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 2013  maggio 19 Domenica calendario

TRAFFICO DI SCORIE, PATTO MAFIA-PIRATI

Venticinque navi catturate nel 2011, cinque dirottate nel 2012. Solo tre at­tacchi quest’anno. A cosa si deve l’i­natteso indietro tutta dei corsari somali? A Londra, la piazza finanziaria crocevia dei pro­venti dai traffici tossici, hanno una risposta precisa. «È anche merito delle mafie italia­ne », assicura l’investigatore inglese che ha la­vorato gomito a gomito con i poliziotti italia­ni i quali, partendo da un giro di autoricam­bi illegali, hanno scoperto i legami tra i boss nostrani e i signori della guerra.
L’inviato speciale dell’Unione europea per il Corno d’Africa, il diplomatico greco Alexan­der Rondos, nel corso di conversazioni non ufficiali ha lasciato intendere che uomini del­l’intelligence stanno investigando da almeno un anno sul coinvolgimento di clan italiani nella ’stabilizzazione’ di Puntland e Soma­liland, le province pressoché autonome a Nord di Mogadiscio. In altre parole, ci sareb­bero molti indizi circa un coinvolgimento di­retto della ’ndrangheta calabrese e della ’sa­cra corona unita’ pugliese, che «dai signori della guerra somali – conferma una fonte vi­cina all’inviato dell’Ue – hanno ottenuto il la­sciapassare per poter scaricare rifiuti nel Pae­se, in cambio di un fiume di dollari e di un co­stante approvvigionamento di armi compra­te sul mercato nero dei Balcani». Un business redditizio per en­trambi, ma che necessità di non attirare l’atten­zione delle forze navali che pattu­gliano il Golfo di Aden.
Le autorità soma­le hanno sempre smentito che il Paese fosse di­ventato la pattu­miera tossica di Europa, Penisola Arabica, di alcu­ne delle tigri asia­tiche e perfino di altre regioni afri­cane. Pochi gior­ni fa, però, è arri­vata la conferma ufficiale. Nel cor­so di una riunio­ne a porte chiuse Hassan Sheikh Mohamud, presidente della Somalia dal settembre 2012, ha fatto sapere ai leader dei Paesi del ’grup­po di contatto’ sul Corno d’Africa, che «il tem­po dello sfruttamento delle acque e della co­sta somala è finito». E non è solo questione di pesca illegale. «Le attività criminali – ha scandito – devono fermarsi, a cominciare dai rifiuti tossici».
Nessuno si aspettava una reazione di questo tenore. Ma la situazione, con terribili ricadu­te sulla salute delle popolazioni, sta degene­rando. Nell’ospedale di Mogadiscio i medici riscontrano «orribili malformazioni e muta­zioni genetiche nei bambini», riferisce un di­plomatico delle Nazioni Unite mentre ci mo­stra alcune raccapriccianti immagini di bam­bini affetti da patologie sconosciute ai medi­ci locali. Fino ad ora, però, le condizioni di perdurante instabilità hanno impedito che si organizzasse una ricognizione basata su me­todi da ricerca scientifica. «Mi aspetto che la comunità internazionale si impegni a rispet­tare immediatamente le nostre acque», ha proseguito Hassan Sheikh Mohamud nel cor­so del vertice a porte chiuse ospitato a New York lo scorso 29 aprile.
A confermare che le rotte illegali vedono l’I­talia tra le piattaforme logistiche per la rac­colta e l’invio di veleni ci sono due inchieste, ancora aperte, a cui hanno lavorato anche le autorità inglesi. Le indagini ’Bakara’ e ’Boar­ding Pass’, condotte dalla Procura di Modi­ca (Ragusa) e dalle Direzioni distrettuali an­timafia di Catania e Firenze hanno porta­to all’arresto di 23 persone «facenti capo a due organizzazioni transnazionali». Gra­zie al contributo dell’Ufficio antifrode del­l’Agenzia delle dogane, con la collabora­zione di 007 di vari Paesi, indagando su u­na rotta di traffici illeciti di rifiuti derivan­ti da autovetture in disuso, si è scoperto che l’accordo tra boss italiani e signori del­la guerra somali va ben al di là della ferra­glia e del traffico di persone, che da solo movimentava enormi flussi di denaro, «sti­mati – si legge negli atti dell’inchiesta – in oltre 25 milioni di euro all’anno».
Negli anni scorsi al largo delle coste so­male si è combattuta una battaglia nava­le come non se n’erano mai viste prima. Con i minuscoli barchini dei pirati soma­li che per 576 volte hanno assaltato i gigan­teschi bastimenti che attraversavano il Golfo di Aden. Dal 2009 la missione navale europea anti-pirateria aveva registrato circa 170 at­tacchi all’anno, oltre una decina al mese. L’an­no scorso, 35 in totale. Nel biennio 2011-2012 nelle mani dei bucanieri sono finiti 541 o­staggi. La missione ’Atalanta’, prorogata si­no a dicembre 2014, consente alle marine mi­litari europee di intervenire anche a terra per colpire le basi dei pirati (entro una profondità massima di 2 km dalla costa). I blitz delle for­ze speciali hanno reso la vita più difficile ai bu­canieri, ma il limite di penetrabilità territoriale sta in realtà spostando le discariche a ridos­so dei villaggi. Una scelta dettata anche dal­la necessità di evitare che si ripeta quanto ac­caduto nel 2005. Il disastroso tsunami che de­vastò le aree costiere dell’Oceano Indiano, spazzò via tonnellate di sabbia dalle coste so­male, scoperchiando decine di misteriosi container e silos piombati dei quali ad oggi nessuno conosce il contenuto. Alcune orga­nizzazioni non governative hanno solo po­tuto registrare altissimi livelli di radioattività, ma la situazione del Paese impedisce qual­siasi bonifica. Nel memorandum consegnato a Unione Eu­ropea, Nato, Stati Uniti, Russia e Giappone, il presidente somalo è stato categorico: «Voi a­vete una responsabilità morale e legale – si legge nel documento che Avvenire ha potu­to visionare –, dovete assicurarci che ferme­rete lo scarico dei rifiuti tossici nel nostro ter­ritorio e nel nostro mare».