Giulio Giorello, la Lettura (Corriere della Sera) 19/05/2013, 19 maggio 2013
IL CASTORO NEL TUNNEL DEL FUTURO - «Sì
viaggiare, evitando le buche più dure», cantava Lucio Battisti: un prudente entusiasmo raccomandato persino dal filosofo Cartesio, che a suo tempo consigliava ai viaggiatori di rispettare usi e costumi locali; senza venir meno, però, alla propria indipendenza di pensiero. Si poteva viaggiare per interesse o per curiosità, per spirito di conquista o per salvare la vita e i beni. Ma erano viaggi anche le escursioni nei libri scritti da poeti, teologi e metafisici. E per il filosofo del Discorso sul metodo (1637) il viaggio più interessante era quello compiuto senza uscire dalle quattro mura della propria stanza, quando metteva su carta il mondo nuovo che scienza e tecnica avrebbero donato all’umanità. Una volta che il «giusto metodo» avesse affinato la coscienza in modo da produrre «una infinità di congegni», gli esseri umani avrebbero acquisito il controllo di fuoco, aria, acqua e terra, e si sarebbero trovate perfino «regole per la medicina più sicure di quelle avute finora», capaci di sconfiggere le più intrattabili malattie e lo stesso «indebolimento della vecchiaia».
Oggi sperimentiamo sulla nostra pelle il potere dei «congegni» che Cartesio aveva semplicemente sognato. Ci manca però, come mancava anche a lui, una macchina del tempo capace di trasferirci fisicamente nel futuro, per farci vedere con gli occhi del corpo le realizzazioni della mente umana.
Gli scienziati di oggi, comunque, sanno essere visionari almeno quanto il filosofo vissuto quasi quattro secoli fa. Sfruttando versioni della teoria della relatività prefigurano viaggi nel futuro effettuati utilizzando dei tunnel nello spazio-tempo (tecnicamente detti wormholes, alla lettera «buchi di tarlo»). In breve, si tratterebbe di costruire un congegno in cui dovrebbe calarsi il viaggiatore, che finirebbe con il provare l’esperienza di ritrovarsi in una società che per lui rappresenta quella del futuro, in quanto all’esterno della sua macchina il tempo sarebbe trascorso con ritmo più spedito che all’interno. Sarebbe altrettanto possibile congetturare dei viaggi nel passato. E come mai i visitatori che dall’avvenire tornano a curiosare nel mondo dei loro «antenati» non sono già qui? È un po’ quel che si chiedeva Enrico Fermi a proposito dell’assenza di extraterrestri supertecnologici venuti a rovistare nel nostro pianeta!
Albert Einstein, che detestava la sola idea di un viaggio nel tempo — mentre il suo grande amico, il logico Kurt Gödel lo stuzzicava su questo punto —, soleva concludere che Dio non avrebbe mai permesso un simile pasticcio... cosmologico.
Al di là delle intenzioni dell’Onnipotente, l’umana fantascienza è disposta a sorvolare sulle difficoltà logiche, fisiche o tecnologiche pur di spedire i suoi eroi a dare un’occhiata al futuro, facendoli diventare così i signori non solo della materia, ma anche di quella «cosa» impalpabile e sfuggente che è il tempo. Quando o se ritornano, costoro ci raccontano in realtà di meraviglie che sono fatte della stessa stoffa dei nostri sogni, si tratti di desideri, di speranze o di paure: società in cui il progresso ha liberato l’umanità dal peso delle malattie o ha invece creato forme più subdole di oppressione, età dell’oro senza più fame e violenza o incubi globali in cui regnano caos e terrore.
Ai tempi di Cartesio non pochi osservatori della natura erano colpiti dalle «prodigiose» capacità di adattarsi alle sfide dell’ambiente mostrate dai vari animali; ma nemmeno le specie più ingegnose sembravano davvero in grado di viaggiare con la fantasia, oltre che con il corpo. Cartesio avrebbe potuto concedere che una farfalla o, se è per questo, un coccodrillo fossero capaci di astuti stratagemmi nelle loro escursioni in cerca di cibo o di sesso; ma avrebbe escluso che essi provassero il gusto del viaggio. Oggi siamo un po’ meno sicuri di questa diversità, ma non c’è nessun castoro che sia riuscito a progettare un aereo o a raccontare di una macchina del tempo.
Giulio Giorello