Paolo Bricco, Il Sole 24 Ore 19/5/2013, 19 maggio 2013
«CUCCIA ARRIVAVA DA SOLO» LE VISITE SEGRETE AL PROFESSORE
Enrico Cuccia e Giovanni Bazoli. I due simboli della finanza laica e della finanza cattolica. Prima banchieri duellanti, nella dimensione semplificatrice dello scontro del potere. Poi persone vicine, capaci di condividere quel terreno scosceso in cui gli uomini si parlano rivelando l’uno all’altro pensieri, visioni del mondo e anche fragilità. Con un cambiamento radicale che riflette i mutamenti generali della storia italiana.
Nel 1994, dopo la Commerciale prova per l’ultima volta a conquistare l’Ambroveneto, dopo essere rimasta fuori dal salvataggio dell’82 ed aver messo nel mirino il Banco dopo l’ingresso nel capitale di Gemina e l’usita della Popolare di Milano. La Comit, fin dalla morte di Raffaele Mattioli, appartiene alla sfera di influenza, diretta o indiretta, di Cuccia: definitivamente dopo la privatizzazione. L’Ambroveneto, risultato della fusione fra Banco Ambrosiano e Banca Cattolica del Veneto, è uno degli elementi del complesso meccano finanziario che, arricchendosi ogni volta di pezzi nuovi, sotto le dita affusolate dell’avvocato di Brescia assumerà il profilo di Intesa San Paolo.
In quel 1994 lo scontro è duro, ma ancora una volta Bazoli serra le fila del suo patto (con Sanpaolo-Crediop e Popolari venete) e non viene fagocitato. L’Opa di Piazza della Scala non ha successo. Ma tutoo questo ha un effetto per molti versi sorprendente. Anziché produrre l’arrocco, provoca una nuova apertura di gioco fra i due. Nel profilo delle strategie delle banche. Ma soprattutto nella dimensione personale, meno visibile e più impalpabile rispetto ai consigli di amministrazione e agli atti formali, ma non meno importante nel misterioso gioco del potere. Il ragionamento è semplice. La Comit, o un’altra società espressione di Via Filodrammatici, potrebbe partecipare al patto di sindacato dell’Ambroveneto. Bazoli, che ha scongiurato l’acquisizione della Comit, non vede con sfavore che si inauguri una stagione di «buon vicinato con il mondo di Mediobanca», come scrive Carlo Bellavite Pellegrini in alcune delle più storicamente rilevanti fra le oltre 500 pagine di «Una storia italiana».
Il progetto di un ingresso diretto o indiretto di Mediobanca nel patto di sindacato non si realizza. Ma i colloqui preliminari ad esso fra Cuccia e Bazoli cambiano le prospettive. Ricompongono su un terreno di confidenza e di incontro umano un secolo di slabbrature, se non di divisioni, fra la finanza cattolica e quella laica. Una contrapposizione che, peraltro, con il riassetto complessivo di un sistema bancario italiano privatizzato e con il suo sempre maggiore inserimento nel contesto europeo e internazionale, è destinato a perdere intensità di colore e significato di fondo. In quel momento, però, Bazoli è espressione piena della finanza cattolica. Cuccia di quella laica. Cuccia ha avuto un ruolo determinante nella vita italiana fin dagli anni Cinquanta, quando riesce ad attribuire alla sua banca una centralità nella definizione del sistema bancario e nello sviluppo industriale del Paese che conserverà fino agli anni Ottanta e che, a condizioni storiche diverse, mantiene - o prova a mantenere - una sua centralità in quegli anni Novanta segnati dalla crisi della politica tradizionale, dalle privatizzazioni e dalla modernizzazione di un sistema bancario che tenta di diventare altro rispetto alla "foresta pietrificata".
Cuccia ha 87 anni. È un uomo lucido. Se non l’inverno, è già però l’autunno del patriarca. In quel 1994, invece, la traiettoria di Bazoli è a un punto diverso. Ha 62 anni. Nel 1982, da Brescia, è stato chiamato dal ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, alla guida del Nuovo Banco Ambrosiano. In pochi immaginavano che, negli anni successivi, avrebbe costruito per sé e per la sua banca una posizione tanto centrale nel sistema italiano. Proprio Cuccia, nei giorni del salvataggio, aveva detto al direttore generale del Nuovo Banco Ambrosiano, Pier Domenico Gallo: «Lei ha bisogno di molti auguri, dottor Gallo, perché io non ho mai visto una banca fallita sopravvivere a se stessa». Cuccia aveva sintetizzato, nel 1982, lo scetticismo generalizzato della comunità degli affari sulla possibilità di rinascita del Nuovo Banco Ambrosiano, su un mercato milanese e lombardo in cui si muovevano la Comit, il Credito Italiano e la Cariplo. E, invece, nel corso degli anni l’ombra di quelle parole si dissolve. Le cose vanno in tutt’altra maniera.
Dunque, in quel 1994 Cuccia e Bazoli rappresentano ancora mondi distinti e complementari. Due elementi del Novecento italiano. Due componenti che, però, dalla distanza passano alla vicinanza. Umana e strategica. Attraverso quei colloqui segreti. «Un primo colloquio avvenne a Brescia, a casa di Bazoli. Il professore mi ha raccontato di essere rimasto colpito dal fatto che Cuccia (che all’epoca aveva 87 anni) al termine dell’incontro si lasciò prendere sottobraccio con naturalezza nello scendere le scale senza corrimano», scrive Bellavite Pellegrini. Altri due incontri si svolgono invece in un appartamento messo a disposizione dal banchiere Carlo Salvatori, capo operativo dell’Ambroveneto, in Piazza del Carmine a Milano.
«I ricordi del professore - scrive l’autore del saggio - evocano l’atmosfera irreale di quegli incontri segreti. Cuccia compariva da solo, nella nebbia e nelle luci fioche della sera invernale, all’appuntamento fissato all’ingresso di un edificio identificato dal numero civico. Una stretta di mano e i due entravano insieme, senza incontrare nessuno, in un palazzo che sembrava disabitato. Per raggiungere l’appartamento dell’incontro, dovevano attraversare due cortili monumentali, immersi in un silenzio spettrale». Per capire la natura profonda di quegli incontri è utile la riflessione che Bellavite Pellegrini fa della testimonianza da lui raccolta direttamente da Bazoli: «La descrizione che ho ascoltato rimanda la memoria ai cortili di alcuni romanzi di Fëdor Dostoevskij, come quelli di Delitto e castigo o ai molti cortili di Varsavia descritti da Isaac Singer nella Famiglia Moskat. Anche in queste occasioni qualche passante avrebbe potuto forse scorgere, probabilmente incredulo, la sagoma dell’anziano banchiere che camminava accanto a quello più giovane nelle vie completamente deserte, tra Piazza del Carmine e Via Filodrammatici».
Poco dopo, l’altro - definitivo - incontro umano e l’altra - definitiva - convergenza strategica. A Bazoli si profila l’ipotesi di acquisire la Cariplo. Ha molti dubbi. Per una ragione oggettiva: gli effetti sistemici che il tentativo di aggregare la Cariplo avrebbe sortito sugli equilibri della finanza (e della politica) nazionale. Per una ragione soggettiva: lo stato d’animo in cui si trova, dopo la scomparsa, nell’ottobre del 1996, in un incidente stradale dell’unico fratello, Luigi, che aveva perso la moglie nella strage di Piazza della Loggia a Brescia e che lasciava tre giovani figli. Un dolore che lo ha perfino portato a considerare l’idea di abbandonare gli impegni bancari. In un quadro strategico e umano cosi complesso, Bazoli decide di consigliarsi - e di confidarsi - con Cuccia. La neutralità di quest’ultimo era la condizione necessaria per l’operazione. Anziché la neutralità, Cuccia manifesta il suo consenso. «Lei - dice espressamente a Bazoli - è l’unico che può farcela».
Vicinanza strategica. E, ancora una volta, prossimità umana. In quell’incontro, avvenuto in Mediobanca, Bazoli esordisce confidando il dolore e lo smarrimento per la morte del fratello Luigi. Cuccia lo interrompe. «Professor Bazoli, io la posso comprendere, perché in questi giorni, dopo sessant’anni di vita insieme, ho perso mia moglie». Idea Nuova Socialista Beneduce era morta a 91 anni il 12 ottobre di quell’anno. Nessuno lo sapeva. Cuccia non aveva annullato l’appuntamento con Bazoli. «Nell’udire quelle parole, Bazoli, che era seduto accanto a lui al grande tavolo della sala riunioni, si alzò d’istinto, volgendosi commosso verso il suo interlocutore. Anche Cuccia si alzò, e i due si abbracciarono».
Se, negli anni prima, il senso dell’amicizia e le ragioni economiche avevano ricomposto le posizioni dei due, nel 1999 la convergenza strategica è piena. In senso personale-identitario e in senso politico-finanziario. San Paolo-Imi muove, con passo più felpato, sulla Banca di Roma. Credito Italiano formula una Opa ostile sulla Comit. La Banca di Roma, la Comit e Credito Italiano sono le tre vecchie Bin, banche di interesse nazionale, azioniste di Mediobanca. Lo scenario, per Mediobanca, si deteriora. La sabbia, per Cuccia, sembra scendere sempre più rapidamente nella clessidra. L’autunno del patriarca potrebbe in fretta volgere nell’ultimo inverno.
Il professor Bazoli interviene. Intesa, risultato di quella aggregazione fra Ambroveneto e Cariplo su cui il dottor Cuccia aveva dato il suo imprimatur, interviene con una Opa, "amichevole". E Comit, l’istituto di Raffaele Mattioli fondamentale nello sviluppo della cultura laica italiana, viene così sussunto nel corpo economico della banca cattolica (ri)sorta dalle ceneri dell’Ambrosiano.