Ettore Livini, Affari & Finanza, la Repubblica 20/5/2013, 20 maggio 2013
METODO-BONDI I SUCCESSI MILIONARI DEI CONTENZIOSI CON LE BANCHE
Milano Trecento milioni di spesa. Due miliardi di entrate. Il miglior testimonial tricolore della via “giudiziaria” al profitto (quella che Mps vorrebbe battere ora contro chi ha innescato la bomba dei derivati nei suoi conti) resta ancor oggi la Parmalat. Enrico Bondi ha ereditato a fine 2003 dai Tanzi un’azienda in ginocchio. Fiaccata da frodi e malversazioni di bilancio vicine al miliardo di euro. In pochi anni però - grazie pure al concordato - è riuscito a rimettere in piedi Collecchio puntellando il gruppo non solo grazie al business (in fondo poco redditizio) del latte ma soprattutto con una raffica di cause e revocatorie contro i presunti responsabili del crac. E grazie alle transazioni chiuse in sei anni con banche, revisori, ex amministratori e agenzie di rating, il Supercommissario - ora traslocato alla guida dell’Ilva - ha messo insieme quel tesoretto di rimborsi pari a quasi 2 miliardi che ha convinto alla fine Lactalis a mettere mano al portafoglio e sborsare quasi 6 miliardi di euro per conquistare la società. Il tutto pagando “solo” (naturalmente si fa per dire) 300 milioni circa di spese legali. «Dieci anni fa, quando abbiamo scoperchiato per la prima volta il pentolone dei guai lasciati dai Tanzi non avremmo mai pensato di arrivare a questi risultati», dice uno degli avvocati che all’epoca erano a fianco del manager aretino. Ma la perseveranza ha pagato. Bondi ha affidato a PriceWaterhouse e a un pool di consulenti l’esame approfondito di tutti i contratti
bancari e le emissioni “suicide” lanciate da Collecchio per tappare i suoi buchi di bilancio. E scovate le clausole capestro, le super-commissioni occulte per i collocatori e - in qualche caso - persino le mazzette depositate in compiacenti conti svizzeri (un copione andato in scena pari pari a Siena) è partito all’attacco. Le armi? Le stesse che con ogni probabilità useranno adesso Alessandro Profumo e Fabrizio Viola: revocatorie per bloccare i pagamenti alle banche e tornare in possesso dei soldi già versati. Più una raffica di cause internazionali per ottenere adeguati risarcimenti. Si tratta - lo insegna l’esperienza emiliana - di una delicatissima partita a scacchi che si snoda tra diverse giurisdizioni, prospetti finanziari complicati da decrittare persino per i loro estensori, aule di tribunale che spesso faticano a capire davvero la posta in gioco (specie sui derivati). Non solo: la durata è imprevedibile e spesso, per arrivare a sentenza definitiva, si misura in molti anni. Proprio il caso Parmalat però insegna che lo sbocco “naturale” dell’offensiva legale è una transazione extra-giudiziaria. E che il gioco, alla fine, può valere davvero la candela. Il metodo Bondi a Collecchio infatti ha funzionato (salvo qualche inciampo come la causa americana contro Citigroup) come un orologio svizzero. Intesa ha raggiunto un accordo con Collecchio per chiudere il contenzioso tra le parti con un assegno di 460 milioni. Unicredit ne ha pagati 229, Morgan Stanley 150. Il super- commissario non ha risparmiato nessuno: ha inseguito con i suoi legali colossi mondiali come la General Electric (7 milioni) e Deutsche Bank (che ha rimborsato a Parmalat 74 milioni) ma ha costretto ad aprire il portafoglio pure Banca Cividale, la Banca di Credito Cooperativo di Bene Vaggiena assieme a revisori ed ex amministratori. Stretti nella tenaglia tra azioni penali e sequestri amministrativi (come gli 1,8 miliardi che la Procura di Siena ha cercato di bloccare a Nomura) quasi tutti gli istituti dopo qualche schermaglia hanno alzato bandiera bianca, firmando grazie a assegni milionari la pace con Bondi. Di più: il pressing della società ha convinto molti a transare anche in sede civile - sborsando rimborsi più contenuti - tra i 32mila risparmiatori che si erano costituiti in Tribunale contro di loro. Una scelta spesso obbligata anche perché - viste le parcelle degli avvocati - in molti casi è più economico chiudere subito la partita piuttosto che avventurarsi in lunghissimi percorsi giudiziari. Il buon esempio del manager toscano ha fatto molti proseliti. In fondo lui è stato il primo a rompere quel tabù tutto italiano secondo cui le banche sono una sorta di entità intoccabile, non solo perché hanno le chiavi della cassa in mano ma anche perché presidiano tutti i nodi nevralgici della finanza nazionale. A mettersi in scia a Parmalat negli ultimi tempi sono stati soprattutto gli enti locali tricolori, finiti nel tritacarne dei derivati per il comportamento spesso discutibile di funzionari del credito pagati fior di commissioni per collocare swap, options e altre diavolerie di questo genere a controparti spesso incompetenti per valutarne la rischiosità. I risultati si sono visti. Comuni, Province e Regioni arrivate sull’orlo del dissesto. E costrette così in molti casi a convocare gli avvocati affidando loro il compito di salvare capra e cavoli aprendo il contenzioso con gli istituti. Il gioco ha funzionato - anche se non per tutti - pure in questo caso: il caso più eclatante è stato quello del Comune di Milano, finito invischiato all’epoca di Letizia Moratti in un complesso derivato che rischiava di aprire una voragine nel bilancio Comunale. A prendere il toro per le corna è stato l’assessore al bilancio della giunta Pisapia Davide Corritore (non a caso arrivato da esperienze professionali in Citigroup e Deutsche Bank) che ha avviato l’offensiva legale e ottenuto il sequestro clamoroso di 108 milioni delle banche coinvolte. La partita si è chiusa alla fine con una transazione che ha portato alle casse di Palazzo Marino un beneficio di 455 milioni, manna per il municipio meneghino alle prese con i paletti strettissimi del patto di stabilità. La stessa strategia è stata adottata da decine di enti locali: la Regione Piemonte ha chiuso con un risarcimento la sua causa con Merrill Lynch per un Bor da 1,8 miliardi e ha ancora aperto il contenzioso con Dexia e Banca Intesa. Lo stesso ha fatto Verona. Una serie di precedenti che fa ben sperare anche i vertici dell’Mps.