Mario Ajello, Il Messaggero 19/5/2013, 19 maggio 2013
SQUINZI: IL MIO SASSUOLO MODELLO PER L’ITALIA
«Da dove mi chiama?». Da Roma. «Io sto sull’Olimpo». Eccolo Giorgio Squinzi, il re di questa piccola grande fiaba italiana, quella del cucciolo che diventa campione - il Sassuolo di cui è patron il numero uno di Confindustria - ed entra nell’Olimpo del calcio, la serie A. Proprio nel giorno del settantesimo compleanno di Squinzi: «È la mia doppia festa!». Un modello, quello del Sassuolo, che Squinzi consiglia anche al governo. Il presidente, intanto, come numero di capannoni industriali della sua Mapei è arrivato al 63 e anche in quel campo, insomma, il 70 non è lontano. Per chi nel pallone cerca le metafore della vita, e siamo in tanti, qui può trovare la metafora perfetta. Il sogno che si fa realtà. Davide che è pronto a sfidare Golia nel prossimo campionato delle stelle, dopo che il Sassuolo senza stadio (gioca a Modena), con pochi tifosi tesserati (1.500) e senza storia calcistica ha raggiunto il top con giocatori fatti in casa e senza top player, e il milanese e milanista Squinzi che l’Olimpo tentò di scalarlo con le bici della Mapei adesso si pregusta la scena tra un festeggiamento e l’altro: «Il Sassuolo che va a San Siro e batte l’Inter». E il Milan, no? «Mi piangerà il cuore, ma proveremo anche quella impresa», parola di patron. Aggiunge: «Spero di fare come Berlusconi. Che ha vinto nello sport ma anche in tutto il resto». Squinzi in politica. «Macchè. La mia ricetta, e la ricetta della squadra, è quella di credere in ciò che si fa. E noi lo abbiamo fatto bene. L’Italia deve fare esattamente come dovrà fare il Sassuolo: restare in serie A».
PIASTRELLE E PALLONE
Nell’economia che arranca, perfino nel distretto industriale di Sassuolo, quello delle mattonelle, nell’Emilia ancora produttivamente oltre che umanamente sotto choc da terremoto ma più vitale che mai, la favola della squadra allenata da Eusebio Di Francesco (chi non lo ricorda quando giocava in giallorosso?) è di quelle davvero anti-cicliche, contro-congiunturali, bellissime. «Il nostro ct - osserva Squinzi - va sempre all’attacco. E’ il coraggio, insieme alla sapienza sul campo e fuori, che ci ha premiato». Ma quanta paura. Le ultime tre partite in cui si poteva chiudere la parabola di questo campionato di B dominato dalla prima giornata non sono state le partite giuste. Quella di ieri s’è rivelata un assedio. Il Livorno in undici, il Sassuolo in nove. Capitola? Macchè, il Sassuolo si mette in trincea e poi colpisce al novantacinquesimo con il gol di Missiroli che chiude un torneo e apre una nuova pagina della storia del calcio italiano. «Non ho avuto mai nessun dubbio che potessimo non farcela», confida ora patron Squinzi. Questo, e non solo questo. Ma anni di lavoro, di abnegazione, di torti, di sofferenze, di qualche veleno perfino (da parte di chi ha tentato di dire che gli arbitri hanno un occhio di riguardo per la sua squadra perchè Squinzi è Confindustria), di assurdità micro-campanilistiche (giocheranno a Reggio Emilia e non più a Modena nel prossimo anno, accusa la Lega, perchè Prodi e il ministro Delrio sono di quella città e così vogliono) e comunque quel che conta è un cammino dalla C2 all’Olimpo senza inciampi e con slancio.
LA TENACIA
Squinzi ci ha creduto e ha tenuto, e ora il Sassuolo è considerato una variabile cruciale dell’economia modenese. Non come la Ferrari, ma quasi. Mentre svariate aziende di quella provincia sono andate all’estero e migliaia di lavoratori sono andati a casa, il Sassuolo è andato in serie A. Merito di patron, merito di tutti, merito di Di Francesco. «Resterà al 100 per cento», assicura il presidente di Confindustria. Nuovi acquisti? «Non è il momento di parlare di queste cose. Quel che è certo è che cercheremo giocatori adatti al 4-3-3 che piace a Di Francesco». Il quale in questa favola è stato eletto migliore allenatore della serie B. Per ora può stare contento di questo, ma si sa: le favole spesso non finiscono mai. E si aggiornano di volta in volta. Questa della più piccola città italiana entrata, dal dopoguerra a oggi, nella massima serie calcistica contiene qualcosa che va oltre il pallone. E’ la provincia che si fa grande. La geo-politica sportiva che si rivoluziona.
La cittadina di Caterina Caselli, di Nek e del compianto Pierangelo Bertoli che prova a rivaleggiare con le grandi capitali dello sport e della nazione. Squinzi guarda avanti: «La squadra ce l’abbiamo. La filosofia vincente l’hanno vista tutti. Mi viene in mente un pensiero un po’ così: il governo Letta, che è buono, magari può fare come noi».