Danilo Taino, CorrierEconomia 20/05/2013, 20 maggio 2013
OLANDA. L’ECONOMIA PERDE LA CORONA - I
re e le regine olandesi non indossano la corona. È qualcosa che non va dimenticato, quando si pensa ai Paesi Bassi. Vero che la salita al trono di Willem-Alexander e della moglie Maxima, a fine aprile, è stata se non proprio una marcia trionfale almeno una grande festa popolare. Ma non va dimenticato che non si è trattato di un’incoronazione: in Olanda si chiama «inaugurazione».
Perché il Paese è orgoglioso e attaccato alla casa degli Orange, ma non per questo ha mai rinunciato al suo approccio anti-elitario agli affari pubblici, al suo spirito egualitario e calvinista. Le affettuosità riservate al nuovo re, anzi, sono state lette dai commentatori proprio come il segno di questo spirito anti-establishment che sembra essere ai suoi massimi: solo l’8% degli olandesi crede che i governanti agiscano in modo etico, percentuale che sale (si fa per dire) all’11 per il mondo del business.
Il disagio
È che gli olandesi sono molto a disagio di questi tempi. Uno dei Paesi considerati più stabili, al cuore dell’Europa, uno dei campioni delle politiche di stabilità finanziaria è in seria crisi. E reagisce mettendo in discussione molte delle politiche per le quali l’Olanda è stata ammirata, ma che la maggioranza dei cittadini lega allo spirito elitario delle classi dirigenti: gli aiuti ai Paesi poveri, i finanziamenti alla cultura, l’apertura all’immigrazione, la protezione dell’ambiente. La paura della globalizzazione, insomma, provoca reazioni contro l’establishment e allo stesso tempo — sostengono gli esperti — fa della casa degli Orange il maggiore simbolo di identità nazionale.
Le ragioni della crisi economica e sociale dell’Olanda sono numerose. Probabilmente, negli ultimi anni i governi hanno esagerato con un’austerità che non era necessaria in dosi da cavallo. Nei dieci anni precedenti la grande recessione del 2008, l’economia è cresciuta a un ritmo medio annuo del 2,6%. Poi, le cose sono cambiate e oggi il Prodotto interno lordo (Pil) è inferiore a quello del 2010. Il governo ha stretto la politica fiscale e sindacati e imprese hanno concordato di tenere fermi i salari in cambio di meno disoccupazione.
Anche grazie a un aumento dell’Iva nell’autunno scorso, che ha fatto crescere l’inflazione, tra il 2010 e oggi il potere di spesa degli olandesi — cioè il loro reddito mensile medio meno l’inflazione — è calato del 5%. E la disoccupazione è cresciuta comunque: in un anno dal 6 all’8,2%.
Meno austerità
La società di analisi Oxford Economics ha calcolato che il Misery Index olandese — la somma dei tassi d’inflazione e di disoccupazione — è oggi sopra al 9%, il massimo dal 1995. Il governo ha ora cancellato una serie di misure di austerità previste per quast’anno e il prossimo, per almeno 4 miliardi, e ha chiesto alla Commissione Ue di rientrare sotto il 3% del rapporto tra deficit pubblico e Pil un anno dopo rispetto agli impegni presi. La ripresa dovrebbe dunque arrivare verso la fine di quest’anno, anche se sarà molto lenta.
Ammesso che arrivi. Perché i grandi problemi dell’economia olandese sembrano strutturali più che congiunturali. Il Paese ha il debito delle famiglie più alto d’Europa, pari al 272% del suo Pil (a fine 2011), superiore addirittura a quello di Irlanda e Spagna che come l’Olanda hanno vissuto una bolla immobiliare. È che, anche grazie alla totale deducibilità fiscale dei mutui, la corsa alla proprietà della casa ha gonfiato il mercato: le banche hanno aiutato erogando mutui per valori in medi tra il 75 e l’80% del valore dell’immobile, ma qualche volta anche del 120%.
Ciò ha portato all’alto debito delle famiglie e a un’alta esposizione delle banche che le hanno finanziate: oggi il rapporto tra il bilancio delle banche e il Pil è superiore al 400%, contro una media dell’Eurozona sotto al 350. Situazione grave in sé ma ancora di più perché il settore bancario è concentrato in quattro grandi istituti di importanza sistemica (tre delle quali hanno già dovuto chiedere aiuti al governo a causa della loro cattiva esposizione). Se i tassi d’interesse dovessero salire all’improvviso, se la disoccupazione aumentasse, se le esportazioni rallentassero — prevede Oxford Economics — la situazione potrebbe sfuggire di mano, a cominciare dal settore bancario. Anche i migliori possono cadere.
Danilo Taino