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 2013  maggio 20 Lunedì calendario

PAGARE LE IMPRESE SI PUO’ FARE SUBITO

Dopo 23 mesi consecutivi di decrescita, con un livello della produzione industriale inferiore del 10% al livello del 2008, e un tasso di disoccupazione che sfiora il 12%, il fatto che le pubbliche amministrazioni continuino a non pagare quanto devono alle imprese è francamente criminale. Le fatture non saldate sono stimate in circa 100 miliardi di euro, una cifra enorme, pari al 6% del Prodotto interno lordo. Se un’impresa fallisce perché lo Stato non paga ed essa a sua volta non riesce a pagare i suoi fornitori, quell’impresa non c’è più. Non è che quando arriva il pagamento l’imprenditore la riapre. Quell’impresa è scomparsa e basta.
Dopo aver rimandato il problema per sedici mesi, l’8 aprile il governo Monti ha adottato un decreto che prevede, per quest’anno, pagamenti per 20 miliardi: un quinto del totale. Perché non tutti? Il 18 marzo la Commissione europea aveva scritto (comunicato congiunto dei vicepresidenti Rehn e Tajani): «La liquidazione del debito commerciale pregresso si rifletterebbe in un corrispondente aumento nel debito pubblico. La parte di questo corrispondente a spesa per investimenti avrebbe anche un impatto sul deficit pubblico». Nonostante il tono severo, ciò significa che la maggior parte dei debiti commerciali (tranne quelli derivanti da spese per investimenti) sono già registrati nei conti pubblici per competenza, cioè nella misura del deficit pubblico rilevante per i vincoli europei. Nel momento in cui verranno saldati, il Tesoro, per pagare, emetterà titoli pubblici: non cambierà il deficit, ma si alzerà il livello del debito. Tuttavia solo un investitore sprovveduto già non conteggia quei titoli nel totale del debito pubblico.
Anche una quota delle fatture derivanti da spese per investimenti è già stata registrata: quella relativa alla parte dell’investimento effettuato. Restano fuori circa 20 miliardi, il che significa che la somma rimborsabile senza effetti sul deficit è circa 80 miliardi.
L’allungamento dei tempi di pagamento è un fenomeno che si è aggravato negli ultimi anni. Un po’ per lo stupido orgoglio di ministri che volevano far credere che il debito pubblico fosse più basso del suo valore reale. Un po’ per l’inefficienza delle amministrazioni, in particolare le aziende sanitarie, che non riescono a certificare le fatture che ricevono. Molte sono certamente «gonfiate», ma questo non giustifica che si impieghino mesi a certificarle.
La maggior parte delle imprese, per sopravvivere, ha venduto questi crediti alle banche. E ha dovuto accettare uno sconto perché le banche si assumessero il rischio dei ritardi: un’altra tassa occulta pagata dalle imprese. Se lo Stato pagasse, le banche vedrebbero rientrare una parte dei loro prestiti e potrebbero riaprire le linee di credito alle imprese.
Il ministro Saccomanni sta rompendosi il capo su cifre che in confronto sono spiccioli, mentre potrebbe immettere 80 miliardi nell’economia praticamente senza alcun effetto sui conti pubblici. Potrebbe pagarne una metà subito e dare alle amministrazioni tre mesi per certificare le fatture. Alla fine dei tre mesi pagherà il resto e se la Corte dei conti verificherà che sono state pagate fatture false la responsabilità ricadrà sui funzionari che non le hanno certificate. Le certificazioni spunteranno alla velocità del suono.
Emettere 40 miliardi di titoli per saldare i debiti è possibile e questo è un buon momento per farlo. La scorsa settimana il Tesoro ha emesso Btp trentennali con un rendimento lordo del 4,8%. Tassi così bassi non dureranno a lungo. È un’occasione unica per far ripartire la crescita.