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 2013  maggio 20 Lunedì calendario

DALL’AEROPORTO ALLE TANGENTI, I FILONI DELL’INDAGINE

L’ origine di tutti i guai per i vertici ed alcuni dirigenti di Mps è stata una “piccola” inchiesta relativa all’assegnazione dell’appalto per la realizzazione dell’aeroporto senese di Ampugnano, che tra i principali indagati aveva l’allora presidente di Mps Giuseppe Mussari rinviato a giudizio per falso ideologico e turbativa d’asta. Un’inchiesta avviata nel 2008 coordinata dal pm Antonio Nastasi che adesso fa parte del pool giudiziario (con lui i pm Aldo Natalini e Giuseppe Grosso) che indaga sull’acquisto di Antonveneta e sulla vicenda dei derivati Alexandria e Santorini che hanno provocato un vero e proprio terremoto ai vertici di Mps. E’ dall’inchiesta sull’aeroporto di Ampugnano che Nastasi nell’ottobre del 2011 apre un fascicolo su Mps perché dalle intercettazioni sui telefoni di Giuseppe Mussari emergono le magagne interne ed esterne ai piani alti di Mps. Rimaste sempre top secret per tutti, tranne che per Mussari che le conosceva bene e che aveva chiesto (probabilmente perché sapeva che quelle conversazioni avrebbero provocato uno scandalo finanziario e politico) la distruzione “perché non attinenti ai fatti del processo”. Ma le intercettazioni non furono distrutte e adesso sono nel fascicolo sullo scandalo Mps venuto alla luce il 10 maggio del 2012 quando furono compiute le prime perquisizioni nella storica sede della banca. Da allora è stato un continuo susseguirsi di colpi di scena, dagli avvisi di garanzia a Giuseppe
Mussari, all’ex direttore generale Antonio Vigni e all’ex capo area finanza della banca, Gianluca Baldassarri, più un’altra decina di personaggi interni ed esterni alla banca. Così viene fuori l’acquisto di Antonveneta valutata 9 miliardi e comprata alla fine per quasi 17 miliardi e l’acquisto dei derivati Alexandria e Santorini dietro i quali si celerebbero tangenti milionarie. Da allora l’indagine si è arricchita di nuovi elementi che hanno portato all’ormai nota “banda del 5% ” ai cui vertici c’era Gianluca Baldassarri arrestato il 14 febbraio scorso e ancora in galera, ed altri personaggi a lui legati, tutti uniti da un unico scopo, fare soldi in fretta ai danni anche delle banche o di altre istituzioni finanziarie di cui erano “consulenti”. Un vero e proprio clan i cui componenti, stranamente, giravano poi di banca in banca e di finanziaria in finanziaria diventando prima venditori, poi acquirenti, poi consulenti accumulando un vero e proprio tesoro sparso nei mille rivoli di conti segreti all’estero che solo in parte è stato rintracciato dagli investigatori (la settimana scorsa sono stati perquisiti uffici e abitazioni di altri 12 indagati). Una cospicua parte è stata sequestrata a Gianluca Baldassarri ed ai suoi soci, un’altra, molto più consistente, circa 2 miliardi, è stata individuata ma non ancora sequestrata. E’ quella di Nomura (1,8 miliardi) ed altre decine di milioni appartenenti a Giuseppe Mussari ed Antonio Vigni che la Procura ha chiesto di sequestrare. Ma il gip ha respinto questa richiesta e si è in attesa che nei prossimi giorni il Tribunale del riesame decida sul da farsi.