Marco Sodano, La Stampa 20/5/2013, 20 maggio 2013
“L’ITALIA DEVE RESTARE IN SERIE A IL MIO SASSUOLO C’E’ ARRIVATO ORA"
Quell’altra Italia, quella da miracolo economico, quella degli anni Cinquanta che avresti detto morta perché nasceva sulle macerie lasciate dalla guerra, alla fine l’han fatta persone come Giorgio Squinzi e suo padre Rodolfo. Usando metallo, argilla, fuoco, motori, forni e soldi per fare colla e piastrelle. Scusate se è poco. Lavoro lavoro lavoro, balle per la testa zero, con quelle si va a sbattere. L’Emilia ruvida che ieri ha portato in serie A il Sassuolo di cui Giorgio Squinzi è presidente nello stesso modo, con il lavoro che nasce dal lavoro e nessuna spesa folle, ma diffidando anche dell’austerità cieca, sorda e fine a se stessa. Che di concreto ha poco.
E infatti: «Abbiamo sacrificato sul totem del risanamento del debito la ricerca e la crescita, ma adesso è tempo di recuperare lo spirito degli anni Cinquanta e Sessanta», ha detto ieri al Salone del Libro di Torino Squinzi, l’uomo che guida la Confindustria ma ti dà l’idea che alla fine lui si sente soprattutto mister Mapei, nel senso dell’azienda di famiglia: colla e piastrelle. Che ieri gioiva perché il suo Sassuolo, è venuta in serie A passin passetto, senza colpi di mercato e senza nomi di grido, perché il lavoro vero porta risultati veri.
Squinzi ricorda bene che in quegli anni là - i Cinquanta, i Sessanta - la colla e le piastrelle di Sassuolo e dintorni viaggiavano sullo stesso camion anche se le due aziende erano nemiche giurate, perché un conto è il cuore un altro il lavoro e mandare in giro il camion costa soldi veri. E anche crescere costa soldi veri, e quindi meglio dividere la fatica e le spese per crescere tutti insieme e fare, alla fine, un lavoro come va fatto. Infatti Squinzi pensa che «se rinunciamo a un po’ di sovranità nella prospettiva dell’euro», se si fa per crescere, è una cosa ben fatta per tutti. Squinzi è così, l’uomo che la domenica sale in bicicletta per andare a farsi una sgambata, perché anche il divertimento è fatto di denti stretti e sudore. E in mezzo alla calca del Salone del Libro, le ragazze i portavoce la scorta i lettori la gente che si chiede a vicenda chi sta passando che c’è tutta sta confusione, quelli come Squinzi - in quel caso sono loro che stanno passando - sembrano per un attimo piccoli uomini un po’ spaesati.
E invece la loro colla e le piastrelle si vendono ovunque nel mondo, ce ne sono anche nei palazzi di Dubai e sembra - a vedere Squinzi al Salone - che siano soltanto colla e piastrelle e invece sono il prodotto tecnologicamente più avanzato che ci sia nel mondo, il motivo per cui anche a Shanghai hanno sentito parlare di Sassuolo. Per quello gli emiri di Dubai comprano le sue piastrelle, anche se Squinzi non ha l’alterigia che ti aspetti dal presidente di Confindustria - non se la tira e ieri a Torino, a chi gli chiedeva se era contento che il suo Sassuolo è in serie A ha risposto dritto: «Sono felice, chiaro. Ma ora è importante che l’Italia resti in serie A, molto più importante» del suo Sassuolo, dove ha cominciato a metter soldi all’inizio degli anni Ottanta, e che è arrivato in A con la solita ricetta delle piastrelle e della colla sullo stesso camion anche se le aziende erano nemiche giurate (lui è uno dei pochi che fanno tutte e due le due cose) e in fondo per quello a nessuno sarebbe venuto in mente di bucare la ruota del camion.
L’uomo è concreto, ti dicono di lui, balle per la testa zero. Che non significa non saper guardare avanti: bisogna tirarsi su le maniche, ha anche detto a Torino «ma con una prospettiva nuova, quella degli Stati Uniti d’Europa», perché il camion è lo stesso per tutti, verrebbe da aggiungere. E «ci vorrà qualche decennio, non è una cosa che si può fare subito, ma va fatta a cominciare da una Banca centrale europea con veri poteri e dalle politiche coordinate in materia fiscale, di welfare, infrastrutture e energia». Come quei ragazzi del Sassuolo che sgambavano sul campetto con le maglie nero verdi quando la squadra era una roba di provincia e zitti zitti ieri sono venuti in serie A, naturalmente andando ad allenarsi tutti con lo stesso camion.
Insomma: «L’Italia è in serie A e ci resterà se prenderà la strada giusta». Come il suo Sassuolo che l’anno prossimo gli darà la soddisfazione, a lui milanista sfegatato, di andare a sfidare i rossoneri e sarà una bella festa di colori tra il nero e verde e il rosso e nero e lui faticherà a decidersi per chi tifare «perché nel cuore resto milanista», ha confessato con mezzo sorriso ma soltanto mezzo perché lui lì, al Salone del libro, era il presidente di Confindustria. E in serie A - in questo caso l’Italia - ci resterà solo, ti dava l’impressione di voler dire Squinzi - se saremo capaci di viaggiare tutti sullo stesso camion anche se siamo nemici giurati e che di gente che buca le ruote dei camion solo perché è nemica giurata, a conti fatti, l’Italia ne ha avuta abbastanza.