VARIE 19/5/2013, 19 maggio 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - CHE COSA SIGNIFICA L’AUMENTO DELL’IVA
Il previsto aumento dell’Iva dal 21% al 22% dal prossimo 1 luglio comporterà, per una famiglia di 3 persone, una «stangata» di 135 euro in media l’anno. Lo calcola l’ufficio studi di Confcommercio. Insomma, gli aggravi di imposta sui portafogli saranno pesantissimi: 2,1 miliardi di euro nel 2013, ben 4,2 miliardi nel 2014. L’aliquota standard Iva riguarda circa il 70% dei consumi totali. E 26mila imprese del settore potrebbero scomparire entro fine anno.
I CONSUMI- Quali saranno i principali beni e servizi a rincarare? Vino e birra tra le bevande; carburanti, riparazioni auto, abbigliamento, calzature, mobili, elettrodomestici, giocattoli e computer tra i non alimentari. Insomma, dal prossimo 1 luglio le famiglie dovranno pagare questi prodotti di più a seguito dell’incremento dell’aliquota Iva ordinaria dal 21 al 22%, così come stabilito dal Governo Monti.
LA CGIA - Per Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre «bisogna assolutamente scongiurare questo aumento. Se il Governo Letta non lo farà, corriamo il serio pericolo di far crollare definitivamente i consumi che ormai sono ridotti al lumicino con gravi ripercussioni economiche non solo sulle famiglie, ma anche su artigiani e commercianti che vivono quasi esclusivamente della domanda interna».
I CONSUMATORI - D’accordo con le associazioni dei commercianti, quelle dei consumatori: «Continuare a insistere, come avviene in questi giorni, che ci sarà un nuovo aumento dell’Iva dal 21 al 22% è francamente da irresponsabili». Lo affermano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti rispettivamente di Federconsumatori e di Adusbef. «Non si è ancora capito che il potere di acquisto delle famiglie, ormai ridotto ai minimi storici, sta determinando un mercato in continua contrazione e recessione, con gravi ripercussioni sia sul benessere delle famiglie stesse che sulle imprese»
REPUBBLICA.IT
ROMA - Il previsto aumento dell’Iva dal 21% al 22% dal prossimo 1° luglio comporterà, per una famiglia di 3 persone, una ’stangata’ che potrebbe arrivare a una media di 135 euro l’anno. E ben 26mila negozi rischiano di sparire entro la fine del 2013.
A lanciare il doppio allarme sono la Cgia di Mestre e l’Ufficio studi di Confcommercio, che rivede la previsione del saldo natalità-mortalità delle imprese del commercio al dettaglio alla luce del possibile nuovo scatto dell’imposta sui consumi. Per capire la portata della misura, basta ricordare che l’aliquota standard Iva riguarda circa il 70% dei consumi totali: un suo aumento sarebbe un duro colpo per imprese e famiglie, a stretto giro dal rinvio dell’Imu sulla prima casa.
Secondo l’organizzazione di Mestre, se il Governo non riuscirà a scongiurare l’aumento dell’Iva gli aggravi di imposta sui portafogli delle famiglie italiane "saranno pesantissimi, pari 2,1 miliardi di euro nel 2013 e ben 4,2 miliardi nel 2014". Per una particolare coincidenza, i 2,1 miliardi del 2013 sono grossomodo la cifra che corrisponde all’acconto dell’Imu sull’abitazione principale, quello posticipato al 16 settembre dall’esecutivo di Enrico Letta in attesa di portare a termine una riforma complessiva della tassazione.
Lo Cgia - a consumi costanti - stima che per un nucleo costituito da tre persone l’aggravio medio annuo sarà di 88 euro. Nel caso di una famiglia di quattro componenti, l’incremento medio annuo sarà invece di 103 euro. Visto che per il 2013 l’aumento dell’Iva interesserà solo il secondo semestre, per l’anno in corso gli aumenti di spesa saranno la metà: 44 euro per la famiglia da tre persone; 51,5 euro per quella da quattro. Vino, birra, carburanti e meccanico (33 euro l’anno in più per un nucleo di tre persone), abbigliamento, calzature (+18 euro), mobili ed elettrodomestici le categorie che rincareranno per primi. Il passaggio dal 21% al 22% dell’aliquota Iva ordinaria non inciderà sulla spesa dei beni di prima necessità, come gli alimentari, la sanità, l’istruzione, l’abitazione, tutti beni ai quali si applica l’Iva al 10% o al 4%, o non si applica affatto. Ancora più amara la stima di Confcommercio, secondo la quale l’incremento medio per un nucleo familiare di tre persone potrebbe essere di 135 euro. A voler poi sommare il possibile aumento dell’Iva, la scadenza dell’Imu di giugno (al netto del rinvio per le prime case) e la Tares di dicembre - come ha fatto Federconsumatori - la batosta dell’intero 2013 potrebbe essere di 734 euro a famiglia.
Dall’associazione dei commercianti arriva un’altra rilevazione preoccupante: lo stesso aumento dell’Iva potrebbe portare 26mila imprese del settore ad abbassare definitivamente le saracinesche. Non a caso il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, in un’intervista a Repubblica in edicola chiede di "evitare un’altra calamità sui consumi". La domanda interna, spiega, "che fra investimenti e consumi, muove l’80 per cento del Pil, ora è ferma: alzare l’aliquota significa assestarle un ultimo, letale, colpo. Alle aziende in crisi serve un segnale forte è quel segnale non c’è", la preoccupata conclusione.
(19 maggio 2013)
PEZZO DI STAMATTINA SU REPUBBLICA
ROMA
— Il decreto Imu non è che il primo passo, perché la corsa contro il tempo per scongiurare l’ingorgo fiscale è ancora tutta da vincere. Dopo l’intervento sulla tassazione immobi-liare, ci sarebbe da neutralizzare l’aumento dell’Iva che scatterà il 1° luglio prossimo e che comporterà un aumento dell’aliquota dal 21 al 22 per cento che per ogni famiglia peserà circa 103 euro all’anno. Servono 1,9 miliardi e su questo intervento il governo è assai cauto, come sottolineano fonti dell’esecutivo: «Proveremo ma è difficilissimo », ovvero agiremo solo se troveremo le coperture adeguate. Il sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta, annuncia il calendario di azione: dopo l’Imu, la Cig e le misure per i precari, «da domani ci dobbiamo occupare dell’Iva e della proroga delle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione delle abitazioni. Subito dopo ci attendono il piano giovani e la riforma del patto di stabilità».
Anche la partita dell’Imu, con il rinvio a settembre, per tre mesi, del pagamento, in attesa della riforma entro agosto, è una partita piuttosto complessa e delicata. Il decreto dovrà essere convertito entro metà luglio: se
non sarà stravolto dal Parlamento, a quel punto ci sarà poco più di un mese per varare una riforma dell’imposizione immobiliare che dovrebbe accorpare l’Imu e la Tares-rifiuti e trovare una soluzione per i redditi più bassi ispirata alla progressività.
Tutto in gran fretta perché poi ci saranno solo due settimane per sapere quanto si paga di Imu quest’anno e quanto ammonterà la rata del 17 settembre, tutto a ridosso della pausa estiva, con rischio di ingolfamento e file ai Caf. Del resto le prime avvisaglie di un certo disagio arrivano proprio dai centri di assistenza fiscale, i «commercialisti popolari» che curano calcoli e versamenti e che già chiedono uno slittamento ad ottobre. Senza contare la partita del rilancio dell’economia: il ministro del Lavoro Giovannini incontrerà i sindacati e le imprese mercoledì. Conforta solo Moody’s che stavolta esprime un giudizio positivo sull’Italia che si troverebbe posizionata meglio della Spagna nella gara per la crescita.
Intanto è scattata la volata finale per il versamento dell’Imu sulla seconda casa che resta previsto tra un mese. Sono 6-7 milioni gli italiani che nelle prossime quattro settimane si dovranno rivolgere ai Caf per regolare i conti con lo Stato. I Centri di Assistenza Fiscale lanciano l’allarme: chiedono almeno una settimana in più rispetto alla scadenza di lunedì 17 giugno perché mancano i codici tributo necessari al versamento e non c’è chiarezza sulle aliquote da applicare. Inoltre ci sono circa 100 mila contribuenti che avevano già versato l’Imu sulla prima casa, facendo la compensazione nel 730. Ora se vorranno recuperare quel credito fiscale
dovranno rifare la dichiarazione dei redditi entro il 31 maggio.
Dunque un rischio caos e file. I Caf, in mancanza dei codici tributo e con l’avvicinarsi della scadenza, hanno consegnato ai contribuenti proprietari di immobili i modelli per il pagamento, i celebri «F24» senza codici e senza indicazioni sugli esatti importi. Ora in meno di un mese si dovranno mettere a punto
l’intera operazione. « I tempi sono molto stretti - spiega il coordinatore della Consulta dei Caf, Valeriano Canepari - abbiamo bisogno di organizzarci. Se non si può spostare la scadenza del 16 giugno chiediamo che per i 6-7 giorni successivi, per esempio fino al 25 giugno, la gente possa pagare l’Imu senza sanzioni». Inoltre - aggiunge Canepari confidiamo che l’Imu sulle seconde case possa essere pagata con le delibere dei Comuni già disponibili ovvero quelle dello scorso anno perché è troppo tardi per aspettare le delibere di quest’anno. Ci sono solo quattro settimane di tempo e il rischio
è il caos».
INTERVISTA DI REP STAMATTINA A SANGALLI
LUISA GRION
ROMA
— Troppo lieve la spinta data ai consumi, troppo alta la tensione attorno al possibile aumento dell’Iva. Per Confcommercio, già la partita sull’Imu è stata una delusione: ristoranti, bar e negozi continueranno a versare l’imposta e la promessa — fatta dal governo — di renderla deducibile nella riforma che verrà, ai commerciati non basta. Ma ora il fronte delle polemiche si allarga all’imposta sul valore aggiunto, e l’impegno preso dal premier di fare il possibile per evitarne il rialzo — non dà sufficienti garanzie. «Alle aziende in crisi serve un segnale forte — dice Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio — è quel segnale non c’è».
Chiedevate di dar fiato alle facosa
miglie, e le famiglie non pagheranno la prima rata dell’Imu. Non è un buon segnale?
«Lo è certo, come lo è il finanziamento della cassa integrazione in deroga. Priorità importanti, ma per quanto ci riguarda serve più coraggio: molte imprese sono già al collasso e invece di sentirsi sollevate nel carico fiscale, vedono avvicinarsi un’estate rovente».
La deduzione promessa sull’Imu non basta?
«Qui si tende a rimandare la soluzione del problema: noi chiediamo a Letta di fare di più. Quando ha presentato il suo governo alle Camere, il premier ha detto che le piccole imprese sono al centro della partita dello sviluppo e dell’occupazione. Se così è, faccia qualcosa farle segnare questo goal».
Metafore calcistiche a parte,
vorreste?
«Non pagare l’Imu e scongiurare quella calamità naturale che rappresenterebbe l’aumento dell’Iva. La domanda interna, fra investimenti e consumi, muove l’80 per cento del Pil, ora è ferma: alzare l’aliquota significa assestarle un ultimo, letale, colpo».
Secondo lei dove si possono trovare le risorse per evitare quel provvedimento?
«Mi rendo conto delle difficoltà, ma bisogna insistere sul controllo qualificativo e sulla riduzione della spesa pubblica, sulla lotta all’evasione e all’elusione ».
Ma l’intenzione di evitare l’inasprimento dell’Iva c’è, almeno così ha annunciato il governo nel suo discorso programmatico.
«Ecco, ci auguriamo che le cose
dette vengano fatte. Anche perché le imprese hanno dato quello che potevano e quello che dovevano. Ora tocca alla politica, a partire proprio dallo scongiurare quell’aumento dell’aliquota dal 20 al 21 per cento. L’ipotesi va cancellata, ma mi risulta che al Consiglio dei ministri di venerdì il tema non sia stato nemmeno affrontato
».
La fretta che manifestate, è legata al fatto che temete che il governo non possa durare così a lungo da realizzare le sue promesse? Grillo assicura che si voterà ad ottobre, lei cosa ne pensa?
«Che andando a votare ora a perderci sarebbe il Paese. Io mi auguro che il governo vada avanti e che affronti con estrema urgenza problemi irrisolti da troppo tempo».
RAGIONAMENTI DA FARE PER FERMARE IL DECLINO
Dubito che sia per colpa dell’IMU. Forse l’enorme pressione fiscale in termini di IVA (che disincentiva i consumi), e dell’IRPEF (che aumenta il costo del lavoro) c’entra qualcosa?
> L’IVA è già in parte una patrimoniale grazie ai limiti di deducibilità, ed al fatto che lo stato non onora i rimborsi IVA.
L’IVA la paghi una quando compri un bene, non la paghi ogni anno in cui sei proprietario di quel bene. Non c’entra nulla con una patrimoniale. Se vogliamo fare un discorso serio cerchiamo di non fare confusione.
Le imposte sui consumi (IVA, accise) e sui redditi (IRPEF) disincentivano l’attività economica: a parità di lavoro, maggiori sono queste imposte, minore è il tuo potere di acquisto reale. Le imposte patrimoniali (IMU, TARSU, ecc.) incentivano l’attività economica: per poterle pagare devi utilizzare il tuo patrimonio in modo redditizio, altrimenti vendi. Inoltre, le imposte patrimoniali sono più difficili da evadere o eludere
Inoltre il mercato degli immobili è strettamente legato al settore dell’edilizia; dopo l’imu quante compravendite si sono perse? Ho letto recentemente che nonostante l’ottimo risultato di gettito dell’IMU, al MEF hanno anche dovuto prendere atto di una rilevante e non preventivata diminuzione di gettito dall’imposta di registro sulle compravendite immobiliari: c’è da chiedersi quanto pil (e quindi IVA e irpef) è stato anche perso per lavoro edili non fatti sulle case che non sono passate di mano…
Ansa
Tra il possibile aumento Iva del 1 luglio, la scadenza Imu di giugno al netto dell’esclusione della prima casa e quella Tares a dicembre, potrebbe arrivare una batosta 2013 da 734 euro a famiglia.Lo calcola Federconsumatori, sommando i rincari per ogni singola imposta: 45-45 euro per la Tares, 207 euro per l’Iva, 480 euro medi per l’Imu.
L’ipotesi di aumento dell’Iva dal 1 luglio acuisce la situazione di crisi per il commercio al dettaglio e 26mila imprese del settore potrebbero scomparire entro fine anno. Lo afferma l’Ufficio studi Confcommercio rivedendo la previsione del saldo natalità-mortalità alla luce del possibile nuovo scatto dell’imposta sui consumi.
“Continuare a insistere, come avviene in questi giorni, che ci sarà un nuovo aumento dell’Iva dal 21 al 22% è francamente da irresponsabili”. Lo affermano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti rispettivamente di Federconsumatori e di Adusbef. “Non si è ancora capito che il potere di acquisto delle famiglie, ormai ridotto ai minimi storici, sta determinando un mercato in continua contrazione e recessione, con gravi ripercussioni sia sul benessere delle famiglie stesse che sulle imprese. Anche alla luce di altri aumenti quali prezzi e tariffe, vi sarà un’ulteriore riduzione del potere di acquisto, soprattutto a danno dei redditi fissi (lavoratori e pensionati). In uno scenario simile, aumentare l’Iva avrebbe una ricaduta impressionante e deleteria su un mercato già asfittico, facendo impennare ulteriormente prezzi e tariffe”. “Quel che è peggio – proseguono – è che ad aumentare non saranno solo i prodotti soggetti all’Iva al 22% peraltro il 70% del totale, ma, attraverso costi aggiuntivi a partire da quello fondamentale dei carburanti, incidendo sui costi di trasporto verranno ritoccati i prezzi di tutti i beni trasportati su gomma, in particolar modo i beni di largo consumo, nonché le tariffe praticate da artigiani e professionisti,oltre agli arrotondamenti che si verificheranno come sempre a sfavore delle famiglie Si può calcolare che l’aumento dell’Iva determinerà, con le motivazioni indicate, un’implementazione del tasso di inflazione di 0,6 – 0,7 punti percentuali, con una ricaduta negativa complessiva di 207 euro annui in più a famiglia con un nucleo di tre persone.
UE SPINGE PER PIANO COMUNE, MARTEDI’ CONSIGLIO EUROPA – Settimana decisiva, la prossima, per l’annunciato piano europeo anti-evasione fiscale. Martedì si riunità infatti in Consiglio europeo dedicato proprio a questo tema. Secondo quanto riporta Bloomberg, che anticipa una bozza delle conclusioni del prossimo vertice, “sarà data priorità agli sforzi per estendere lo scambio automatico di informazioni a livello Ue e globale”.
AUSTRIA E LUSSEMBURGO VERSO OK SCAMBI DATI EVASIONE – Si andrebbe verso un ok, da parte di Austria e Lussemburgo, allo scambio automatico di dati fiscali fra i Paese Ue, come vorrebbe l’annunciato piano anti-evasione europeo. Lo riporta Bloomberg citando una bozza delle conclusioni del prossimo vertice europeo del 22 maggio che verterà proprio su questo argomento. La bozza prevede, per questo scambio di informazioni, un periodo di transizione per tutti i Paesi membri. L’accordo del 2005 esentava Austria e Lussemburgo.
IL FATTO
L’evasione fiscale costa all’Italia oltre 180 miliardi di euro all’anno. Una cifra che pone il nostro paese al primo posto in assoluto nella Ue. A livello europeo, trattandosi di attività illecite, non esistono studi statistici ufficiali. Ma nelle istituzioni Ue si fa riferimento allo studio firmato dal britannico Richard Murphy, direttore di ‘Tax Research’, e commissionato dal gruppo socialista-democratico del Parlamento europeo S&D.
Lo studio stima che nella Ue, sulla base dei dati Pil del 2009, l’evasione fiscale è di 860 miliardi di euro l’anno, ai quali vanno aggiunti 150 miliardi di elusione per un totale di oltre 1.000 miliardi l’anno. I dati sulla sola evasione fiscale vedono l’Italia maglia nera con più di 180 miliardi di euro, seguita dalla Germani a 159 miliardi e dalla Francia (121). Ci sono poi la Gran Bretagna (74) e la Spagna (73).
Per il nostro Paese non è una novità. Nell’ottobre scorso il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, citando dati Ocse nel corso di un’audizione alla commissione Finanze del Senato, parlò di un’Italia che “si colloca ai primissimi posti della graduatoria internazionale”, alle spalle solo di Turchia e Messico.