Stefano Micossi, Affari & Finanza, la Repubblica 20/5/2013, 20 maggio 2013
ECONOMIA, QUATTRO CARTE PER IL RILANCIO
Nei giorni scorsi ho partecipato a una conferenza globale sui servizi finanziari organizzata a New York dal gruppo Ubs; in quel contesto ho incontrato numerosi investitori. Mi ha colpito che quegli investitori volevano parlare poco di eurozona, che era il tema assegnatomi dagli organizzatori, e molto di Italia: dove alcuni di loro hanno già ripreso ad investire e molti altri stano studiando se farlo. L’opportunità immediata la vedono nei rendimenti piuttosto attraenti dei nostri titoli di stato e obbligazionari in genere, e nell’attesa che questi possano ancora scendere, in un panorama internazionale nel quale le opportunità sono invero limitate. Ma chiedono di essere rassicurati sulle intenzioni del nuovo governo e temono le fibrillazioni della politica. Conoscono bene il premier Letta e il ministro Saccomanni e li stimano; si aspettano presto misure incisive per accelerare la discesa dei tassi d’interesse e la ripresa del credito all’economia da un lato, e stimolare l’economia, dall’altro. Ma vogliono allo stesso tempo essere rassicurati sul rispetto dei vincoli di bilancio, che considerano un’àncora indispensabile della fiducia e della stabilità finanziaria. Abbiamo qui un primo punto fermo che non possiamo trascurare: il debito pubblico dell’Italia è troppo grande per consentirci di ricercare la via d’uscita dalle nostre difficoltà attraverso aumenti di spesa pubblica o sgravi d’imposta non compensati da variazioni di segno opposto in altre
poste del bilancio. La Commissione europea ci sta offrendo un varco rispetto alle ristrettezze dei vincoli europei che consiste nel confermare gli impegni di riequilibrio del saldo strutturale di bilancio, ottenere la chiusura della procedura dei disavanzi eccessivi, e poi negoziare nell’ambito della parte “preventiva” del patto di stabilità eccezioni mirate per gli investimenti e, forse, anche per interventi strutturali per riportare nel mercato del lavoro giovani e donne che oggi ne sono esclusi in numero devastante. Gli investitori conoscono queste dinamiche e considerano il rispetto dei vincoli europei, nonché la possibilità di concordare spazi più larghi di manovra con le autorità europee, in passaggio obbligato. Sull’economia, non ci sono illusioni sul quadro congiunturale, che del resto continua a peggiorare in tutt’Europa; ci si attendono azioni incisive per riaccendere la domanda interna, mettendo da parte per ora le ambizioni di più vasti riordini del mercato del lavoro o del sistema di welfare. Da questo punto di vista a me pare che le carte da giocare non siano molte, ma siano buone carte. Occorre accelerare drasticamente il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, che il precedente governo aveva limitato per quest’anno a una ventina di miliardi di euro: poiché si tratta di operazioni che in larga parte non impattano sul disavanzo corrente, ma solo sul debito, non si capisce perché non si possa procedere in maniera molto più aggressiva, puntando alla piena liquidazione dei tutti quelli accertati. Astrid ha presentato da tempo valide proposte, non c’è bisogno di grandi approfondimenti; si agisca senza paura. Non dimenticando che l’operazione richiede di aggiornare in accordo con le autorità europee le statistiche del debito pubblico, che per ora non includono tutti i debiti verso i fornitori, ma solo quelli che il precedente governo aveva deciso di liquidare. La seconda carta riguarda i tassi d’interesse e le condizioni del credito. Non sono sfuggiti al mercato i segnali già venuti dalla Bce sulla possibilità che essa spinga sul pedale monetario con maggiore determinazione: portando i tassi sui depositi delle banche presso di sé in territorio negativo e aprendo la via all’utilizzo, come collaterale nei rifinanziamenti, di pacchetti di prestiti bancari cartolarizzati. Hanno visto che Draghi non parla mai a vanvera, dunque pensano che qualcosa succederà. C’è spazio, qui, per interventi nazionali di accompagnamento. Vanno subito, e con larghezza, potenziati gli strumenti di garanzia pubblica per i finanziamenti alle piccole e medie imprese: una misura che costa pochissimo al bilancio pubblico e riduce il costo del rischio e l’assorbimento di capitale per le banche. Inoltre, continuo a pensare che qualcosa andrebbe fatto per alleggerire i bilanci delle banche dalle molte partite incagliate, che crescono rapidamente per il cattivo andamento dell’economia. Il processo sarebbe favorito incoraggiando la pulizia dei bilanci con la messa a disposizione da parte dello stato di ampi apporti di capitali alle banche che lo richiedano – con semplici procedure, a condizioni favorevoli e con tempi adeguati di rimborso, naturalmente sotto il controllo della Banca d’Italia. Un tale passo accelererebbe significativamente la discesa dei tassi di finanziamento e la disponibilità di credito per le imprese; suonerebbe la carica al ritorno degli investitori internazionali sul nostro mercato obbligazionario e anche azionario. Infine, il governo non attenda a giocare con decisione la carta di un piano straordinario per l’occupazione centrato sulla detassazione e decontribuzione totale delle assunzioni – non solo a tempo indeterminato – entro i prossimi dodici mesi; spingendo sull’apprendistato; favorendo gli accordi di solidarietà; sfruttando il fondo sociale europeo per finanziare meccanismi di formazione e ricollocamento a seguito delle ristrutturazioni; e, naturalmente, rifinanziando il la cassa integrazione in deroga. Già sono note anche le poche modifiche alla riforma Fornero che servono per facilitare le assunzioni e l’apprendistato. Come ho già argomentato, queste misure di sostegno alle assunzioni non richiedono copertura nel bilancio pubblico, perché non si riduce nessuna entrata; speriamo che l’atteso cambio dei vertici della Ragioneria ci liberi dalle interpretazioni formalistiche dell’articolo 81 della Costituzione, avendo anche riguardo alle nuove formulazioni introdotte con il Fiscal Compact (il nuovo comma 6 dell’articolo 81 parla di rispetto dell’equilibrio di bilancio, non più di reperimento delle risorse per i singoli interventi).