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 2013  maggio 19 Domenica calendario

QUANDO LA CREDENZA E’ PIU’ FORTE DEI NUMERI

Piedi di piombo di fronte alle violenze di cui si sono riempite le cronache negli ultimi tempi. I casi sono spesso ad alta emotività e possono creare bolle percettive fuorvianti, impressioni e paure non fondate nella realtà. Una ricerca pubblicata da pochi giorni dal centro di studi americano Pew Research illustra bene cosa può succedere. Il 56% degli americani ritiene che negli ultimi 20 anni i crimini che coinvolgono l’uso di armi da fuoco siano aumentati; il 26% dice che sono rimasti allo stesso livello. Sottoposte alle statistiche, queste credenze si dimostrano fallaci.
Negli Stati Uniti, i crimini armati sono scesi drasticamente rispetto ai primi anni Novanta. Gli omicidi sono calati del 49%, da sette ogni centomila abitanti del 1993 a 3,6 nel 2010. I casi violenti, sempre condotti con una pistola o con un fucile, in cui però non c’è stato un morto — assalti, furti, crimini sessuali — sono crollati del 75% tra il 1993 e il 2011: da 725,3 per centomila abitanti a 181,5. Il complesso dei crimini violenti ma non fatali (armati o meno) è anch’esso sceso, del 72%: furono 7.976 per centomila abitanti nel 1993, sono stati 2.254,2 nel 2011. Pew Research nota che il tasso di omicidi con arma da fuoco iniziò a crescere negli anni Sessanta, continuò a salire nei Settanta, raggiunse un picco nel 1981, scese, ebbe un altro picco nel 1993 e da allora cala regolarmente, anche se negli ultimi anni a un ritmo inferiore. Non solo: tra i morti per arma da fuoco sono contati anche i suicidi, il cui numero è sceso meno di quello generale, ragion per cui oggi sei morti per arma da fuoco ogni dieci sono suicidi, il massimo dal 1981.
Ciò nonostante, il caso del massacro della scuola elementare di Newton, in Connecticut, dove lo scorso 14 dicembre furono uccisi 20 bambini e sei adulti, ha indotto una enorme discussione — e uno scontro politico — sulla questione del possesso personale delle armi da fuoco. Secondo un altro sondaggio condotto da Pew in aprile, la discussione seguita con maggiore interesse dagli americani (dal 37%) ha riguardato il controllo delle armi. Indipendentemente dal merito di quel dibattito, è interessante notare come certi eventi drammatici prevalgano, nella percezione collettiva, sulle tendenze di lungo periodo.
In Italia, l’Istat dice che, tra il 1997-1998 e il 2008-2009, le aggressioni ogni cento abitanti sono scese da 0,8 a 0,6; gli scippi da 0,6 a 0,5; le rapine sono rimaste a 0,3; i borseggi sono leggermente saliti da 1,4 a 1,6. Ciò nonostante, nello stesso periodo, coloro che si sentono «molto sicuri» a camminare da soli al buio nella zona in cui abitano sono scesi dal 24,3 al 18,8% e coloro che non escono mai da soli quando è buio sono passati dall’8,4 all’11,6%. Poco meno di un italiano su due — il 48,5% — si dice «molto o abbastanza influenzato dalla criminalità».
È la percezione, insomma, che guida le danze su questi argomenti. Ed è ahimè sulle percezioni, più che sui dati, che i politici tendono ad agire quando si viene alla criminalità.
Danilo Taino