato, nel 1966, uno straordinario tempo di 19,5 secondi su pista di cenere rettilinea a San Jose. Quest’ultimo record fu battuto soltanto da Tyson Gay, che corse in 19,41 secondi ai Birmingham City Games del 2010, sotto gli occhi dell’allora sessantacinquenne Smith. il tempo più veloce di Gay in curva è 19,58 secondi.
Queste differenze nei tempi mostrano il notevole rallentamento che viene provocato dalla necessità di affrontare la curva. Si potrà anche avere la fortuna del vento favorevole per tutti i 200 metri in rettilineo, eppure i velocisti trovano strano correre per un tratto così lungo senza i punti di riferimento rappresentati dalla curva e da altri velocisti che facciano loro capire dove sono e come debbano distribuire il loro sforzo.

Anticipiamo parte di un capitolo del libro di 100 cose che non sapevi di non sapere sullo sport, in libreria da oggi per Mondadori.
©John Barrow 2012
©Arnoldo Mondadori Editore 2013
(traduzione di Laura Serra)