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 2013  maggio 19 Domenica calendario

LE EMOZIONI DELLA B E QUELLE DI BARTALI

BENVENUTO al Sassuolo, che ha 91 anni ma arriva in A per la prima volta. E grazie anche al Livorno. Questa partita di serie B, ieri, è stata emozionante come una finale di Champions. Intensa, direbbe Sacchi. Piena di cose: tre espulsi, turbanti insanguinati, una tensione pazzesca, un bravo arbitro. La B ha regalato un’ultima giornata di incertezze. Per sapere chi fosse primo, chi secondo e chi terzo, quindi destinato ai playoff, bisognava aspettare l’ultimo secondo. Non è un modo di dire. Mentre in Verona-Empoli s’è capito subito che l’industria dolciaria (torte & biscotti) era lo sponsor reale e che lo 0-0 era il risultato più gradito, a Modena è stata partita vera, verissima, crudele ed esaltante quanto basta. Oggi il Sassuolo ha la maglia a righe neroverdi. Nel ’75 le aveva rossoblù, giocava in D, si chiamava Sassolese e aveva un inno scritto da Pierangelo Bertoli. Questa notizia, e molte altre legate a pallone e musica, l’ho trovata in “Rock’n’goal”, di Antonio Bacciocchi e Alberto Galletti (ed.Vololibero, 188 pagine, 15 euro) e lo segnalo volentieri. Mi ha ricordato che John Charles incise una canzone di Buscaglione, che Junior riuscì a vendere 600mila copie di “Voa canarinho”, ma anche Maradona e Tevez hanno inciso dischi.
Anche Savoldi e Juary, anche Gullit e Drogba. Che il derby evocato da Celentano in “Eravamo in centomila” si giocò il 22 novembre 1966, vinse l’Inter grazie a un autogol di Maddè e gli spettatori erano 76mila, Che Guccini tifa Pistoiese e De André
tifava Genoa.
AFabrizio è dedicato un intero libro: “Il grifone fragile”, di Tonino Cagnucci (ed. Limina, 171 pagine, 16,90 euro). Ad accompagnarlo, nella bara, un pacchetto di sigarette e la sciarpa rossoblù. Durante il sequestro sul Supramonte, racconta Dori Ghezzi, le uniche notizie dal mondo fornite dai sequestratori riguardavano i risultati del Genoa. Ancora libri. Con l’ultima di campionato, chiude anche questa rubrica, come d’abitudine. “Alla ricerca del calcio perduto”, di Nicola Calzaretta (ed. Goalbook, 292 pagine, 15 euro) ai miei occhi ha il merito di rivalutare un genere (l’intervista) ultimamente un po’ malconcio. Calzaretta fa parlare calciatori che hanno smesso, anche famosi: Albertini, Albertosi, Antognoni, Franco Baresi, Bruno Conti. Oriali, Vialli, Zoff.
Che uscendo, in un Mantova-Juve, ruppe un paio di costole a Sivori. Che non gliela perdonò mai. «Non la frattura, ma il fatto di dover uscire dal campo in braccio a Heriberto Herrera». Tutti parlano volentieri e raccontano un sacco di aneddoti.
L’ultimo titolo è “La strada del coraggio”, sottotitolo “Gino Bartali, eroe silenzioso” (ed. 66thand2nd, 347 pagine, 18 euro). Lo hanno scritto Aili e Andres McConnon. Non sono toscani, né italiani, ma canadesi di Toronto. Aili, la sorella, scrive per il New York Times, lui è laureato in storia a Princeton. Con molte testimonianze, inclusa quella di una famiglia di ebrei che Bartali nascondeva in casa, a Firenze, si racconta l’impegno di Bartali, negli anni di guerra, come postino. Trasportava in bici, da Assisi al Vaticano, documenti falsi che hanno permesso a centinaia di persone di sfuggire alla caccia di fascisti e nazisti. È questo il libro che metto in cima a tutti, forse perché Bartali è uno degli sportivi che mi hanno più appassionato, forse perché col passare degli anni e senza averli
visti in sella sto cominciando a pensare che Bartali fosse più forte di Coppi. Meno stile ma più forza. La stessa che l’ha portato, nella vita, non solo nello sport, a sapere sempre da che parte stare.
Come, nella sua modestia esagerata ma spontanea, Osvaldo Bagnoli. Domani per il Verona in A farà festa anche lui, con gli ex ragazzi dello scudetto, Elkjaer incluso. «La lealtà e la correttezza vengono molto prima dei soldi e del successo, e questo non me l’ha insegnato il calcio ma i miei genitori», ha detto all’Avvenire. Per continuare a respirare un po’ d’aria buona, chiuderò parlando di Capitan Uncino. È un progetto dell’Uisp, andato in scena ieri a Santa Marinella. Prima, per mesi, tanti ragazzi hanno costruito barche a vela in sette mini-cantieri: hanno piantato chiodi, sagomato il legno, tagliato le vele in città come Ferrara, Como e Salerno, in centri più piccoli come Gaeta, Noto, Tricase e Meda. Ragazzi e ragazze con disabilità a fare gruppo con coetanei senza disabilità, ad accettarsi. Carmelina, disabile, è il quartiermastro di Gaeta. Tre giovani pakistani, sbarcati in Salento, hanno dato una mano a Tricase. Ieri per tutti la prova del mare. E per tutti, ancora, sia buono il vento.