Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 20 Lunedì calendario

BANCHE. L’ANNO E’ INIZIATO CON IL RITORNO ALL’UTILE

Esercizio di ottimismo. Nel trimestre che ha celebrato la crisi di Cipro e la lunga incapacità della politica italiana di darsi un governo — partendo dal sostanziale pareggio a tre uscito dalle urne il 25 febbraio — il sistema bancario ha fatto meglio delle previsioni, aprendo spazi a prospettive inattese. Alla presentazione dei risultati del primo trimestre 2013, a cui si arrivava con le pesanti negatività mandate in archivio nell’ultima frazione dello scorso anno, si sono registrati segnali di vita, ancora flebili ma già significativi, che possono essere prodromi del cambiamento di passo.
Lontani dal «rosso»
Andiamo con ordine. L’anno si è aperto con il ritorno all’utile di Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare, Ubi e Popolare di Milano. Mentre erano e si confermano in utile Bper, Carige, Credem e il Banco di Desio. Rimane in rosso, ma con un risultato sensibilmente migliore rispetto alle attese degli analisti, il Monte dei Paschi di Siena. Cos’è successo dunque? È improvvisamente scoppiata la primavera ed è ripartita l’economia? Né l’una, né l’altra, viste anche le recenti prolungate piogge, ma è certo che le pesanti purghe somministrate ad azionisti e dipendenti delle banche negli ultimi cinque anni, iniziano a cambiare la prospettiva delle aziende di credito. Va detto che, sull’ultima frazione del 2012, aveva pesato anche il risultato dell’attività di vigilanza della Banca d’Italia, improntata a criteri di cautela e di salvaguardia del patrimonio, per cui erano state spesate alcune poste particolarmente onerose, che avevano influito sul risultato.
Fuochi d’artificio
Intesa, sui conti di questa prima frazione d’anno, è addirittura riuscita a mettere da parte 20 miliardi di euro per affrontare le imprevedibili tempeste di un mare ancora difficile da navigare. L’importo è rilevante e l’accantonamento è stato pensato proprio per evitare crisi improvvise ma preoccupanti come la quasi dimenticata Cipro. Una specie di «assicurazione sulla vita», la garanzia di un pronto soccorso, che evidenzia da un lato la lungimiranza della gestione di Cà de Sass, dall’altro l’effettiva solidità del gruppo che, malgrado questo, ha chiuso con oltre 300 milioni di utile. Senza dimenticare che, se questa crisi allenterà il suo morso, la riserva verrà rilasciata a beneficio delle future trimestrali.
Bond non convertiti
Un’altra prova di forza è venuta dagli amministratori delegati di Ubi e del Banco Popolare. Victor Massiah (Ubi), si è espresso a favore del rimborso del prestito convertibile da 640 milioni di euro, entro il prossimo mese di luglio, senza ricorrere alla conversione in azioni. Un annuncio di cui ha immediatamente beneficiato il titolo della banca lombarda, che nei primi mesi dell’anno si è segnalata anche per due altre operazioni: è passata da una perdita di 140 milioni nel quarto trimestre dello scorso anno (97 milioni l’utile netto dell’intero 2012) a 26,5 milioni di utile nel primo trimestre 2013; e ha poi ha alleggerito la propria posizione sui titoli Intesa Sanpaolo, vendendo sul mercato 33,4 milioni di azioni di Cà de Sass (dopo i 72 milioni di azioni cedute lo scorso anno) e ricavandone una discreta plusvalenza. I titoli Intesa erano in carico a 1,118 euro, la cessione è riuscita a un prezzo medio di 1,4 euro, la plusvalenza è stata di circa 11,5 milioni.
Sullo stesso sentiero si è mosso anche Pier Francesco Saviotti, del Banco Popolare: il bond soft mandatory, con scadenza 2014, da 1 miliardo di euro, verrà rimborsato e non convertito. Anche in questo caso dell’annuncio hanno immediatamente beneficiato i soci, che vedono in prospettiva arrivare denari e non carta e il titolo in Borsa. In più, Saviotti ha evidenziato due aspetti importanti: da un lato la leggera diminuzione del flusso dei crediti problematici, dall’altro un timido ma concreto incremento della domanda di credito da parte della clientela.
Leggeri ottimismi
Ottimismo è una parola grossa, ma anche a Siena il peggio sembra alle spalle. Il trimestre è quello funestato dal suicidio del responsabile della comunicazione David Rossi, per cui le tensioni sono ancora vive e tangibili, ma aver ridotto di un terzo le perdite attese dagli analisti ha fatto sì che l’amministratore delegato Fabrizio Viola si sia potuto esprimere con fiducia nei confronti del futuro, forte anche di un margine di interesse in crescita del 37 per cento rispetto all’ultima frazione del 2012. Immediato il riflesso in Borsa: +9 per cento. Segnali importanti anche da Unicredit — che ha presentato i risultati con una settimana di anticipo sulle altre banche, con ricavi in crescita e rallentamento della crescita dei crediti deteriorati —: Piazza Cordusio ha annunciato una campagna di reclutamento per 500 giovani neolaureati e, con Intesa Sanpaolo, presenta un core tier 1 ratio superiore per entrambe all’11 per cento.
È finita la crisi? Prematuro. Serve ancora tempo. Nei bilanci delle banche mancano, ad esempio rispetto a un anno fa, 1.210 milioni di utili netti, mentre i crediti deteriorati netti continuano ad aumentare da 114,2 miliardi a 131,1 miliardi. Deve poi cambiare il modello di business, con una razionalizzazione dell’offerta che implica costi sociali: Intesa chiuderà 632 filiali in due anni, le altre seguono a ruota. Eppure, toccato il fondo, adesso sembra che le banche italiane, nel loro complesso, abbiano finito di scavare.
Stefano Righi