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 2013  maggio 18 Sabato calendario

TENTAZIONI AUSTRIACHE DI BOLZANO DAL BRENNERO NIENTE DI NUOVO - A

quasi un secolo dalla fine della prima guerra mondiale è evidente che l’Alto Adige non si è integrato né «spiritualmente», né culturalmente neppure linguisticamente nello Stato italiano. La grande maggioranza degli abitanti credo sia favorevole a separarsi dall’Italia. Tanto da far temere che, complici la crisi e la rinascita di tanti particolarismi nazionali in Europa, una minoranza potrebbe pensare di usare le maniere forti per ottenerla. Perché non fare felici tutti concordando una separazione consensuale, magari con l’Austria, dietro pagamento di un congruo compenso da devolvere all’abbattimento del debito e ad avviare la ripresa economica? Ovviamente per chi non volesse aderire dovrebbe essere studiata una forma di risarcimento e di esodo.
Gloriano Oleari
gloriano.oleari@fastwebnet.it
Caro Oleari, non credo che l’Austria voglia davvero la restituzione del Tirolo meridionale e, tanto meno, che sia disposta a «indennizzare» l’Italia per la perdita della provincia di Bolzano. Se divenissero austriaci, i tirolesi chiederebbero a Vienna di conservare lo stesso trattamento privilegiato di cui godono oggi e il governo austriaco correrebbe il rischio di fare fronte ad analoghe richieste degli altri länder. Non credo neppure che «la grande maggioranza degli abitanti» della provincia, come lei scrive, voglia separarsi dall’Italia. Le occasionali fiammate di patriottismo tirolese (la parata degli schütze per celebrare la mobilitazione del corpo all’inizio della Grande guerra, i duelli linguistici sulla toponomastica) sono i mezzi di cui un partito-pastore, la Südtiroler Volkspartei, si serve per tenere unito il gregge dei suoi elettori e assicurare a se stesso il diritto di governarli e rappresentarli di fronte allo Stato italiano.
Quando vanno a Montecitorio e a Palazzo Madama, i parlamentari della Svp fanno una politica accorta e fiancheggiano generalmente i partiti da cui attendono un atteggiamento più conciliante. È questa la ragione per cui la Svp, pur essendo un partito conservatore, preferisce il centrosinistra al centrodestra. I criteri della sua politica, su scala nazionale, non sono poi molto diversi da quelli di Alcide De Gasperi quando rappresentava il Tirolo italiano (come era chiamato allora) nel Parlamento di Vienna. L’uomo politico trentino non era irredentista e preferiva l’Austria cattolica alla monarchia dei Savoia, scomunicata da Pio IX e sospetta di simpatie massoniche. Ma si batteva per l’autonomia del Trentino in un mondo prevalentemente germanico e giocava la sua partita con le regole dello Stato austro-ungarico.
Quanto all’integrazione di cui lei lamenta la mancanza, caro Oleari, credo che sia difficile per almeno due ragioni. In primo luogo l’Italia non ha dato a questi neo-italiani molti motivi per essere orgogliosi della loro nuova patria. In secondo luogo, l’integrazione a cui lei pensa non va più di moda. Lo Stato nazionale ha perduto i poteri accentratori di cui ha goduto in passato. Le piccole patrie si sono risvegliate e aspirano anzitutto alla loro autonomia linguistica e culturale. In Belgio i fiamminghi e i valloni vivono separati in casa. La Catalogna cammina acrobaticamente sul filo che la separa dalla secessione. La Scozia attende il referendum con cui chiederà ai suoi cittadini se vogliano ancora fare parte del Regno Unito. La Corsica ha già ottenuto qualche concessione dal più accentratore degli Stati europei. Rispetto a ciò che accade in altri Paesi, il bollettino proveniente dall’Alto Adige segnala che al Brennero non accade niente di nuovo.
Sergio Romano