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 2013  maggio 17 Venerdì calendario

LE SBANDATE DEL GIOVANE JFK AFFASCINATO DA HITLER E MUSSOLINI

È rinomata la passione di John Fitzgerald Kennedy per la Germania. Il defunto presidente americano disse anche nel 1963, in uno dei suoi discorsi più celebri, di «essere un berlinese». Del tutto nuova però è la sua passione per la figura più oscura della storia tedesca: Adolf Hitler. Ebbene sì, il faro dei democratici americani, l’uomo che in pochi anni ha lasciato un’impronta indelebile nella storia degli Usa, lottando per i diritti degli emarginati, aveva un debole per il dittatore nazista. Non finisce qui. Anche Benito Mussolini, a cui Hitler si ispirò, affascinava JFK. Tutto questo emerge in appunti e lettere scritte da un ancora giovanissimo Kennedy (classe 1917) che racconta il suo viaggio in Europa. Una testimonianza che risale a un periodo ampio, a cavallo della Seconda guerra mondiale, e che viene raccolta in un libro di Oliver Lubrich, di prossima uscita in Germania: «John Kennedy. Fra i tedeschi. Diari e lettere 1937- 45». Ampi stralci dell’entusiasmo giovanile di Kennedy per i tedeschi e la Germania di Hitler sono stati pubblicati ieri sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Particolarmente «suggestivo» un passaggio del 1937. «Abbiamo risalito il Reno. Bellissimo,anche per i molti castelli lungo il percorso. Le città sono tutte deliziose, ciò che mostra come le razze nordiche sembrano essere certamente superiori a quelle romaniche. I tedeschi sono davvero troppo in gamba, per questo ci si mette tutti insieme contro di loro, per proteggersi».
Parole oggi irripetibili, di stampo nazista, che però sono uscite dalla penna e dalla mente di uno dei miti della socialdemocrazia. C’è comunque da ricordare, non certo per giustificare i pensieri oscuri di JFK, che a quel tempo il giudizio sui dittatori europei era tutt’altro che unanime. Basta citare la grande considerazione, da vero e proprio statista di caratura internazionale, che aveva Mussolini. Per molti poi, a partire proprio dal padre di John, Joseph P. Kennedy, in quegli anni ambasciatore americano a Londra, il vero nemico era rappresentato dall’Unione sovietica e dalla possibilità di una espansione in Europa dei partiti comunisti. Il 3 agosto 1937, mentre il futuro presidente Usa girava l’Italia da turista, annotava nel suo diario a Milano di essere «giunto alla conclusione che il fascismo è la cosa giusta per la Germania e per l’Italia, il comunismo per la Russia e la democrazia per l’America e l’Inghilterra. Che sono i mali del fascismo al confronto del comunismo?». Questa visione era diffusa negli anni Trenta ma poi con la Seconda guerra mondiale e le atrocità commesse dal nazifascismo milioni di persone in tutta Europa cambiarono idea su Hitler e Mussolini. Non Kennedy. Il primo agosto 1945, meno di tre mesi dopo il crollo del Terzo Reich, Kennedy visitò «l’Adlerhorst», il nido dell’aquila, la residenza alpina del Führer sulle montagne di Berchtesgaden. Dopo aver fumato una sera dopo cena «i sigari ritrovati nell’auto blindata di Goering», l’ormai ventottenne Kennedy si lasciava andare a questa affermazione che lascia a dir poco perplessi su Hitler. «La sua ambizione sconfinata per il suo Paese ne ha fatto una minaccia per la pace nel mondo, ma lui aveva qualcosa di misterioso nel suo modo di vivere e nella sua maniera di morire, che gli sopravviverà e continuerà a crescere. Era fatto della stoffa con cui si fanno le leggende».
Se si guarda alle scelte fatte molto più avanti da Kennedy pare tornare tutto: si affidò all’ex nazista Wernher Von Braun per i progetti spaziali e il suo nemico dichiarato fu sempre il comunismo sovietico. Ma gli storici cosa pensano di queste affermazioni che gettano un’ombra su un personaggio tanto amato? L’autore del libro si dice convinto che l’uomo che sarebbe diventato uno dei popolari presidenti degli Stati Uniti prima di essere assassinato nel 1963 a Dallas non ammirasse né Hitler, né la sua politica, e cerca di spiegare le annotazioni contenute nei diari del futuro capo di Stato appoggiandosi sulla tesi di Susan Sontag riguardante «l’incredibile fascino esercitato dal fascismo». Mentre si dice «scettico» su un Kennedy con pulsioni fasciste, Massimo Teodori, professore di Storia americana. Comunque quelle parole faranno discutere a lungo.